Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11919 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 06/05/2021), n.11919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

Dott. CHIESI Gian A – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23641/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

ORTONA NAVI INTERNATIONAL S.R.L., in persona del legale

rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Lorenzo del

Federico e dall’Avv. Laura Rosa, elettivamente domiciliato presso il

loro studio sito in Roma via Denza n. 20;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo, sez. distaccata di Pescara, n. 311/09/2013 depositata

il 23 luglio 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 29 ottobre 2020

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sez. distaccata di Pescara, veniva parzialmente accolto l’appello proposto dalla Ortona Navi International S.r.l. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara n. 222/3/2009 la quale, a sua volta, aveva rigettato il ricorso della contribuente, svolgente attività di costruzioni navali, avente ad oggetto un avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2002 (periodo oggetto di accertamento: 1 luglio 2002 – 30 giugno 2003). In particolare, venivano contestati costi ritenuti di competenza del periodo ma non dichiarati per il subappalto della motonave (OMISSIS), operazione di durata ultra-annuale.

– La CTR ammetteva la consulenza tecnica nel giudizio per la ricostruzione dell’imponibile fiscale sulla base dei criteri di competenza seguiti dall’Agenzia delle Entrate e dei rilievi formulati dal contribuente, e per la rideterminazione del quadro RF della dichiarazione dei redditi per il periodo oggetto di accertamento. Il giudice d’appello motivava per relationem aderendo ad una delle ipotesi formulate dal consulente (la n. 2), in quanto congruamente motivata, scevra da vizi logici e non oggetto di specifica contestazione da parte dell’Agenzia.

– Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi, cui replica la contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– In via preliminare la contribuente eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto formula motivi che, nonostante la rubrica, introducono valutazioni di fatto e/o contestazioni alla CTU inammissibili in sede di legittimità. L’eccezione dev’essere esaminata unitamente alle singole censure proposte dall’Agenzia.

– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e) e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, avendo la CTR mancato di contenersi nella domanda di appello che chiedeva “l’annullamento dell’avviso di accertamento ovvero in subordine disporre il rimborso delle imposte per l’esercizio accertato qualora dovesse ritenere valido l’operato dell’Ufficio al fine di evitare la doppia imposizione” operando una rideterminazione delle imposte mentre le era chiesto solo di confermare la ripresa o di ordinarne il rimborso.

– Il motivo è infondato. La controricorrente ha riprodotto a pag.7 del proprio atto le conclusioni dell’appello, in cui tra l’altro si legge “voglia in via preliminare disporre CTU al fine di ricostruire il corretto imponibile fiscale; nel merito riformare la sentenza impugnata e, per l’effetto, annullare l’avviso di accertamento (…) ovvero, in subordine, disporre il rimborso delle imposte (…)”. La CTR ha annullato l’avviso di accertamento e ricostruito il corretto imponibile fiscale sulla base delle risultanze della CTU, in piena aderenza alla domanda dell’appellante.

– Con il secondo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. -, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nella parte in cui la CTR ha ritenuto di aderire ad una delle ricostruzioni del consulente tecnico in quanto non oggetto di specifica contestazione da parte dell’Agenzia, dal momento che l’onere di contestazione non si estenderebbe a ricomprendere anche le considerazioni giuridiche e le ipotesi formulate dal CTU.

– Il motivo è in parte inammissibile in parte infondato. Va ribadito che “Il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo puntuale le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, potendo limitarsi ad un mero richiamo di esse, soltanto nel caso in cui non siano mosse alla consulenza precise censure, alle quali, pertanto, è tenuto a rispondere per non incorrere nel vizio di motivazione. Tale vizio è però denunciabile, in sede di legittimità, solo attraverso una indicazione specifica delle censure non esaminate dal medesimo giudice (e non già tramite una critica diretta della consulenza stessa), censure che, a loro volta, devono essere integralmente trascritte nel ricorso per cassazione al fine di consentire, su di esse, la valutazione di decisività.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18688 del 06/09/2007, Rv. 599400 – 01; cfr Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10222 del 04/05/2009, Rv. 607766 – 01 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 23530 del 16/10/2013, Rv. 628250 – 01). Nel caso di specie l’Agenzia non riproduce le proprie contestazioni alla CTU tempestivamente articolate e sottoposte all’attenzione del giudice d’appello e, invero, non allega nemmeno di averle avanzate, limitandosi a ritenere – erroneamente – di non aver avuto un onere di contestazione così precisa in relazione al contenuto della CTU. L’assunto non è condiviso dalla giurisprudenza di questa Corte, che va ribadito anche in questa sede, dal momento che il quesito conferito al consulente tecnico riprodotto in ricorso investiva aspetti decisivi della controversia ed era rimesso all’Agenzia contestare tempestivamente e in modo circostanziato le risposte a tale quesito a lei sfavorevoli.

– Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 -, l’Agenzia introduce il vizio motivazionale per omesso esame di fatto decisivo, avendo il giudice d’appello del tutto omesso le ragioni per le quali ha ritenuto di seguire tra le varie ipotesi formulate dal CTU quella indicata come ipotesi 2.

– Il motivo è destituito di fondamento. Si ribadisce che “Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poichè l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione.” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 15147 del 11/06/2018, Rv. 649560 – 01). Nel caso di specie l’adesione del giudice d’appello alle risultanze della CTU – in particolare all’ipotesi n. 2 dell’elaborato – non è stata acritica, ma è intervenuta in favore di una delle plurime ipotesi di risposta al quesito peritale in quanto congruamente motivata, scevra da vizi logici e non oggetto di specifica contestazione da parte dell’Agenzia e, in assenza di specifica contestazione, l’adesione del giudice del merito alla perizia non solo non costituisce motivazione apparente, ma è pienamente conforme al principio di diritto richiamato.

– Con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. -, l’Agenzia lamenta la violazione da parte della CTR del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 109 e delle norme tributarie e contabili in punto di competenza dei costi e dei ricavi, in quanto non è possibile l’imputazione spontanea dei ricavi ad altro periodo di imposta non di competenza per il quale sono scaduti i termini.

– Il motivo è inammissibile, per più ragioni. Innanzitutto è certo condivisibile in astratto il principio giurisprudenziale richiamato dall’Agenzia nel motivo secondo il quale le regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi reddituali, dettate in via generale dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza, così da alterare il risultato della dichiarazione.

– Tuttavia, la prospettazione dell’Agenzia non aderisce alla fattispecie concreta in quanto la contribuente gode di un esercizio non coincidente con l’anno solare (1 luglio – 30 giugno del successivo) e, per la natura e tipologia del contratto in questione è stata chiamata ad eseguire quale subappaltatrice un’operazione commerciale che non si è esaurita nel singolo anno di imposta. A fronte di ciò, l’Agenzia da un lato non contesta in fatto tali circostanze e, dall’altro, non censura specificamente la ratio decidendi della CTR che inquadra e sussume la fattispecie diversamente ai fini dell’applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, limitandosi a ribadire la propria deduzione già avanzata nell’atto impositivo e riproposta nei gradi di merito.

– L’Agenzia si limita così a richiamare l’art. 109 TUIR e la giurisprudenza della Corte applicativa dell’art. 75 TUIR riferita a costi sostenuti in un’annualità ritenuta non di competenza, ma non si confronta con il fatto che oggetto dell’operazione (commessa subappalto (OMISSIS)) è una prestazione indivisibile la cui esecuzione non si esaurisce nell’anno di imposta. Ciò ha conseguenze sia quanto all’imputazione dei costi sia quanto a quella dei ricavi relativi e delle conseguenti rimanenze finali, ben potendo trovare applicazione l’art. 108, comma 1, del secondo cui “le spese relative a più esercizi sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio”. Nè l’Agenzia ha riprodotto le parti dell’avviso di accertamento rilevanti per individuare quale fosse l’esatto fondamento giuridico dell’imputazione originaria della contribuente oggetto di rettifica, derivandone un ulteriore profilo di inammissibilità per difetto di autosufficienza. Infine, va anche considerato che, come eccepito in controricorso, complessivamente il tenore delle censure è chiaramente diretto ad ottenere una rivalutazione del fatto, precluso alla Corte nei termini individuati dai motivi.

– In conclusione, il ricorso va rigettato e segue la liquidazione delle spese di lite come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 7000,00 per compensi, oltre Spese forfetarie 15%, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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