Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1191 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 22/01/2010), n.1191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– ricorrenti –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia (Milano Sez. staccata di Brescia), Sez. 63, n. 116/63/04

del 14 giugno 2004, depositata il 28 giugno 2004, notificata il 28

ottobre 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18 dicembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Raffaele Botta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Lette le conclusioni scritte del P.G., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

Letto il ricorso dell’amministrazione relativo ad una controversia concernente una richiesta del contribuente di rimborso dell’IRAP per difetto del presupposto impositivo, richiesta ritenuta legittima in primo e secondo grado;

Preso atto che il contribuente non si è costituito;

Ritenuto che debba essere preliminarmente dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quanto lo stesso non ha partecipato al giudizio d’appello proposto in epoca successiva al 1 gennaio 2001 e al quale ha preso parte esclusivamente l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Brescia (OMISSIS) (ex plurimis, v.

Cass. n. 3557/2005) e che in relazione a tale inammissibilità debbano essere compensate le spese della presente fase del giudizio, stante il consolidamento dei suddetti principi in epoca successiva alla proposizione del ricorso;

Visto che il ricorso poggia su due motivi con i quali si denuncia: a) violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in ordine al concetto di autonoma organizzazione; b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in ordine alla necessità che manchi l’impiego di capitali e di dipendenti o collaborati per poter escludere la soggezione all’imposta dell’attività professionale;

Ritenuto il ricorso sia manifestamente fondato quanto al secondo motivo sulla base del principio espresso da Cass. n. 5011 del 2007:

“In tema di IRAP, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, postula che l’attività abituale ed autonoma del contribuente si avvalga di un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la sua capacità produttiva; non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità”. Nel caso di specie il giudice di merito ha, in base ad un errato principio di diritto esentato dall’IRAP un professionista dotato di studio e avvalentesi di due segretarie.

Il ricorso è, invece, manifestamente infondato quanto al primo motivo sulla base del principio espresso da Cass. n. 3677 del 2007:

“In tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e all’art. 53, comma primo, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.

Ritenuto che la sentenza impugnata debba essere consequenzialmente cassata e che, ricorrendone le condizioni, la causa possa essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario del contribuente;

Ritenuto che la formazione e il consolidamento dei principi enunciati in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifichi la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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