Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11934 del 12/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/05/2017, (ud. 05/12/2016, dep.12/05/2017),  n. 11934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 443/2016 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FIORELLA NENCI

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI VITERBO, MINISTERO

DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimati –

avverso il provvedimento n. 120/2015 del GIUDICE DI PACE di VITERBO

depositato il 21/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

Fatto

PREMESSO

Che è stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue:

“1. – Il Giudice di pace di Viterbo ha respinto il ricorso proposto dal sig. N.A., cittadino albanese, avverso l’espulsione intimatagli con decreto del Prefetto della stessa città in data 10 luglio 2012 ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13.

Con riferimento, in particolare, alla doglianza che il decreto non era stato tradotto in lingua conosciuta dal destinatario, il giudice ha osservato che, avendo l’Amministrazione dato atto della impossibilità di reperire tempestivamente un interprete di lingua albanese, era corretta la notifica del provvedimento con traduzione in lingua inglese; tanto più che il ricorrente aveva “soggiornato e lavorato in Italia per diverso tempo” – il che lasciava presumere che conoscesse sufficientemente la lingua italiana – e inoltre aveva presentato tempestivo ricorso avverso il provvedimento stesso.

Il sig. N. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

3. – Con riferimento alla dedotta violazione dell’obbligo di traduzione del provvedimento espulsivo in lingua nota all’interessato il Giudice di pace osserva, tra l’altro, che la conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente è desumibile dal fatto che egli aveva soggiornato e lavorato in Italia “per diverso tempo”.

Tale affermazione, costituente autonoma ratio decidendi sulla questione in esame, è stata dal ricorrente censurata per “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” in quanto “il fatto che il ricorrente lavorasse in Italia da qualche tempo non è di per sè sufficiente a dimostrare l’effettiva conoscenza della lingua italiana e men che meno sufficiente a dimostrare che il ricorrente avesse veramente compreso il reale contenuto dell’atto presupposto di archiviazione” della sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.

La censura, però, così come articolata, è inammissibile, non essendo più consentito il ricorso per cassazione per “insufficienza” della motivazione, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta con D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (conv., con modif., in L. 7 agosto 2012, n. 134), in forza della quale è necessario dedurre, invece, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”: censura che il ricorrente in concreto non articola.

4. – Il ricorso contiene, altresì, la doglianza (lett. B del primo motivo) di omessa motivazione sulla insussistenza del presupposto della espulsione in quanto il ricorrente, allorchè era stato espulso, non aveva ancora superato il limite temporale di novanta giorni di legittimo soggiorno in Italia, come attestato dai timbri di ingresso e uscita sul suo passaporto.

4.1. – La censura è inammissibile in quanto nuova. La sentenza impugnata, infatti, non vi fa alcun riferimento e lo stesso ricorso per cassazione, pure piuttosto analitico nella parte narrativa, non dà atto che essa fosse stata sollevata con il ricorso davanti al Giudice di pace”;

che tale relazione è stata comunicata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione sopra trascritta;

che pertanto va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

che in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali;

che dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, per cui non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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