Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1194 del 21/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1194 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza
in forma semplificata

sul ricorso proposto da:
MANDALA’ Francesco, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Isabella Casales
Mangano, con domicilio per legge presso la cancelleria civile
della Corte di cassazione, piazza Cavour;
– ricorrente contro
..

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –

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Data pubblicazione: 21/01/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n.
681/12 depositato il 12 settembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Ritenuto

che la Corte d’appello di Caltanissetta, con de-

creto in data 12 settembre 2012, ha condannato il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di Francesco Mandalà, della somma di euro 4.750, oltre accessori, a
titolo di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo
2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo svoltosi dinanzi al TAR Palermo e al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana;
che la Corte territoriale ha posto a carico del soccombente
Ministero 1/3 delle spese processuali (liquidate, per
l’intero, in euro 1.086,63, di cui euro 100 per esborsi, euro
577 per diritti ed euro 300 per onorari, oltre a euro 109,63
per spese generali e ad accessori di legge), con distrazione
in favore del difensore antistatario;
che la compensazione dei restanti 2/3 delle spese è motivata dalla Corte d’appello in considerazione dell’accoglimento
solo parziale della domanda, giacché la richiesta di parte ri-

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Giusti;

corrente era di un importo superiore a titolo di equa riparazione;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello
Francesco Mandalà ha proposto ricorso, con atto notificato il

ria;
che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato una memoria ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo (violazione dell’art. 6, par. l
della CEDU, dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e omesso
esame di un fatto decisivo) ci si duole dell’insufficienza del
quantum liquidato a titolo di equa riparazione del danno non
patrimoniale, avendo la Corte territoriale quantificato
l’indennizzo in euro 4.750 per 9 anni e sei mesi di ritardo
(euro 500 per anno di ritardo) in relazione ad un processo in
cui si discuteva di aumenti stipendiali;
che il motivo è infondato;
che questa Corte ha già statuito che, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del
processo, il giudice, nel determinare la quantificazione del
danno non patrimoniale subito per ogni anno di ritardo, può
scendere al di sotto del livello di soglia minima di euro 750

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2 marzo 2013, sulla base di due motivi, illustrati con memo-

per ciascuno dei primi tre anni di ritardo e di euro 1.000 per
ciascuno anno successivo, là dove l’accoglimento della pretesa
azionata renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale
del tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del pre-

che nella specie la Corte d’appello ha adeguatamente motivato la ragione del criterio indennitario di euro 500 per anno
di ritardo, avendo considerato “il lungo periodo in cui non vi
è stato impulso sollecitatorio di parte”, che denota scarso
interesse alla celere definizione del giudizio;
che con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché insufficiente e
contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo
comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) ci si duole che la Corte
d’appello abbia compensato per i 2/3 le spese processuali, e
ciò nonostante la modestia dello scarto tra l’importo liquidato dal giudice e quello richiesto (avendo il ricorrente chiesto alla Corte d’appello un indennizzo pari ad euro 8.500,
calcolato in ragione di euro 1.000 per ciascun anno di ritardo, ed avendo la Corte territoriale liquidato l’importo di euro 4.750 per essersi limitata ad adottare un parametro indennitario più basso);
che la censura è fondata, nei termini di seguito precisati;
che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza reciproca,
che consente la compensazione parziale o totale tra le parti

giudizio sofferto (Cass., Sez. Il, 24 luglio 2012, n. 12937);

delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.
civ.), comprende anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un

che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta compensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa priva di
logica ragionevolezza, posto che nella specie vi è stato sì
uno scarto tra l’importo richiesto dalla parte istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale (Cass., Sez. V1-1, 17
giugno 2012, n. 617), ma l’ampiezza della dichiarata compensazione eccede di gran lunga il divario percentuale sussistente
tra l’indennizzo domandato (euro 8.500) e quello liquidato
(euro 4.750);
che il decreto impugnato è quindi cassato limitatamente al
capo delle spese;
che la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la condanna del
Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, per la
metà, delle spese processuali sostenute dalla parte ricorrente
nel giudizio di merito, nell’importo già liquidato dalla Corte
territoriale, con compensazione della restante parte;
che le spese del giudizio di cassazione vanno compensate
per i 2/3, stante l’accoglimento solo parziale del ricorso, e,

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unico capo (Cass., Sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381);

per il resto, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che anche le spese del giudizio di cassazione devono essere
distratte in favore del difensore della parte ricorrente, di-

PER QUESTI
La Corte accoglie,
rigettato il primo;

moTrvI

in parte, il secondo motivo di ricorso,

cassa il decreto impugnato limitatamente

al capo delle spese e,

decidendo nel merito,

condanna il Mini-

stero dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore
del ricorrente, della metà delle spese processuali (con compensazione della restante parte), nell’importo già liquidato
dalla Corte d’appello e con distrazione in favore dell’Avv.
Isabella Casales Mangano, dichiaratasi antistataria;

condanna

il Ministero alla rifusione di 1/3 delle spese, altresì, del
giudizio di cessazione, con la compensazione della restante
parte, spese

liquidate,

nell’intero, in euro 556,25, di cui

euro 50 per esborsi ed euro 506,25 per compensi, oltre agli
accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del
difensore antistatario, Avv. Isabella Casales Mangano.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2013.

chiaratosi antistatario.

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