Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11910 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28436/2017 proposto da:

INSO SYSTEM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

N.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GREZ STUDIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABRIZIO LOFOCO;

– ricorrente –

contro

COMUNE MONTEIASI, in persona del Commissario Prefettizio Dott.ssa

B.D., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FABRIZIO CECINATO;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1594/2017 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata

il 01/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso in

relazione al 3 motivo;

udito l’Avvocato FABRIZIO LOFOCO;

udito l’Avvocato ATTILIO TAVERNITI per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La Inso System S.r.l., creditrice della (OMISSIS) s.r.l., in virtù del Decreto Ingiuntivo n. 489 del 2012, emesso dal Tribunale di Bari, sottoponeva a pignoramento presso terzi i crediti che la propria debitrice vantava nei confronti del Comune di Monteiasi, per Euro 97.653,68.

Il Comune pignorato rendeva dichiarazione ampiamente positiva, puntualizzando al contempo di aver già subito un pignoramento da parte di un altro creditore della (OMISSIS) e di avere perciò una disponibilità limitata ad Euro 87.141, 25.

Il Giudice dell’esecuzione, g.o.t. Avv. B., emetteva in data 14.10.2013 un’ordinanza di assegnazione somme con la quale disponeva che il Comune di Monteiasi, terzo pignorato, versasse la somma di Euro 98.653,00 alla Inso System.

La Inso System, il 24 ottobre 2013, provvedeva a notificare l’ordinanza di assegnazione al Comune, che non proponeva opposizione.

Nella ricostruzione della Inso System s.r.l., in data 14 maggio 2014 il difensore della società, nel verificare il fascicolo 2216/13 del Tribunale di Taranto, apprendeva dell’esistenza di un’ordinanza di correzione dell’errore materiale riferita alla ordinanza di assegnazione, emessa dallo stesso giudice (Avv. B.) il 28 marzo 2014, che manteneva ferma l’assegnazione della somma di Euro 98.653,00, ma la integrava prevedendo che dovesse essere corrisposta soltanto “alla maturazione del 4 SAL da parte della società debitrice” e che pertanto il Comune di Monteiasi avrebbe provveduto “al pagamento solo al raggiungimento del 4 SAL da parte della società (OMISSIS) s.r.l.”.

2. – La società Inso System proponeva opposizione agli atti esecutivi, convenendo in giudizio, dinanzi al Tribunale di Taranto, il Comune di Monteiasi, affinchè il Giudice dell’esecuzione revocasse il provvedimento di correzione per:

a) assoluta mancanza dei presupposti per l’emissione dello stesso;

b) violazione del contraddittorio;

c) difetto di titolarità delle funzioni di Giudice dell’esecuzione in capo al giudice onorario al momento dell’adozione dell’ordinanza correttiva. Il Comune si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione proposta. Il Tribunale di Taranto ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti della debitrice (OMISSIS), che veniva, dunque, convenuta in giudizio dalla Inso System, ma rimaneva contumace.

3. – Il Giudice adito rigettava l’opposizione agli atti esecutivi e compensava le spese (con sent. 1594/2017), affermando che:

a) il provvedimento di correzione aveva solo specificato – senza incidere sulla sostanza decisoria della precedente ordinanza di assegnazione – che si trattava di somme maturande. Peraltro, dal momento che l’ordinanza di assegnazione non era ancora stata eseguita, il giudice avrebbe finanche, in quella fase, potuto esercitare il potere di sostanziale modifica del titolo esecutivo conferitogli dall’art. 487 c.p.c.;

b) nel processo esecutivo non sussiste un vero e proprio diritto al contraddittorio (Cass. n. 17874/2011);

c) il terzo motivo di doglianza non poteva essere esaminato perchè allegato all’udienza del 28 novembre 2014, decorsi i termini di cui all’art. 617 c.p.c..

Il Tribunale riteneva comunque che, poichè l’Avv. B., pur non esercitando più la funzione di Giudice dell’esecuzione alla data di emissione dell’ordinanza di correzione, esercitava ancora funzioni giudicanti civili presso altra sezione dello stesso Tribunale, l’ordinanza non dovesse ritenersi inesistente.

4. – La INSO SYSTEM ricorre per Cassazione avverso detta pronuncia con ricorso articolato in otto motivi ed illustrato da memoria, in cui la ricorrente chiede anche la condanna del controricorrente ex art. 96 c.p.c.. Il Comune di Monteiasi resiste con controricorso.

Il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., intimato, non ha svolto attività difensiva in questa sede.

In memoria, la Inso System formula eccezione di giudicato esterno, richiamando e producendo la sentenza n. 2769 del 2015 del Tribunale di Taranto e la successiva sentenza n. 34 del 2020 della Corte d’Appello di Lecce.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 113,115,484,488,617 c.p.c., nonchè l’omessa valutazione di un fatto decisivo, per non aver il giudice di primo grado valutato l’operato del giudice dell’esecuzione, nè preso in considerazione tutti i documenti contenuti nel fascicolo dell’esecuzione.

La ricorrente lamenta che le sue doglianze relative alla costituzione del giudice – fondate sul fatto che il GOT avrebbe adottato il provvedimento di correzione quando aveva cessato di essere giudice dell’esecuzione e quella procedura esecutiva era stata assegnata ad altro giudice (circostanze che la ricorrente afferma di aver scoperto solo molto tempo dopo, attraverso i provvedimenti dell’effettivo g.e., tanto che il nuovo giudice dell’esecuzione, togato, rigettava altra istanza di correzione proposta dal Comune il 22.4.2014 e, con provvedimento del settembre 2014, affermava che il provvedimento del GOT B. non si dovesse tenere in alcun conto) – siano state erroneamente ritenute tardive, perchè formulate solo all’udienza e sulla base di documentazione prodotta solo all’udienza: evidenziando che esse erano relative a fatti e documenti formatisi successivamente rispetto alla proposizione della opposizione agli atti esecutivi.

Con il secondo motivo si denuncia l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 158 c.p.c., non avendo il giudice di primo grado ritenuto di rilevare (d’ufficio) il vizio di costituzione del GOT nel momento in cui emetteva l’ordinanza di correzione del 28.3.2014.

Con il terzo motivo, si segnala la violazione degli artt. 617 e 618 c.p.c., per non aver il giudice di primo grado seguito la procedura prevista per le opposizioni agli atti esecutivi.

Denuncia la ricorrente che il giudice adito non abbia nè adottato i provvedimenti indilazionabili, nè fissato un termine per l’inizio del giudizio di merito, sopprimendo così lo spazio processuale nel quale l’opponente avrebbe potuto esercitare il diritto di chiedere la revoca del provvedimento al quale si opponeva e di segnalare, con le memorie ex art. 183 c.p.c., l’intervenuta adozione, da parte del giudice titolare della procedura, del provvedimento di revoca dell’ordinanza di correzione.

Con il quarto motivo, si denuncia la violazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione agli artt. 487,287,288 c.p.c., per aver il giudice di primo grado ritenuto legittimo il provvedimento di correzione, nonostante la revocabilità dell’ordinanza del 14 ottobre 2013, non avendo avuto quest’ultima, al momento della proposizione dell’istanza di correzione, alcuna attuazione.

Con il quinto motivo, si denuncia la violazione degli artt. 487, 2987, 288, e 115 c.p.c., per aver il giudice di primo grado ritenuto legittimo il provvedimento di correzione del 28 marzo 2014, sulla scorta dell’errata affermazione di non incisività dello stesso sulla portata decisoria del precedente provvedimento di assegnazione e per non aver considerato tutta la documentazione esistente nel fascicolo d’ufficio della procedura esecutiva.

Con il sesto, si denuncia la violazione degli artt. 543,552,553 c.p.c. e si censura la sentenza impugnata evidenziando che ai fini del pignoramento presso terzi è necessaria, pur in presenza di crediti futuri, l’esistenza di crediti dotati di potenzialità satisfattiva.

Con il settimo motivo, si denunzia la violazione dell’art. 487 c.p.c., per non aver il giudice di primo grado considerato revocata l’ordinanza di correzione del 28 marzo 2014-10 aprile 2014, dalle successive ordinanze in data 22.4.2014 e 17.9.2014 del giudice dell’esecuzione, mai impugnate, nonchè per non aver considerato il fatto decisivo consistente nella revoca dell’ordinanza di correzione del 28 marzo 2014.

Infine, con l’ottavo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 159,487,176,617 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., per aver ritenuto il giudice di primo grado che il giudice dell’esecuzione non avesse violato il principio del contraddittorio, nell’emanare i provvedimenti di correzione.

Preliminarmente, quanto all’eccezione di giudicato esterno formulata dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., deve dirsi che essa è del tutto inconsistente, in quanto fa riferimento a due provvedimenti inidonei a fondare il giudicato: il primo, la sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 34 del 2020, pubblicata il 28 gennaio 2020, non poteva essere passata in giudicato nè alla data di deposito della memoria e neppure alla data del 26 febbraio 2020, in cui la causa è stata discussa in udienza pubblica.

Quanto alla sentenza n. 2769 del 2015 del Tribunale di Taranto, la relativa produzione documentale è inammissibile in quanto tardiva, ben potendo la stessa esser prodotta fin dal momento del deposito dell’atto introduttivo del giudizio di cassazione. Contrariamente a quanto afferma la ricorrente in memoria, infatti, non si tratta di documento venuto in essere successivamente all’instaurazione del presente giudizio, nè di giudicato esterno formatosi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, solo nel qual caso la produzione documentale non troverebbe ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c. (v. Cass. n. 1534 del 2018: “Nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo”).

Il ricorso è comunque ampiamente fondato.

In particolare, è fondato il terzo motivo.

Infatti, dalla ricostruzione della dinamica processuale offerta dalla ricorrente, non contestata sul punto dal Comune controricorrente e confermata dalla lettura del provvedimento impugnato, emerge un modus procedendi del tutto svincolato dalle norme del codice di rito, cui consegue la cassazione della sentenza impugnata.

Lo svolgimento del procedimento di opposizione agli atti esecutivi non ha rispettato la necessaria distinzione tra fase sommaria e successiva fase di merito a cognizione piena, in violazione di quanto previsto dall’art. 618 c.p.c. (analogamente del resto a quanto previsto dagli artt. 616 e 619 c.p.c., per le altre opposizioni esecutive).

Sebbene risulti che la parte opponente abbia proceduto regolarmente alla instaurazione della fase sommaria del suddetto procedimento, con ricorso al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 2, quest’ultimo non ha proceduto nelle forme previste dalla legge, finendo per sovrapporre, arbitrariamente e del tutto illegittimamente, le due indicate fasi del giudizio di opposizione (e cioè la prima inderogabile fase sommaria che si deve svolgere davanti allo stesso giudice dell’esecuzione e la successiva eventuale fase di merito a cognizione piena, che si svolge, solo a seguito di iniziativa di una delle parti, davanti al giudice competente per materia e/o territorio).

Egli avrebbe dovuto limitarsi a trattare la fase preliminare sommaria del procedimento, ai sensi dell’art. 618 c.p.c., emettendo, anche di ufficio, gli eventuali provvedimenti indilazionabili e comunque fissando il termine per la instaurazione della fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione.

Al contrario, il giudice dell’esecuzione ha direttamente provveduto anche alla trattazione della fase a cognizione piena dell’opposizione, riservando la causa per la decisione, senza che risulti lo svolgimento dell’udienza di prima comparizione e l’assegnazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, per la precisazione delle domande e l’integrazione dei mezzi istruttori e senza che risulti, neppure l’avvenuta assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali.

Come già più volte affermato da questa Corte (cfr Cass. n. 29342 del 2019, Sez. 3, Sentenza n. 21258 del 20/10/2016, Rv. 642952-01; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19061 del 31/07/2017, Rv. 645354-01; Sez. 6-3, Ordinanza n. 25255 del 25/10/2017, Rv. 646826-01; Sez. 3, Sentenza n. 26830 del 14/11/2017, Rv. 646639-02), laddove il giudice dell’esecuzione, correttamente adito ai sensi dell’art. 615 o dell’art. 617 c.p.c., invece di limitarsi a svolgere la fase sommaria del procedimento e a fissare il termine per l’instaurazione del giudizio di merito a cognizione piena, emetta direttamente la sentenza di merito, senza peraltro neanche osservare le corrette modalità di svolgimento del giudizio contenzioso e senza far precisare le conclusioni di merito, si determina la nullità del procedimento e della stessa sentenza di merito.

Anche il quinto motivo è fondato, in quanto il provvedimento adottato era di sostanziale modifica della già emessa ordinanza di assegnazione e non di semplice correzione di errore materiale, perchè sostituiva ad una assegnazione immediata e incondizionata una assegnazione eventuale, futura e condizionata: pertanto, non avrebbe potuto legittimamente essere adottato con il procedimento ex artt. 287 e 288 c.p.c., che non risulta peraltro neppure essere stato ritualmente attivato ed applicato, in quanto non risulta che il giudice abbia disposto la preventiva comparizione delle parti ex art. 288 c.p.c., in ciò violando anche il contraddittorio sul punto, come specificamente qui lamentato con l’ottavo motivo, che rimane assorbito dall’accoglimento del quinto.

In accoglimento del terzo e del quinto motivo, assorbito l’ottavo, la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari altri accertamenti in fatto questa Corte, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 384 c.p.c., comma 3, può decidere questa causa nel merito, accogliendo l’opposizione ed annullando il provvedimento di “correzione” impugnato.

Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

PQM

Accoglie il terzo e il quinto motivo di ricorso, assorbito l’ottavo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione ed annulla il provvedimento impugnato; liquida le spese del primo grado di giudizio in Euro 10.200,00, le spese del presente grado in Euro 13.100,00, oltre 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dall’estensore anche nella qualità di consigliere anziano del collegio in luogo del presidente, per impedimento di questi, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a), (Decreto del Primo Presidente della Corte suprema di Cassazione del 18-19/03/2020, n. 40).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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