Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11909 del 10/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/06/2016, (ud. 15/02/2016, dep. 10/06/2016), n.11909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25524/2013 proposto da:

B.B., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ALBERTO CARONCINI, 51, presso lo studio dell’avvocato

CORRADO SCIVOLETTO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO

BOSCO con studio in MILANO CORSO XXII MARZO N. 4, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

CARSO 34, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE BARTOLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITO GALLO giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 952/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/03/2013, R.G.N. 2060/11;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato SALVATORE BARTOLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. B.B. convenne in giudizio il rag. S.D. per ottenere il risarcimento del danno per avere omesso di svolgere, con la dovuta diligenza, il rendiconto della gestione dei conti correnti cointestati con la madre, nn. (OMISSIS).

Conti per cui la madre aveva convenuto il figlio giudizio per chiedere la restituzione degli importi da lui introitati a seguito della loro illegittima e unilaterale estinzione.

Il Tribunale di Milano con la sentenza numero 3512/2011 rigettò la domanda dell’attore. Ritenne il giudice, sulla base di quanto osservato dalla c.t.u. espletata al fine di verificare se il convenuto avesse fedelmente diligentemente assolto all’incarico conferitogli, che non era individuabile a carico del convenuto alcuna delle omissioni contestategli in sede di atto introduttivo (omessa richiesta di documentazione bancaria e mancata allegazione della stessa in sede di rendiconto).

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 952 del 4 marzo 2013. Ha ritenuto la corte d’appello che la puntuale disamina della documentazione prodotta nel fascicolo di primo grado dell’appellante ha permesso di accettare che S. procedette alla precisa ricostruzione dei movimenti contabili dei due conti correnti cointestati all’appellante alla di lui madre sulla base degli estratti conto richiesti dal B. stesso alla banca presso cui erano stati accesi. E che furono consegnati tutti libretti di assegni e le contabili di conto corrente di cui il B. era all’epoca in possesso e che all’esito del loro esame lo S. ha redatto il rendiconto e restituito tutta la documentazione consegnatagli. Per quanto riguarda poi, la qualità del rendiconto risulta redatto con sufficiente precisione.

3. Avverso tale decisione, B.B. propone ricorso in Cassazione sulla base di 5 motivi.

3.1 Resiste con controricorso il Rag. S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il controricorrente preliminarmente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di procura speciale.

L’eccezione è infondata. La procura è idonea ed è stata rilasciata appositamente per il ricorso di Cassazione come si evince anche dalla elezione di domicilio fatta presso un avvocato di Roma.

4.1 Con il primo motivo di ricorso il B. lamenta l’omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, per aver il giudice del merito non considerato che il ricorrente si doleva di non essere stato avvertito dal professionista della necessità di depositare i documenti a sostegno del rendiconto effettuato.

Il motivo è inammissibile.

E’ inammissibile perchè l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c., non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 (da ultimo Cass. 329/2016). La differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 cod. proc. civ. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello), mentre nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia. Nel caso di specie si verte nel primo caso perchè il ricorrente si lamenta che il giudice ha frainteso quello che era il vero motivo dell’appellante fornendo una motivazione che non inerisce l’oggetto dello stesso.

4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 5, per aver considerato motivo d’appello una semplice osservazione sulla inopportunità, piuttosto che sull’illegittimità di aver disposto una consulenza tecnica d’ufficio in un caso in cui non ve n’era bisogno. Si duole quindi che il ragionier S. aveva richiesto al cliente per svolgere il suo compito professionale, una documentazione inidonea è insufficiente allo scopo, e che tale sia stata poi giudicata dei giudici che hanno condannato il ricorrente.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.

Come correttamente motivato dal giudice del merito è ininfluente ai fini della eventuale riforma della sentenza impugnata. Inoltre nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Il ricorrente si limita ad affermazione apodittiche prive di specificità.

4.3. Con il terzo quarto e quinto motivo, il ricorrente lamenta la contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si duole che lo S. non lo ha avvertito di richiedere tutta la documentazione inerente alle singole operazioni di conto corrente contenute nel rendiconto che gli era stato ordinato di presentare e della loro efficacia probatoria per contestare le deduzioni contabili di controparte. Conseguentemente era stata inutile la consulenza tecnica espletata.

I motivi sono infondati.

E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011). Come appunto nel caso di specie. Tra l’altro i motivi altro non sono che una mera ripetizione dei precedenti.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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