Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11909 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 06/05/2021), n.11909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23309-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato PREDEN SERGIO,

PATTERI ANTONELLA, CARCAVALLO LIDIA, CALIULO LUIGI;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati INSALATA GIULIO, DORIA MARCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3077/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 19/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Presidente Relatore Dott. DORONZO

ADRIANA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

il Tribunale di Lecce, adito da Giuseppe Boccarella, ha condannato l’Inps a ricalcolare la pensione (categoria VOCOM), già liquidata al ricorrente con decorrenza dal gennaio 2009, mediante rivalutazione dei contributi agricoli versati e relativi agli anni anteriori al 1984, nei limiti del triennio anteriore alla presentazione del ricorso giudiziario, compensando per metà le spese del giudizio e condannando l’Inps al pagamento della restante metà;

investita delle impugnazioni con separati ricorsi dall’Inps e dal B. (l’appello di quest’ultimo concernente solo la regolamentazione delle spese), la Corte d’appello di Lecce li ha entrambi rigettati, compensando le spese del grado;

in particolare ha ritenuto, per quanto ancora qui d’interesse, che l’eccezione di decadenza totale del diritto alla riliquidazione, sollevata dall’Inps, fosse infondata, dal momento che alla luce del quadro normativo di riferimento, in particolare del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1, convertito in L. n. 111 del 2011, la decadenza doveva essere limitata ai soli ratei maturati prima del triennio che ha preceduto l’azione giudiziaria;

l’Inps propone la cassazione della sentenza formulando un unico motivo di ricorso, al quale ha resistito con controricorso il B.;

la proposta del relatore è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

in prossimità dell’adunanza, entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo l’Inps censura la sentenza per violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, come novellato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 111, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1, e del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito in L. 1 giugno 1991, n. 166;

ritiene che ai sensi dell’art. 38 citato, il diritto al ricalcolo di un trattamento pensionistico già in essere è soggetto a decadenza, il cui termine prende avvio dal riconoscimento parziale della prestazione, quanto alle pensioni che sono state riconosciute solo parzialmente dopo l’entrata in vigore del decreto legge, e dall’entrata in vigore del decreto legge (6 luglio 2011) quanto alle pensioni riconosciute parzialmente precedentemente alla novella legislativa;

alle riliquidazioni non possono applicarsi in via analogica i diversi termini previsti dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito in L. 1 giugno 1991, n. 103, per la ipotesi di domanda giudiziaria avente ad oggetto il riconoscimento di pensione;

ulteriore conseguenza è che la presentazione del ricorso oltre il termine unitario previsto dal D.L. n. 98 del 2011 (“dalla data del riconoscimento parziale”) comporta la decadenza totale dal diritto, non invece la decadenza con riferimento ai singoli ratei;

il ricorso deve essere accolto;

la questione, oggetto di numerose pronunce di questa Corte, è stata di recente risolta con sentenza 14 dicembre 2020, n. 28416, la quale ha così affermato: “Con riferimento all’applicabilità del termine di decadenza di cui all’art. 47, come modificato dall’art. 38 citato, va qui ribadito il principio ormai affermatosi (a partire da ord. 7756/2016 e sent. n. 29754/2019), secondo cui, in applicazione dei principi n. 28485/2017 e delle ragioni enunciati dalle SU di questa Corte con la sentenza n. 15352/2015 (…) il termine di decadenza introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1) del, convertito in L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trovi applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione (6/7/2011)”.

La citata pronuncia delle SU è intervenuta nella materia delle emotrasfusioni e in particolare sulla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9.

La norma che ha introdotto un termine di decadenza è stata interpretata dalle S.U. nel senso che il detto termine decorre dalla entrata in vigore della legge per le ipotesi di epatiti post trasfusionali contratte (e accertate) anteriormente alla sua emanazione.

Dalla sentenza sono tuttavia enucleabili principi validi anche nell’interpretazione della decadenza introdotta dall’art. 42 citato e che inducono a discostarsi dalla precedente giurisprudenza di questa Sezione.

In particolare le Sezioni unite hanno esaminato, al pari della fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte, un problema di diritto transitorio attinente alla determinazione dell’incidenza di una legge sopravvenuta che introduca ex novo un termine di decadenza su una situazione ancora pendente.

Con la citata pronuncia, premesso che la previsione di un termine di decadenza da parte del legislatore certamente non può avere effetto retroattivo e cioè non può far considerare maturato, in tutto o in parte, un termine facendolo decorrere prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, si è affermato, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.

Secondo la citata pronuncia tale soluzione realizza il “bilanciamento di due contrapposte esigenze e cioè, da un lato, quella di garantire l’efficacia del fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, e, dall’altro, quella di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014).

Bilanciamento che deve tener conto della natura dell’interesse del privato da salvaguardare, che ha per oggetto non già una situazione definita – non potendosi configurare, nel caso di specie, un diritto a conservare un termine prescrizionale – bensì un semplice affidamento a fruire del termine prescrizionale per far valere il proprio diritto, affidamento che deve essere tutelato in modo ragionevole ed equilibrato secondo i parametri da tempo precisati dalla Corte costituzionale”.

In conclusione, richiamati gli argomenti esposti nei precedenti citati ed in armonia con la pronuncia delle sezioni unite del 2015, deve concludersi per l’applicabilità dell’art. 42 citato come modificato.

In applicazione di questi principi il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda, essendo incontestato che il ricorso giudiziario è stato presentato in data 3/9/2015 e che pertanto è decorso oltre un triennio dall’entrata in vigore del decreto legge.

L’obiettiva controvertibilità della questione, solo di recente composta da questa Corte con la sentenza citata, giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di B.G.. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 marzo 2021.

Il Presidente estensore

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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