Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1192 del 18/01/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 1192 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: CENICCOLA ALDO

sul ricorso n. 5353\2012 proposto da
ENERGI IMPIANTI s.r.l. (CF 03643940277) in persona del legale rapp.te
p.t., rapp.to e difeso per procura a margine del ricorso dall’avv.
Massimo Boscolo, presso il quale elettivamente domicilia in Padova alla

galleria degli Scrovégnì n. 7
– ricorrente contro
FALLIMENTO CONSORZIO STABILE ENGINEERING & BUSINESS GROUP,
in persona del curatore, rapp.to e difeso per procura a margine del
controricorso dagli avv. Aldo Laghi e Massimo Zaccheo, presso
quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma alla v. Barnaba Oriani n.
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– controricorrente –

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avverso il decreto emesso dal Tribunale di Rovigo n. 90041/11
depositato il 10.1.2012;

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Data pubblicazione: 18/01/2018

letta la requisitoria depositata dal P.G. in data 10.7.2017 che conclude
domandando la trattazione del ricorso in pubblica udienza;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
14 settembre 2017 dal relatore dr. Aldo Ceniccola.

Rilevato che:

l’opposizione allo stato passivo proposta da Energi Impianti s.r.l. volta
ad ottenere l’ammissione al passivo del fallimento del Consorzio Stabile
Engineering & Business Group per l’importo di C 544.990,82, oltre Iva,
in prededuzione o in subordine in privilegio ex art. 2721 cod. civ. o in
subordine in prededuzione quantomeno per la minor somma di C
30.552,15 rinveniente dall’esecuzione di lavori assunti in regime di
appalto pubblico dal Consorzio ed in parte asseritamente eseguiti dopo
la dichiarazione di fallimento;
osservava il Tribunale che correttamente il giudice delegato aveva
ammesso al passivo la somma di C 183.049,01 in via chirografaria in
quanto andava esclusa nel caso in esame la sussistenza del privilegio di
cui all’art. 1721 cod. civ.: il vincolo consortile, osservava il Tribunale,
non partecipa della natura del mandato che, da un lato, si caratterizza
per l’estraneità dell’interesse perseguito dal mandatario e dall’altro ha
ad oggetto il compimento di uno o più atti giuridici (laddove l’appalto si
connota per un’attività meramente materiale ed esecutiva); pur volendo
poi considerare il rapporto in termini di mandato, sarebbe il consorzio
ad assumere la veste di mandatario, in quanto agente per conto e
nell’interesse delle singole consorziate, come si ricava dalle previsioni
statutarie;
nemmeno poteva essere condivisa, secondo il Tribunale, la domanda di
riconoscimento della prededuzione, atteso che, verificatosi per effetto
del fallimento lo scioglimento del contratto di appalto, ai sensi dell’art.
81, comma 2, legge fall., l’eventuale esecuzione dei lavori da parte
dell’opponente, successivamente all’apertura del concorso, non poteva

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con decreto n. 90041 del 2011 il Tribunale di Treviso respingeva

originare alcun credito prededucibile, in assenza di autorizzazione
all’esercizio provvisorio ex art. 104 legge fall.; uguale sorte doveva
avere la domanda di indennizzo a titolo di indebito arricchimento, sia
per la natura residuale dell’istituto sia in difetto di prova dell’effettiva
esistenza dei requisiti di cui all’art. 2041 cod. civ.;
il Tribunale, dunque, concludeva riconoscendo al ricorrente un mero

dal committente per l’esecuzione dei lavori appaltati al consorzio e da
questo assegnati ai consorziati, corrispettivo correttamente riconosciuto
dal giudice delegato in quanto desumibile dalla documentazione versata
in causa dal fallimento e non specificamente contestata dal ricorrente;
avverso tale decreto Energi Impianti s.r.l. propone ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi; la curatela resiste mediante
controricorso; il PG ha depositato la requisitoria in data 10.7.2017
domandando la trattazione del ricorso in pubblica udienza. La curatela
ha depositato la memoria.

Considerato che:
con il primo motivo, concernente la richiesta di prededuzione del
credito, il ricorrente lamenta la violazione di legge e l’omessa,
insufficiente ed erronea motivazione, avendo il Tribunale trascurato che
nell’ipotesi di consorzio stabile con rilevanza esterna, costituito per gli
scopi previsti dalla legge 109 del 1994, le somme dovute dall’ente
appaltante per i lavori eseguiti, ancorchè formalmente transitanti per i
conti del consorzio, non entrano a far parte del fondo consortile, posto a
garanzia dei creditori del consorzio, e quindi non rientrano nell’attivo
fallimentare, ma sono di pertinenza esclusiva della consorziata
esecutrice dei lavori;
con il secondo motivo, riguardante la richiesta di privilegio ex art. 1721
cod. civ., il ricorrente deduce la violazione di legge e l’omessa e
insufficiente motivazione, avendo il giudice di merito trascurato il rilievo
che il rapporto negoziale che si instaura tra il consorzio e la consorziata

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diritto di credito il cui oggetto era rappresentato dal corrispettivo dovuto

è assimilabile al mandato ‘in rem propriam’ ove il consorzio stabile
assume la veste di mandante e la consorziata della mandataria, con
conseguente applicazione dell’art. 1721 cod. civ. in ordine al diritto della
mandataria di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dall’esecuzione dei
lavori;
con il terzo motivo, riguardante i lavori eseguiti dopo la dichiarazione di

2041 cod. civ.), nonché l’assenza di motivazione di un punto decisivo,
avendo il Tribunale trascurato che ove la consorziata assegnataria ed
esecutrice dei lavori continui l’attività per mancata informazione
dell’intervenuto fallimento, la fattispecie dovrebbe considerarsi
assimilabile all’esercizio provvisorio previsto dall’art. 104 legge fall.,
ancorchè non espressamente autorizzato, con conseguente diritto alla
prededuzione riguardo al compenso pagato dall’ente appaltante (o
quantomeno, in via subordinata, diritto all’indennizzo previsto dall’art.
2041 cod. civ.);
con il quarto motivo, concernente la quantificazione del complessivo
credito, il ricorrente lamenta l’assenza o erroneità della motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo il Tribunale
basato il suo giudizio su una corrispondenza tra quanto riconosciuto dal
consorzio in sede di chiusura della contabilità e l’importo per il quale il
ricorrente era stato ammesso al passivo, corrispondenza, a dire del
Tribunale, non specificamente contestata dal ricorrente;
va preliminarmente osservato che la trattazione in sede camerale non
preclude al Collegio l’esame di una questione nuova, qual è nella specie
quella concernente la natura giuridica del consorzio stabile e quella del
regime dei crediti vantati dal consorziato nei riguardi del fallimento del
consorzio, intendendosi in questa sede dare continuità all’orientamento
recentemente espresso da Cass. n. 8869 del 2017 secondo cui “non
sussiste alcun obbligo, né vi sono ragioni di opportunità, perché,
all’esito dell’adunanza in camera di consiglio, il collegio rimetta la causa
che preveda la trattazione di questioni rilevanti o, comunque, prive di

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fallimento, lamenta la violazione di legge (art. 104 legge fall. e/o art.

precedenti in pubblica udienza, mediante una sorta di mutamento del
rito di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c. Invero, una simile soluzione sarebbe
priva di costrutto, essendo la trattazione con il rito camerale
pienamente rispettosa sia del diritto di difesa delle parti, le quali,
tempestivamente avvisate entro un termine adeguato del giorno fissato
per l’adunanza, possono esporre compiutamente i propri assunti, sia del

conclusioni è sempre consentito svolgere osservazioni scritte”;
il primo motivo, concernente la richiesta di riconoscimento della
prededuzione riguardo ai crediti maturati dal consorziato in relazione ai
lavori affidatigli dal consorzio stabile, è infondato;
i consorzi stabili, costituenti una delle novità previste dalla legge n. 109
del 1994, sono quei consorzi costituiti tra almeno tre imprese che
abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti
pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine
una comune struttura di impresa e si differenziano da quelli c.d.
ordinari, operanti nel settore degli appalti pubblici, in quanto mentre
questi ultimi nascono e cessano (al pari dell’associazione temporanea di
imprese) in vista di un’unica operazione, i primi sono costituiti in
funzione di un numero potenzialmente illimitato di operazioni;
i consorzi stabili, dunque, devono disporre di un’autonoma struttura
d’impresa attraverso cui essere in grado d’eseguire direttamente i lavori
affidati senza necessariamente doversi avvalere delle strutture aziendali
delle imprese associate, facoltà quest’ultima costituente una semplice
modalità operativa alternativa (arg. ex art. 36, commi 1 e 2, d. Igs. n.
163 del 2006), essendo demandato al regolamento (cfr. art. 86, comma
8 del d.P.R. n. 207 del 2010) il potere di stabilire le condizioni ed i limiti
alla facoltà del consorzio di eseguire le prestazioni anche tramite
affidamento ai consorziati, “fatta salva la responsabilità solidale degli
stessi nei confronti del soggetto appaltante o concedente” (art. 36,
comma 2, d. Igs. n. 163 del 2006);

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principio del contraddittorio, anche nei confronti del P. G., sulle cui

anche se la giurisprudenza si è prevalentemente occupata dei consorzi
stabili a fini diversi da quelli che occupano, mirando a risolvere la
questione se i requisiti di partecipazione alla gara possano sussistere
esclusivamente in capo al consorzio ovvero debbano ricorrere anche in
capo alle singole imprese consorziate (cfr. da ultimo Cons. St. n. 849
del 2017), un aspetto che non può essere messo in discussione riguarda

alle imprese consorziate, venendo in rilievo un ente collettivo dotato di
autonoma organizzazione, qualificazione e soggettività; e la circostanza
che il consorzio stabile costituisce un autonomo soggetto di diritto
dotato di autonoma qualificazione e di un proprio patrimonio (come si
desume dalla previsione concernente la responsabilità solidale verso la
stazione appaltante), impedisce ogni assimilazione tra consorziate del
consorzio stabile e imprese mandanti di raggruppamenti temporanei di
impresa, proprio per la ontologica differenza di struttura tra il primo e i
secondi, per converso privi di personalità giuridica autonoma;
il riconoscimento dell’autonomia patrimoniale in capo al consorzio
stabile induce, allora, a disattendere la tesi, sostenuta dal ricorrente,
secondo cui (valorizzando la previsione contenuta nell’art. 11 del
regolamento interno del consorzio secondo cui

“il Consorzio Stabile

E.G.B., quale contraente del contratto di appalto fa transitare nei suoi
conti i relativi corrispettivi”)

le somme riscosse nei riguardi del

committente apparterrebbero in via esclusiva alla consorziata incaricata
di eseguire il lavori, dovendo al contrario riconoscersi nel Consorzio,
proprio in virtù dell’indicata autonomia, l’unico soggetto legittimato ad
agire nei confronti della stazione appaltante ed il reale titolare delle
somme riscosse in esecuzione del contratto;
ne consegue che la pretesa prededuzione sulle somme incamerate dal
consorzio, fondata sulla qualificazione del consorzio alla stregua di mero
detentore nell’interesse altrui, resta priva di giuridico fondamento;
il secondo motivo, che fa leva sulla richiesta di riconoscimento in favore
della consorziata del privilegio di cui all’art. 1721 cod. civ., è infondato;

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l’autonomia, sul piano giuridico e organizzativo, del consorzio rispetto

la pretesa si fonda sull’idea che il rapporto tra il consorzio e la
consorziata, incaricata dell’esecuzione del contratto, possa essere
ricostruito in termini di un mandato, con conseguente diritto del
mandatario “di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha

conclusi, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo”;
tale ricostruzione non può essere condivisa atteso che se vi è traccia di

essa va ricercata nell’ambito del contratto di consorzio e non già con
riguardo al momento esecutivo;
come correttamente ritenuto dal giudice del merito, è al momento della
nascita del consorzio che, infatti, può essere ravvisata l’esistenza di un
incarico conferito dalle consorziate di stipulare contratti di appalto,
eventualmente con la previsione della facoltà per il consorzio di
eseguire le prestazioni anche tramite affidamento alle consorziate, come
si desume senza equivoci dalla lettura dell’art. 3 del regolamento
interno del consorzio secondo il quale “il consorzio stabile E.G.B. è per

statuto incaricato di far operare le ditte consorziate in modo congiunto
nel settore dei lavori pubblici, attraverso la stipulazione di contratti di
appalto per loro conto” e “le ditte consorziate, aderendo al consorzio
stabile E.G.B. gli conferiscono l’incarico di stipulare contratti di appalto
per loro conto ed in nome del consorzio stabile e di indicare, di volta in
volta, a quali tra loro assegnare e far eseguire il lavori, senza che ciò
costituisca subappalto e ferma la responsabilità sussidiaria e solidale
delle stesse nei confronti della stazione appaltante”;
ne consegue, come si desume chiaramente sia dalle previsioni
regolamentari interne sia dalle riflessioni svolte dalla dottrina più
accreditata che si è occupata della questione, che il vincolo in forza del
quale le consorziate provvedono a dare esecuzione al contratto stipulato
non si giustifica, sotto il profilo negoziale, nell’assegnazione che non
può essere considerata un contratto (e quindi né un subappalto né un
mandato) ma solo un atto unilaterale recettizio, bensì nel momento
antecedente all’assegnazione e costituito dalla costituzione o

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un rapporto di mandato, nel quadro complessivo del rapporto consortile,

dall’adesione al consorzio, unico atto negoziale contenente l’incarico di
stipulare il contratto di appalto per conto delle consorziate e l’ulteriore
incarico di determinare di volta in volta a quale tra esse gli appalti
assunti dovranno essere “assegnati”;
non potendosi quindi condividere la ricostruzione del rapporto di
assegnazione in termini di mandato, la richiesta di riconoscimento del

il terzo motivo è infondato non rispondendo al diritto positivo
l’affermazione del ricorrente secondo cui ove la consorziata assegnataria
ed esecutrice dei lavori continui l’attività per mancata informazione
dell’intervenuto fallimento, la fattispecie dovrebbe considerarsi
assimilabile all’esercizio provvisorio previsto dall’art. 104 legge fall.,
ancorchè non espressamente autorizzato;
l’ulteriore aspetto sul quale si articola il terzo mezzo (e riguardante la
pretesa di indennizzo ex art. 2041 cod. civ. per l’indebito arricchimento
ottenuto della procedura) è infondato venendo in rilievo una pretesa
spendibile unicamente nei riguardi della stazione appaltante, unico
soggetto effettivamente arricchito in ragione dell’esecuzione dei lavori;
il quarto motivo, riguardante la quantificazione del complessivo credito
del ricorrente, tende ad evidenziare che, pur avendo il Tribunale
attestato che l’importo ammesso al passivo era corrispondente alla
somma riconosciuta al consorzio in sede di chiusura della contabilità,
quest’ultima somma era stata però arbitrariamente ridotta dalla
stazione appaltante a causa da vizi delle opere, da danni per ritardo e
da mancata fornitura delle certificazioni delle opere eseguite e tale
riduzione era stata supinamente accettata dalla curatela; inoltre il
Tribunale avrebbe errato nel dichiarare che non sussistevano specifiche
contestazioni mosse al riguardo dall’opponente, se è vero che più volte
nell’atto di opposizione il ricorrente aveva precisato di contestare la
colpevole accettazione da parte della procedura di decurtazioni
illegittime ed arbitrarie;
il motivo è infondato;

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privilegio di cui all’art. 1721 cod. civ. non può essere condivisa;

in primo luogo attraverso tale prospettazione il ricorrente tende ad
introdurre doglianze, concernenti l’esatta quantificazione del credito
vantato dal consorzio nei riguardi della stazione appaltante, che
andrebbero fatte valere proprio nei confronti di quest’ultima (salvo a
voler riqualificare la pretesa in termini risarcitori nei riguardi della
curatela, pretesa che tuttavia non è mai stata compiutamente

in secondo luogo e con riferimento alla circostanza che il Tribunale
avrebbe errato nel ritenere sussistente in capo al ricorrente un contegno
di non contestazione, è evidente, seguendo il percorso letterale seguito
dal giudice di prime cure, che mentre il Tribunale ha riferito la non
contestazione alla corrispondenza tra gli importi ammessi al passivo e
quanto riconosciuto dal consorzio in sede di chiusura della contabilità, il
ricorrente tende invece in questa sede a valorizzare la contestazione da
lui mossa proprio ai conteggi operati dal consorzio, soffermandosi
dunque su un profilo del tutto diverso rispetto a quello preso in
considerazione dal giudice di prime cure;
le considerazioni che precedono impongono il rigetto del ricorso; le
spese della presente fase di legittimità devono essere compensate
attesa la novità delle questioni affrontate.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti
le spese relative al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 settembre 2017.
il Presidente
Antglio Didone

esplicitata dal ricorrente);

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