Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11920 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28049/2019 proposto da:

E.J., domiciliato ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MASSIMO RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

06/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. E.J., originario della (OMISSIS), ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione del decreto del Tribunale di Venezia che aveva respinto l’impugnazione da lui proposta avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale alla quale aveva domandato, in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg., della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e, da ultimo, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di aver abbandonato la Nigeria in quanto era un esponente di spicco del (OMISSIS) per il quale aveva svolto attività politica e di proselitismo e che, a seguito della sconfitta del partito alle elezioni politiche del 2015, dopo aver ricevuto la proposta, da lui rifiutata, di entrare a far parte dell’organizzazione politica che aveva vinto le elezioni (APC), aveva subito un tentativo di omicidio al quale era scampato: da qui la fuga con transito in Libia, dove aveva subito torture e violenze.

1.2. Deduceva, pertanto, di correre il rischio, in caso di rientro in patria, di essere esposto a forme di violenza indiscriminata e di minaccia grave alla vita ed alla persona, tutelate mediante la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), in relazione al quale chiedeva che il provvedimento di rigetto fosse cassato.

2. Il Ministero dell’interno non si è difeso, costituendosi, invero tardiva mente per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con unico motivo, il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C).

1.1. Assume, al riguardo, che il Tribunale aveva interpretato erroneamente il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che prevede che il procedimento di protezione internazionale sia caratterizzato dal dovere di cooperazione del giudice imponendo l’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine; e che dispone, altresì, che la credibilità soggettiva del richiedente debba essere valutata alla stregua dei principi elencati dalla disposizione sopra richiamata che risultava palesemente violata.

1.2. Lamenta, infatti, che i Tribunale:

a. aveva apoditticamente affermato che “appariva inverosimile quanto affermato dal ricorrente in merito al fatto che in Nigeria in caso di rifiuto di aderire ad un partito si rischierebbe di essere uccisi in quanto tale pericolo non troverebbe riscontro nelle fonti consultate”;

b. aveva genericamente richiamato un documento EASO del 2018 (Azioni mirate contro gli individui) non considerando che nella relazione della stessa Commissione Asilo del luglio 2017 venivano riportate informazioni relative ad una situazione di violenza diffusa, con abusi ai danni dei cittadini specificamente situati proprio nella regione di provenienza del richiedente asilo.

1.3. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente, infatti, non ha colto la ratio decidendi del provvedimento impugnato che, dopo aver affermato motivatamente che e affermazioni del ricorrente erano inverosimili in quanto presentavano evidenti contraddizioni rispetto all’epoca della sua adesione al partito asseritamente perseguitato ed alle modalità con cui si era estrinsecata la persecuzione denunciata, ha analiticamente esaminato le informazioni EASO aggiornate alla data della decisione sul paese di origine (EASO Country Guidance Niogeria 2019: pag. 11 decreto impugnato), ed in particolare sulla regione di provenienza (Edo State) nella quale si registrerebbe “un livello di violenza indiscriminata talmente basso che in generale non vi è rischio per i civili di essere esposti ad episodi di violenza salvo casi particolari in cui vi siano elementi di natura individualizzante”, elementi che il Tribunale ha valutato proprio a sostegno della inattendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente.

1.4. Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di affermare che “ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia. (Cass. 18306/2019; Cass. 9090/2019).

1.5. La Corte ha applicato correttamente tale principio: ragione per cui la censura proposta maschera la richiesta di una rivalutazione di merito delle complessive emergenze istruttorie, non consentita in sede di legittimità, laddove, come nel caso di specie, non emergano – in relazione alla specifica censura prospettata – violazioni delle norme che presidiano il procedimento di protezione internazionale.

2. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la mancata difesa dell’amministrazione.

Si dà atto che ricorrono i presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso;

dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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