Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11915 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 06/05/2021), n.11915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di N. M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9013/2014 R.G. proposto da:

M.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Garavoglia Mario,

dall’Avv. Lucisano Claudio e dall’Avv. Vulcano Maria Sonia, anche

disgiuntamente, con domicilio eletto presso il suo studio degli

ultimi due sito in Roma via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte, n. 137/34/2013 depositata il 1 ottobre 2013, non

notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 29

ottobre 2020 dal consigliere Gori Pierpaolo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte veniva rigettato l’appello principale di M.A. e l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Torino n. 24/15/2012 la quale, a sua volta, aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente avente ad oggetto un avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2004 emesso a seguito di indagini bancarie D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 in considerazione della sproporzione tra reddito dichiarato e capacità patrimoniale e contributiva manifestata. – La CTR confermava così la decisione di primo grado e, per l’effetto, la riduzione delle riprese a carico del contribuente, socio all’80% e legale rappresentante della Eurocostruzioni S.r.l., il quale aveva effettuato ingenti conferimenti in denaro nel bilancio societario non giustificati dai redditi dichiarati o altrimenti.

– Avverso la decisione propone ricorso il contribuente, affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il contribuente lamenta in relazione all’art. 112 c.p.c. la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia da parte della CTR sul primo motivo di appello proposto dal contribuente, attinente alla violazione della normativa in materia di accertamenti bancari e dei principi di buona fede, collaborazione ed affidamento di cui all’art. 10 Statuto del contribuente, già ignorate dai giudici di primo grado.

– Il motivo è infondato. In primo luogo, la censura d’appello è dettagliatamente riportata dalla CTR nell’esposizione del fatto, a pag.3 della sentenza: “Mancato rilievo, da parte della Commissione provinciale della violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52, nonchè i principi di buona fede, collaborazione ed affidamento di cui all’art. 10 Statuto del contribuente”. In secondo luogo, su tale domanda il giudice d’appello ha espressamente pronunciato, ritenendo “legittima l’attività di controllo svolta dall’Ufficio di cui all’art. 32 citato” (cfr. p.4 sentenza), originata dal “controllo effettuato dalla società (da cui) erano sorti elementi tali da far presumere l’esercizio di una attività in parallelo” (cfr. ibidem), in quanto ritenuta rispettosa della disciplina sugli accertamenti bancari.

– Con il secondo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52 oltre che della L. n. 212 del 2000, art. 10, per aver la CTR avallato l’azione dell’Agenzia la quale aveva d’ufficio attribuito una partita IVA al contribuente, socio di maggioranza e legale rappresentante di società di capitali già oggetto di accertamento per la medesima annualità con provvedimenti definitivi a seguito di adesione, per un attività di impresa esercitata a titolo individuale e coincidente con quella della società.

– La censura è destituita di fondamento, dal momento che: “L’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 5135 del 28/02/2017, Rv. 643237 – 01; conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21132 del 13/10/2011, Rv. 619581 – 01). Non risulta contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari acquisiti in sede di accertamento nei confronti della società di capitali e, dunque, ben poteva l’Agenzia utilizzare tali dati nei confronti del socio e legale rappresentante, anche attribuendogli d’ufficio una partita IVA, non ostandovi l’accertamento con adesione concluso dall’Agenzia con la società, dotata di autonomia patrimoniale e soggettività distinta dal contribuente, nè il ricorrente dimostra e neppure allega l’identità dei fatti e delle contestazioni nei confronti dei due soggetti che ove sussistesse potrebbe in astratto configurare una duplicazione di imposizione sul medesimo presupposto.

– Con il terzo motivo, articolato in via subordinata ai primi due, il contribuente deduce la nullità della sentenza – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice d’appello a suo dire omesso di pronunciare sulle due domande formulate dal contribuente in via subordinata alla richiesta principale di annullamento dell’atto impositivo, nella specie di esame delle ulteriori giustificazioni addotte e documentate, e di annullamento della ripresa degli imponibili eventualmente confermati ai fini IVA e IRAP.

– Il motivo è infondato. Va reiterato che “Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte.” (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 01, conforme a Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 – 01).

– Si legge nell’atto di appello, con riferimento ai due passaggi rilevanti per l’identificazione delle due domande su cui la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi:”si insiste, sia pure in via subordinata affinchè codesta commissione regionale, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduca ulteriormente la pretesa avanzata” e ” si insiste quindi, sia pure in via di mero subordine (…) affinchè codesta commissione regionale, in parziale riforma della sentenza impugnata, (…) annulli altresì le riprese ai fini IVA e IRAP” (cfr. pp.10 e 11 del ricorso). Orbene, poichè la CTR ha confermato la integrale legittimità dell’operato dell’Ufficio, sulla scorta di quanto accertato in primo grado, ha necessariamente anche rigettato in via implicita le domande subordinate riduttive della pretesa.

– In conclusione, il ricorso va rigettato e al rigetto segue la liquidazione delle spese di lite come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti eri versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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