Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11931 del 30/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 30/05/2011, (ud. 04/05/2011, dep. 30/05/2011), n.11931
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;
– ricorrente –
contro
T.L., residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta
delega a margine del controricorso, dagli Avv.ti CELI Domenico e
Giancarlo Viola elettivamente domiciliato nello studio del secondo in
Roma, Piazza del Risorgimento, 59;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 16/01/2008 della Commissione Tributaria
Regionale di Torino – Sezione n. 01, in data 21/03/2008, depositata
il 22 aprile 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
04 maggio 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Presente il P.M. Dr. FUCCI Costantino.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel ricorso iscritto a R.G. n. 14191/2009, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 16/01/2008 pronunziata dalla C.T.R. di Torino, Sezione n. 01, il 21.03.2008 e DEPOSITATA il 22 aprile 2008.
Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato l’appello dell’Agenzia Entrate, riconoscendo il diritto al rimborso dell’IRAP. 2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione del silenzio rifiuto su domanda di rimborso dell’IRAP per l’anno 2001, è affidato ad un mezzo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2.
3 – L’intimato, giusto controricorso, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, comunque, rigettato.
4 – Alla formulata censura può rispondersi, con il richiamo a quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato il principio secondo cui a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007).
4 bis – La sentenza, in vero, appare in linea con il richiamato principio, avendo verificato l’insussistenza degli elementi indice dell’autonoma organizzazione, risultando essere stati utilizzati beni strumentali minimi in assenza di dipendenti e collaboratori.
Nè tale opinamento resta incrinato dalle considerazioni svolte con l’unico motivo del ricorso, – secondo il quale la circostanza che il professionista svolga attività in regime di convenzione con il S.S.N. costituisce, di per sè, indice di autonoma organizzazione e preclude ogni accertamento in fatto -, tenuto conto che l’accertamento operato dalla CTR, che ha acclarato che il contribuente ha svolto la sua attività in convenzione con il SSN con l’utilizzo di minimi beni strumentali e senza l’ausilio di prestazioni diverse dalla propria, anche avuto riguardo alla rilevata assenza di contestazione (Cass. n. 1540/2007, n. 5488/2006, n. 2273/2005), induce ragionevolmente a ritenere trattarsi di quel minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, fissato dal richiamato principio, senza il quale il professionista non sarebbe posto nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro.
5 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo rigetto, per manifesta infondatezza.
Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.
La Corte:
Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti di causa;
Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione, ritiene di dover rigettare l’impugnazione, per manifesta infondatezza;
Considerato che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro millecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia Entrate al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, in complessivi Euro millecento, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2011