Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11910 del 10/06/2016

Cassazione civile sez. III, 10/06/2016, (ud. 15/02/2016, dep. 10/06/2016), n.11910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26326/2013 proposto da:

A.A. (OMISSIS), A.M.

(OMISSIS), in proprio ed in qualità di eredi di M.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELL’ACQUA

BULLICANTE 212, presso lo studio dell’avvocato ROGER JEAN

GALLIZZI, rappresentati e difesi dall’avvocato DANIELE METAFUNE

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato ELIO VITALE,

rappresentato e difeso dall’avvocato T.F. difensore

di sè medesimo;

ALLIANZ SPA (già SPA RAS conferitaria dell’Azienda di LLOYD

ADRIATICO SPA), in persona dei procuratori Dr. C.A. e

dr.ssa G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA

88, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

S.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 275/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 02/05/2013, R.G.N. 1110/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;

udito l’Avvocato ELIO VITALE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il fatto trae origine da un sinistro stradale tra un’autovettura ed un autocarro in cui perse la vita M.A.. A seguito del giudizio penale, il conducente dell’autocarro fu condannato mentre fu assolto il conducente dell’auto A.A. (marito della M.) e, a quest’ultimo, costituitesi civilmente sia in proprio che in qualità di esercente la potestà sul figlio minore M., fu riconosciuta una provvisionale rispettivamente per il primo di 10 milioni (Lire) per il secondo di 20 milioni.

Successivamente gli A.A., e C., proprietario e terzo trasportato con lesioni, e M., conferirono mandato all’avvocato T. per convenire in giudizio il conducente dell’autocarro e la sua assicurazione. Ma a causa del comportamento negligente del professionista che fece prescrivere i termini per poter agire in giudizio, furono costretti a rivolgersi ad un secondo avvocato, S.T..

Nel 1999 A.A. e M., anche in qualità di eredi di M.A. e A.L., in qualità di erede di C., convennero in giudizio l’avvocato T.F. per sentirne dichiarare la responsabilità professionale per non aver adempiuto al mandato conferitogli volto ad ottenere l’integrale ristoro del danno da loro subito in conseguenza della morte di M.A..

Sostenne l’avvocato che il suo inadempimento non aveva causato alcun pregiudizio ai fini risarcitori in quanto il diritto risarcimento in presenza di condanna generica, contenuta nella sentenza penale, si prescriveva nel lungo termine di 10 anni, dal passaggio in giudicato della sentenza. Termine non ancora spirato allorquando, nel marzo del 1992, aveva restituito il fascicolo ad A. a seguito delle contestazioni inviategli dall’avvocato S. cui ricorrenti si erano rivolti.

Chiese, comunque, di chiamare in causa, ai fini della manleva, la Lloyd Adriatico spa.

Successivamente, autorizzati dal giudice istruttore, convennero anche l’avvocato S. per gli stessi motivi.

Il Tribunale di Senigallia con la sentenza numero 49/2003 rigettò la domanda nei confronti dell’avv. T. perchè il diritto all’azione di risarcimento si sarebbe prescritto nel 2001, molto dopo la data di restituzione del fascicolo al cliente. Nei confronti dell’avv. S., invece, per mancanza di prova del conferimento del mandato.

2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 275 del 2 maggio 2013. La Corte ha confermato la sentenza del Tribunale per A.A. e M., in proprio ed in qualità di eredi di M.A..

Ha accolto, invece, la domanda di A.A. e L., quali eredi di C., perchè andava applicato (ex art. 2947 c.c., comma 3) il termine di prescrizione del reato di lesioni gravissime (5 anni) perchè C. non si era costituito parte civile nel giudizio penale. Pertanto la Corte ha riconosciuto la responsabilità professionale dell’avvocato T. condannandolo al pagamento di Euro 8000. Ha, conseguentemente, accolto la domanda di manleva ed ha condannato l’assicurazione Lloyd Adriatico a tenere indenne l’assicurato.

3. Avverso tale decisione, A.A. e M. propongono ricorso in Cassazione sulla base di 1 motivo articolato in più censure, illustrato da memoria.

3.1 Resistono con controricorso autonomi, l’avv. T. e la Allianz Spa.

3.2. Tutte le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti si dolgono che il giudice del merito ha ritenuto inammissibili le deduzioni inerenti la presunta violazione, da parte del controricorrente, dei doveri di informazione nello svolgimento del mandato difensivo.

4.2. Con il secondo motivo deducono la violazione delle norme che stabiliscono i principi di diligenza del debitore nell’adempimento delle obbligazioni in generale, e di quelle professionali in particolare, e dei principi di buona fede correttezza nell’esecuzione del contratto.

4.3. Con l’ulteriore motivo di ricorso i ricorrenti lamentano il mancato esame dei fatti allegati, con la loro memoria ex art. 180 c.p.c. e consistenti nel concorso dei due professionisti convenuti nella causazione del danno e delle false informazioni che hanno reso ai clienti determinando la prescrizione del diritto al risarcimento.

4.4. Con l’ultimo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la scorretta applicazione dell’art. 345 c.p.c., in ordine ad un profilo del danno da loro subito e consistente non nella prescrizione del loro diritto risarcitorio, ma nella sua sopravvenuta opinabilità a seguito del decorso del tempo e del mancato tempestivo azionamento del diritto da parte dei due avvocati. A sostegno di tale censura, affermano che tale aspetto doveva ritenersi compreso nella richiesta volta al risarcimento di tutti i danni subiti.

5. I 4 motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono tutti inammissibili.

Sono inammissibili laddove prospettano, in maniera generica ed attraverso una superficiale esposizione della vicenda, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

Anzi tutto, va rilevato che il vizio della sentenza di merito, ove dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dev’esserlo non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, come questa Corte ha ripetutamente evidenziato, mediante “specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti” intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità e/o dalla prevalente dottrina, diversamente non ponendosi la Corte regolatrice in condizione d’adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 2707/2004; Cass. n. 5581/2003).

Nella specie i ricorrenti pur denunciando, apparentemente, violazione di legge ed un omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, chiedono in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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