Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11927 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27646/2019 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in Roma Via Carlo Mirabello

14, presso lo studio dell’avvocato Venco Gaetano, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 12/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a tre motivi, E.O. (alias O.E.), cittadino (OMISSIS), ha impugnato il decreto del Tribunale di Roma, reso pubblico in data 12 agosto 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale, a sua volta, respingeva l’istanza dell’odierno ricorrente volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale, nelle sue varie forme.

A sostegno della domanda il richiedente deduceva di essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, Edo State (Nigeria), per paura di essere ucciso dagli stessi sicari che, su mandato dei membri della comunità, avevano ucciso i suoi genitori, in quanto figlio maschio e, dunque, erede del terreno oggetto di invidia e motivo dell’uccisione, nonchè per aver riconosciuto i sicari.

2. – Il Tribunale di Roma, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: 1) era da escludersi il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), a fronte della non credibilità del racconto reso dal richiedente; 2) erano insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiari di cui del citato art. 14, lett. c), in quanto, sulla base di COI attendibili e aggiornate (EASO del novembre 2018), le criticità della zona d’origine del richiedente (Edo State) erano riconducibili alla criminalità comune e, pertanto, non sovrapponibili al concetto di violenza generalizzata in situazioni di conflitto armato interno ed internazionale; 3) non poteva essere riconosciuta la protezione umanitaria in difetto allegazione di una specifica ragione di vulnerabilità, neanche desumibile dagli atti di causa.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, nonchè dell’art. 14, lett. c) del medesimo Decreto, per aver erroneamente il giudice di merito, senza alcuna indicazione dell’iter argomentativo, ritenuto contraddittorie ed illogiche le dichiarazioni rese dal richiedente, nonchè per non aver adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria in quanto avrebbe dovuto determinare l’area di provenienza e, in mancanza, verificare la capacità di fronteggiare la violenza individuale e collettiva da parte delle autorità federali e statali.

1.1. – Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.

Inammissibile poichè stabilire se una persona sia attendibile o meno è un apprezzamento di fatto e non una valutazione di diritto: ed in quanto tale sfugge al sindacato di questa Corte.

E’ inammissibile perchè, lungi dal veicolare un error in iudicando, critica l’apprezzamento di fatto operato dal Tribunale (insindacabile, come tale, in questa sede: Cass. n. 3340/2019) nella comparazione tra le dichiarazioni rese dal ricorrente innanzi alla Commissione territoriale e quelle rese innanzi allo stesso giudice procedente, il cui esito, in forza di motivazione intelligibile ed adeguata, è stato quello di contraddittorietà e inverosimiglianza delle dichiarazioni stesse alla luce dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, così da non poter consentire il riconoscimento della protezione di rifugiato e di quella sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Nè, peraltro, il giudice di merito è venuto meno al c.d. dovere di cooperazione istruttoria, poichè, in relazione alla domanda di protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), pur a fronte della non credibilità del narrato, ha ritenuto (sulla base di COI debitamente indicate, aggiornate ed attuali) che la zona d’origine del richiedente si caratterizzava per criticità per lo più riconducibili a situazioni di criminalità comune e, quindi, non sovrapponibili al concetto di violazione indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, richiesto ai fini del rilascio della protezione.

2. – Con il secondo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione sulla domanda di asilo costituzionale formulata sin dal primo grado dal ricorrente.

2.1. – Il motivo è infondato.

Un provvedimento giurisdizionale può dirsi nullo per mancanza di motivazione: quando vi sia “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”; quando la “motivazione sia apparente”; quando vi sia un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”; od infine quando la “motivazione sia perplessa ed obiettivamente incomprensibile”. Resta, invece, insindacabile in sede di legittimità il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (così, Cass., S.U., n. 8053/2014).

Nel caso di specie, non ricorre alcuna delle ipotesi summenzionate.

La motivazione relativa alla domanda di asilo costituzionale che, è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo status di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario (Cass. n. 10686/2012), non manca nel provvedimento ivi impugnato, nè è incomprensibile o contraddittoria.

Il Tribunale adito, dopo aver escluso la configurabilità dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ha negato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento anche della protezione umanitaria, in mancanza di allegazione di una specifica ragione di vulnerabilità, non desumibile neanche dagli atti della causa.

Del resto, il ricorrente, nell’illustrazione del motivo, non indica quale sarebbe la sua particolare condizione di vulnerabilità giustificativa della protezione umanitaria, nè, tanto meno, quando, in che termini e in quale atto processuale tale situazione specifica di vulnerabilità sia stata dedotta.

Nè il riconoscimento del diritto di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, che è misura atipica e residuale, può conseguire ipso facto al solo diniego delle altre domande di protezione internazionale (Cass. n. 13088/2019).

3. – Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (motivazione apparente). Per non aver disposto, il Tribunale di Roma, nuova audizione personale del ricorrente. Violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del giusto processo (art. 111 Cost.). Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis, comma 2, lett. a)”.

3.1. – Il motivo è manifestamente infondato, giacchè il Tribunale di Roma non è incorso nè nel vizio di motivazione apparente (come sopra già evidenziato), nè in alcuna delle dedotte violazioni di legge.

Dal decreto impugnato, difatti, emerge l’avvenuta audizione dinanzi al Tribunale adito dell’attuale ricorrente, quale richiedente la protezione internazionale, ivi dandosi atto che: “il sig. E., confermando le dichiarazioni rese in Commissione, in sede giudiziale ha dichiarato: Mi chiamo…” e ancora “il ricorrente ha ribadito in sede giudiziale la dinamica dell’uccisione dei genitori e quella della sua fuga…”.

Peraltro, “nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare udienza, non consegue automaticamente l’obbligo di procedere all’audizione del richiedente, ove ci si trovi in presenza di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata” (Cass., n. 3029/2019; Cass., n. 17717/2018).

4. – Ne consegue il rigetto del ricorso.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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