Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11927 del 30/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 30/05/2011, (ud. 04/05/2011, dep. 30/05/2011), n.11927
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;
– ricorrente –
contro
D.P.A., residente a (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 23/20/2008 della Commissione Tributaria
Regionale di Bologna – Sezione n. 20, in data 18/02/2008, depositata
il 21 aprile 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
04 maggio 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Presente il P.M., Dr. FUCCI Costantino.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel ricorso iscritto a R.G. n. 13868/2009, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 23/20/2008 pronunziata dalla C.T.R. di Bologna, Sezione n. 20, il 18.02.2008 e DEPOSITATA il 21 aprile 2008.
Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato l’appello dell’Agenzia Entrate, riconoscendo il diritto al rimborso dell’IRAP. 2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione del silenzio rifiuto su domanda di rimborso dell’IRAP per gli anni dal 1998 al 2001, è affidato ad un mezzo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3.
3 – L’intimata, non ha svolto difese in questa sede.
4 – Al quesito posto a conclusione della formulata censura può rispondersi, con il richiamo a quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato il principio secondo cui a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007).
4 bis – La sentenza, in vero, appare in linea con il richiamato principio, avendo verificato l’insussistenza degli elementi indice dell’autonoma organizzazione, risultando essere stati utilizzati beni strumentali minimi in assenza di dipendenti e collaboratori.
Nè tale opinamento resta incrinato dalle considerazioni svolte con l’unico motivo del ricorso, – secondo il quale la circostanza che il professionista svolgeva attività in regime di convenzione con il S.S.N. costituisce, di per sè, indice di autonoma organizzazione e preclude ogni accertamento in fatto, tenuto conto che l’accertamento operato dalla CTR, che ha acclarato che il contribuente ha svolto la professione utilizzando la minima quantità di beni indispensabili, senza dipendenti nè collaboratori vincolati da rapporto di lavoro coordinato e continuativo, anche avuto riguardo alla rilevata assenza di contestazione in fatto (Cass. n. 1540/2007, n. 5488/2006, n. 2273/2005), induce ragionevolmente a ritenere trattarsi di quel minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, fissato dal richiamato principio, senza il quale il professionista non sarebbe posto nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro.
5 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo rigetto, per manifesta infondatezza.
Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.
La Corte:
Vista la relazione, il ricorso e gli altri atti di causa;
Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione, ritiene di dover rigettare l’impugnazione, per manifesta infondatezza;
Considerato che, non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2011