Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11921 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28051/2019 proposto da:

O.E., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO

RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

21/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. O.E., originario della (OMISSIS), ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione del decreto del Tribunale di Venezia che aveva respinto l’opposizione da lui proposta avverso il provvedimento di diniego della competente Commissione Territoriale alla quale aveva domandato il riconoscimento della protezione internazionale declinata nelle forme di stato di rifugiato e di protezione sussidiaria, richiedendo altresì il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essersi allontanato dal paese di origine in quanto il padre, personaggio politico con numerosi avversari, veniva ucciso nel (OMISSIS) da uomini sconosciuti ed anch’egli, dopo aver denunciato i fatti alla polizia, aveva subito minacce che lo avevano indotto, anche su indicazione della madre, a fuggire dal proprio paese.

2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso, chiedendo con atto tardivo di poter eventualmente partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con unico motivo, il ricorrente deduce “la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), per illogicità della motivazione”: assume al riguardo che il Tribunale aveva affermato che in Nigeria non si registrava una situazione di pericolo, mentre i report EASO 2017 facevano registrare gravi condizioni di rischio per l’incolumità delle persone, soprattutto nella sua regione di provenienza che era l’Edo State.

1.1. Dichiara di proporre ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7.

2. Tanto premesso, si osserva che, in limine, il ricorrente ha premesso di aver appreso “tardivamente” cine l’opposizione proposta dinanzi al Tribunale di Venezia avverso il provvedimento della Commissione territoriale era stata rigettata e chiede, pertanto, di essere rimesso in termini per la proposizione della presente impugnazione, riconoscendone la tardività.

2.1. Il ricorso è inammissibile.

Si osserva infatti che:

a. il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, ratione temporis applicabile al caso in esame, prevede che “il termine per proporre ricorso per cassazione è di giorni trenta e decorre dalla comunicazione del decreto a cura della cancelleria, da effettuarsi anche nei confronti della parte non costituita”;

b. l’art. 327 c.p.c. e cioè il c.d. “termine lungo” di sei mesi opera, comunque, per tutti i provvedimenti di carattere decisorio e definitivo come ultimo limite temporale per la proposizione dell’impugnazione cfr. Cass. 16893/2018; Cass. 25115/2015; Cass. 17020/2018).

2.2. Tanto premesso, si osserva che il ricorrente ammette che il decreto è stato comunicato senza tuttavia dare prova della circostanza e della data ed, assumendo che il termine, perentorio è già spirato, chiede la rimessione ex art. 153 c.p.c., comma 2, riferendo che l’omissione dovesse ascriversi alla mancata informazione dell’avvenuto deposito del provvedimento da parte del difensore che lo aveva patrocinato dinanzi al Tribunale.

2.3. L’istanza non può essere accolta e l’impugnazione è tardiva.

Risulta infatti dirimente l’avvenuta decorrenza del c.d. “termine lungo” in quanto il decreto impugnato è stato pubblicato il 21.1.2019 ed il ricorso è stato proposto con atto notificato alla controparte il 18.9.2019, ben oltre i sei mesi previsti dall’art. 327 c.p.c..

Tuttavia non è inutile riaffermare che l’istituto della rimessione in termini, prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, il quale opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perchè cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà” (cfr. Cass. SU 32725/2018; Cass. 21304/2019; Cass. 24180/2019).

2.4. A tale principio deve essere associato quello secondo cui quando la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore questi è tenuto a compiere o a ricevere nel suo interesse tutti gli atti che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati: chi lo rappresenta in giudizio, dunque, assume la responsabilità di tutte le condotte omissive poste in essere, compresa l’omessa osservanza di termini perentori il cui effetto – in assenza di specifiche ragioni riconducibili a fattori estranei alla sua volontà – ricade sulla posizione processuale della parte rappresentata.

3. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile per tardività.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la mancata difesa dell’amministrazione.

5. Ricorrono i presupposti processuali per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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