Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11939 del 17/05/2010

Cassazione civile sez. III, 17/05/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 17/05/2010), n.11939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.C.P.O. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato

BOLOGNESI RICCARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato D’ALESSIO

ANTONIO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE E.N.P.A.F.- ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA

FARMACISTI – FONDAZIONE DI DIRITTO PRIVATO (OMISSIS) in persona

del Presidente Dr. C.E., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato DEL BUFALO MARIA

LUISA, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4804/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 16/11/2007, depositata il 11/12/2007,

R.G.N. 8599/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2010 dal Consigliere Dott. petti GIOVANNI BATTISTA PETTI;

udito l’Avvocato ANTONIO D’ALESSIO;

udito l’Avvocato MARIA LUISA DEL BUFALO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. D.C.P.O., nella veste di conduttore di un appartamento ad uso abitativo, sito in (OMISSIS), conveniva dinanzi al Tribunale di Roma la Fondazione Enpaf proprietaria e locatrice, sostenendo di avere esercitato in data 25 ottobre 2001 il diritto di prelazione e chiedeva la condanna dell’ente a trasferirgli l’immobile al prezzo determinato con riferimento alla rendita catastale, diminuito del 30%. Si costituiva la Fondazione e contestava il fondamento delle pretese, anche in relazione allo ius superveniens costituito dalla L. n. 2043 del 2004, art. 1, comma 38.

2. Il Tribunale di Roma con sentenza del 16 marzo 2005 rigettava le domande e compensava le spese di lite.

3. La decisione era appellata dal conduttore che ne chiedeva la riforma; resisteva la controparte chiedendo il rigetto del gravame.

4. La Corte di appello di Roma con sentenza n. 4804 del 2007, depositata il giorno 11 dicembre 2007, cosi’ decideva: rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.

5. Contro la decisione ricorre D.C.P.O. deducendo quattro motivi di censura; resiste l’ente con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso non merita accoglimento, in ordine ai motivi dedotti, che per chiarezza espositiva vengono in sintetica descrizione. Ne seguira’ la confutazione critica.

NEL PRIMO MOTIVO si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 38 sul rilievo che erroneamente la Corte di appello la applica come norma interpretativa e retroattiva, mentre essa non e’ applicabile al caso di specie, essendo invece innovativa e non retroattiva (v. quesito a ff 8 seguito da una questione di costituzionalita’ (ff 8 a 18).

NEL SECONDO MOTIVO si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 27 del D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 2 e art. 6, commi 5 e 6 della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 109 e dell’art. 11 disp. gen. (ff 18 a 29 del ricorso).

La tesi e’ la normativa sopracitata crea per effetto di legge un rapporto giuridico non qualificabile in termini di prelazione o di opzione, ponendo in essere in favore del conduttore una posizione di diritto soggettivo all’acquisto dello immobile ed una posizione di obbligo alla alienazione in capo all’ente proprietario.

Nel TERZO MOTIVO si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs 30 giugno 1994, n. 509, art. 1 e della L. 23 settembre 2001, n. 410, art. 3, comma 20 ritenute inapplicabili ratione temporis dalla Corte di appello.

La tesi e’ formulata nel quesito (ff. 37) dove su evidenzia come la trasformazione dell’ente previdenziale in fondazione non ha inciso sul rapporto di protezione del conduttore e sul suo diritto alla alienazione.

Nel QUARTO MOTIVO si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 23 settembre 2001, n. 410, art. 3, comma 20 e dell’art. 2932 c.c..

La tesi (v. quesito ff 39) e’ che avendo esercitato il conduttore un diritto di opzione, la domanda doveva essere accolta sotto il profilo dell’art. 2932 c.c..

Non risultano prodotte memorie.

7. In senso contrario si osserva:

7.a. Con riferimento al primo motivo, che questa Corte condivide il c.d. obiter espresso dalle SSUU civili nella sentenza n. 20322, che ne offre una lettura costituzionalmente orientata, precisando: (nel punto 9 seconda parte) che la L. 23 agosto 2004, art. 1, comma 38 che reinterpreta il D.Lgs. 16 febbraio 1006, n. 104, art. 1, comma 1 seppur formulato come norma di interpretazione autentica, e che in relazione a tale puntualizzazione, opera il consueto LIMITE delle situazioni esaurite.

Il motivo appare in tesi fondato, ma occorre verificare se la situazione descritta e considerata dalla Corte di appello (ff 6 della motivazione) sia una situazione afferente ad un rapporto giuridico esistente tra ente e conduttore, da cui desumere l’esercizio di una prelazione (per la fase in cui l’ente era pubblico) o di una opzione legale (per la fase in cui l’ente era stato privatizzato) . Tale verifica viene attuata nei punti decisivi.

Resta comunque superata dalla interpretazione data ogni questione di incostituzionalita’ per effetto del limite razionalizzante la certezza dei rapporti giuridici definiti.

7.b. Con il secondo motivo si sostiene una tesi, in ordine alla quale esiste un contrasto giurisprudenziale di merito, secondo cui gia’ nella fase della vigenza della disciplina antecedente e prima della trasformazione dell’ente, si sarebbe concretizzato quel vincolo giuridico, se non di carattere meramente traslativo, nel quale sarebbe poi subentrato l’ente privatizzato.

Il motivo, dopo un pregevole excursus giuridico sulla successione delle leggi, si chiude (ff 28) con il seguente QUESITO:

“Alla luce della suesposta interpretazione delle norme di diritto violate e segnatamente, del combinato disposto di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 27, del D.Lgs. 104 del 1996, art. 2, comma 3 lett. b e art. 6, alla L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 109 e dell’art. 11 disp. gen.:

– voglia la Corte di Cassazione, nel recepire la interpretazione data dal ricorrente, verificare che il giudice di appello ha erroneamente interpretato e violato le suddette disposizioni normative qualificando la posizione soggettiva del conduttore D.C.P. O., non gia’ come diritto soggettivo allo acquisto dello immobile, bensi’ come diritto di prelazione e/o opzione ed escludendo che, nel caso di specie, esse siano venute in essere a causa del mancato inserimento dell’immobile sito in (OMISSIS) in un apposito piano di vendita e conseguente formulazione di una relativa proposta a vendere, e per l’effetto :

– voglia la Corte di Cassazione stabilire che la normativa precitata crea ex lege un vero e proprio rapporto giuridico tra il conduttore e il locatore che non e’ qualificabile in termini ne’ di prelazione ne’ di opzione, di guisa che il signor D.C. vanta una posizione di diritto soggettivo all’acquisto dello immobile condotto in locazione e il locatore Enpaf ha un obbligo giuridico di alienarglielo”.

In senso contrario si osserva come il motivo, per supportato da pregevole excursus delle leggi in materia vigenti, risulta incompleto rispetto alla fattispecie ed alle tesi riassunte in premessa del ricorso (ff 2), la’ dove e’ detto che con la lettera del 25 ottobre 2001, nel rispetto dei termini di legge, egli ha esercitato il DIRITTO DI PRELAZIONE sull’appartamento de quo, invitando l’ente a concludere la procedura di cessione secondo le modalita’ stabilite nel D.Lgs. n. 104 del 1996 e ribadite dalla L. n. 410 del 2001.

Da tale passo del ricorso, che riproduce la iniziale linea difensiva, appare dunque una diversa scelta del regime giuridico della manifestazione della volonta’ di acquisto, qualificata come prelazione, mentre ora tale tesi risulta abbandonata quale causa petendi, per una nuova prospettazione in ordine alla quale non risulta verificato il contraddittorio tra le parti.

Il secondo motivo risulta pertanto inammissibile.

7.c. Appare allora centrale, in relazione alla puntualizzazione data sub. 7.a (primo motivo) la questione riassunta nel terzo motivo e relativo quesito, che per comodita’ si produce in esteso: “alla luce della suesposta interpretazione delle norme di diritto violate, ossia del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1 e della L. n. 410 del 2001, art. 3, comma 20;

– voglia la Corte di Cassazione, nel recepire la interpretazione prospettata dal ricorrente, verificare che il giudice di appello ha erroneamente interpretato e violato ne norme precitate ritenendole, nel caso di specie non applicabili alla privatizzata fondazione Enpaf e per l’effetto:

– voglia la Corte di Cassazione ritenere che ai sensi del D.Lgs n. 509 del 1994, art. 1 a seguito della privatizzazione della fondazione Enpaf il nuovo soggetto giuridico e’ subentrato in tutti i rapporti facenti capo all’ente trasformato e che il diritto allo acquisto con prelazione in capo all’inquilino sig. D.C. non sono stati minimamente intaccati per effetto del disposto della L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 20, convertito con modificazioni in L. n. 410 del 2001, avendo tale norma inciso unicamente sulle modalita’ di acquisto, ossia sul modo di perfezionamento di un negozio per la conclusione del quale il signor D.C. aveva gia’ maturato il diritto di acquisto.” Il motivo deve essere esaminato, per connessione logica, unitamente al quarto, dove si chiede (quesito a ff 39) che:

“Alla luce della suesposta interpretazione delle norme di diritto violate, ossia della L. n. 410 del 2001, art. 3, comma 20 e dell’art. 2932 c.c..

– voglia la Corte di Cassazione, nel recepire l’interpretazione prospettata dalla ricorrente, verificare che il giudice di appello ha erroneamente interpretato e violato le norme precitate ritenendo nel caso di specie non verificato l’effetto traslativo del diritto di proprieta’ in favore del sig. D.C. dell’immobile sito in (OMISSIS), da sancirsi con sentenza costitutiva e per l’effetto:

– voglia la Corte di cassazione ritenere che, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto del D.L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 20 convertito con modificazioni dalla L. n. 410 del 2001, con l’esercizio del diritto di OPZIONE si e’ gia’ realizzato l’effetto traslativo del diritto di proprieta’ in favore del signor D.C. dello immobile (ne segue la descrizione ff 40), ordinando la trascrizione della sentenza al conservatore dei registri immobiliari, previo il pagamento da parte del ricorrente del prezzo dell’immobile pari ad Euro 159.068,70 o di altro prezzo che dovesse essere determinato secondo la vigente normativa da parte della Cassazione adita, anche a mezzo di CTU contabile, conteggiando e detraendo in compensazione tutti i canoni di locazione illegittimamente percepiti dall’Enpaf a far tempo dalla data del 24 ottobre 2001” (data della spedizione della lettera diretta a far valere la PRELAZIONE N.D.RELATORE).

Rileva inoltre la puntualizzazione gia’ data con riguardo alla lettura costituzionalmente orientate della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1.

La Corte di appello da respinto la domanda ritenendo l’estraneita’ dell’ente al processo di dismissione immobiliare una volta assunta la natura di fondazione di diritto privato e sulla base di una legge sopravvenuta a rapporto giuridico ormai definito dalla lettera del 25 ottobre 2001 il cui contenuto e’ descritto a ff 2 del ricorso ed in parte e’ riproposto nel quesito quarto (ff 39 /40).

Prima di esaminare il ragionamento della Corte di appello, in relazione alle esposte censure, occorre nuovamente soffermarsi alla asserzione enunciata nel terzo e nel quarto motivo rispetto alle fattispecie in ordine alle quali il ricorrente desume di avere una posizione soggettiva protetta verso l’ente, prima e dopo la privatizzazione. Nel terzo motivo e relativo quesito in vero si assume che il diritto all’acquisto con prelazione non risulta abrogato od estinto dalla intervenuta privatizzazione; nel quarto motivo e relativo quesito si sostiene invece che con la lettera del 25 ottobre 2001 e’ stato esercitato il diritto di opzione, cosi’ modificando e correggendo la iniziale causa petendi che si riferiva appunto alla prelazione (vedi atto introduttivo). In sede di appello non risulta evidente a quale delle due ragioni della domanda il conduttore abbia inteso riferirsi e tale alternativita’ viene conservata anche in sede di ricorso per Cassazione. Poiche’ si tratta di deduzione di errores in iudicando e’ invece necessario che il quesito indichi chiaramente quale sia la fattispecie posta a fondamento della pretesa, la quale e’ soltanto quella costituita dalla lettera del 25 ottobre 2001 il cui contenuto e’ descritto a pag. 2 del ricorso, fatta salva la verifica della sua completezza, o verificata l’assenza di contestazione da parte dello Enpaf. Pertanto, se il terzo motivo ha una sua valenza autonoma, esso presenta un problema di inammissibilita’ perche’ si riferisce ad una fattispecie diversa a quella oggetto di manifestazione della volonta’ di acquisto sotto le leggi vigenti per l’Enpaf ente pubblico. La Corte di appello accerta (ff 6 della motivazione) che “in assenza di qualsiasi proposta od offerta di vendita e di ogni atto prodromico di un procedimento di alienazione del bene di cui si discute, la manifestazione della volonta’ di acquistare non corrispondendo alla volonta’ della altra parte, non produce alcun effetto neppure di natura obbligatoria”.

Il terzo motivo e’ dunque inammissibile per difetto di autosufficienza e per la mancata indicazione del punto decisivo della motivazione (ff 6) che esclude un esercizio della prelazione prima del 25 ottobre 2001. Resta allora ininfluente al fine del decidere il tema della successione dell’ente privatizzato nell’obbligo di alienare al solo conduttore e non ad altri, se la prelazione era stata esercitata con atto formale e scritto.

Ammissibile e’ invece il quarto motivo, che e’ in connessione logica, per la ragione che il rapporto di locazione e’ unitario e prosegue anche dopo la privatizzazione, e che si invoca l’applicazione del della L. n. 410 del 2001, ar. 3, comma 20, descrivendosi correttamente la fattispecie posta a sostegno della pretesa, e cioe’ la citata lettera spedita all’ente in data 25 ottobre 2001, il cui contenuto e’ trascritto alla pagina 2 del ricorso ma senza un riscontro documentale.

La Corte di appello (ff 2 e ss della motivazione) rigetta la domanda (non le domande alternative) dell’appellante sulla base di tre argomenti: a) un argomento pregiudiziale che esclude la rilevanza di censure di incostituzionalita’ della norma, la cui portata interpretativa e retroattiva risponde ad una esigenza di razionalita’ e di eliminazione di incertezze interpretative (ff 2 a 5 del ricorso);

b) un secondo argomento sistematico (ff. 3 a 6 della motivazione) secondo il quale la successione delle leggi e la sopravvenuta natura privatistica dell’ente, trasformato in fondazione privata, lo ha sottratto alla normativa generale della dismissione degli immobili e quindi anche alla applicazione del piu’ volte cit. art. 3, comma 20, introdotto nella novella del 2001.

c) un terzo argomento che attiene all’onere della prova (in esteso esposto a ff 6) sostiene che manca in atti la prova di qualsiasi proposta od offerta di vendita e di ogni atto prodromico di un procedimento di alienazione del bene di cui si discute.

NESSUNO dei tre argomenti e’ condiviso da questa Corte di Cassazione:

non il primo, posto che questa Corte condivide la lettura costituzionalmente orientata, evidenziata dalle Sezioni unite n 20322 del 2006 (punto 9) la’ dove si afferma il carattere innovativo della norma di interpretazione autentica del citato comma 38 la novella n. 243 del 2004, in quanto essa detta una nuova regola per gli enti previdenziali escludendo gli immobili appartenenti agli enti previdenziali successivamente privatizzati, regola che ora si sovrappone alla previgente disciplina, con il consueto limite delle situazioni esaurite.

Dove la locuzione “limite consueto” esprime l’esigenza di tutela dei rapporti giuridici che, secondo le leggi previgenti avevano previsto la prelazione o la opzione legale a favore del conduttore qualificato.

Non e’ condivisibile neppure il secondo argomento sistematico, proprio per la ragione, rimarcata anche dal Consiglio di Stato, che la trasformazione dell’ente in fondazione ha determinato un effetto giuridico di natura successoria per tutti i rapporti giuridici pendenti e per tutti i diritti di credito o gli obblighi assunti, in mancanza di una diversa e specifica disciplina legislativa.

E pertanto la clausola di garanzia introdotta nel corpo della novella del 2001, art. 3, comma 20 chiaramente riferita agli enti pubblici, aveva un effetto estensivo a quelle posizioni che riguardavano i conduttori pretermessi, vuoi in relazione ad una procedura di prelazione non compiuta, vuoi in relazione alla proposizione di volonta’ di acquisto (che la dottrina qualifica come opzione legale) manifestata entro il 31 ottobre 3001.

La novella del 2004 n. 243, costituzionalmente intesa, non modifica questa clausola generale di tutela, a salvaguardia di legittime aspettative qualificabili come posizioni di diritto soggettivo riferite ad un bene della vita, di rilevanza costituzionale, quale e’ il diritto all’abitazione (art. 42 Cost., comma 2 correlato con l’art. 47 Cost., comma 2).

Neppure e’ condivisibile l’ultimo argomento, atteso che dovendosi applicare la clausola di garanzia della novella 2001 al rapporto pendente, la Corte di appello avrebbe dovuto considerare espressamente la idoneita’ della lettera di cui si discute a porre in essere una valida richiesta di vendita alle condizioni di legge.

Il controricorrente Enpaf deduce, a pag 21 del controricorso, che il documento in oggetto risulta incompleto per il suo contenuto in quanto sia il D.Lgs 104 del 1996 che il D.L. n. 241 del 2001, art. 3 comma 6 prevedono condizioni di azionabilita’ – nel senso che il conduttore od altri membri conviventi devono attestare di non essere proprietari di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nel comune di residenza – e che manca qualsiasi prova in atti della sussistenza di tali requisiti in capo al conduttore. Tale deduzione non appare recepita dalla Corte di appello ma risulta ammissibile quale deduzione difensiva, diretta a contestare la completezza del quesito oltre che la fondatezza della censura esposta in ricorso.

Pertanto dovendo considerare la censura iuxta alligata et provata e dovendo esaminarla sotto il profilo dell’error in iudicando, questa Corte deve rilevare che non sussiste, nel motivo in esame, il rispetto dei principi di autosufficienza e di specificita’, posto che la descrizione della fattispecie rispetto alla disciplina normativa invocata, appare incompleta sia in ordine alla esposizione dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge, sia in relazione al quesito proposto, pur nella interpretazione costituzionalmente orientata cui questa Corte aderisce.

Non risulta possibile a questa Corte supplire a tali carenze con un esame degli atti eventualmente allegati, ma non indicati o precisati in sede di censura.

8. Per le considerazioni sin qui svolte il ricorso, pur pregevole ed in parte condivisibile per alcuni argomenti in diritto, non appare meritevole di accoglimento.

9. La delicatezza e complessita’ delle questioni in esame giustifica tuttavia ragioni di compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2010

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