Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11900 del 06/05/2021
Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 06/05/2021), n.11900
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29314-2019 proposto da:
C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE, 76, presso lo studio dell’avvocato SIMONA MALVAGNA, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA
PULLI, PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA;
– controricorrente –
avverso il decreto n. R.G. 35226/2018 del TRIBUNALE di ROMA,
depositato il 18/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA
MARIA LEONE.
Fatto
RILEVATO
Che:
Il Tribunale di Roma in sede di procedimento ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., aveva omologato il requisito sanitario in capo a C.E. relativo alla indennità di accompagnamento con decorrenza dal marzo 2018 ed aveva integralmente compensato tra le parti le spese del giudizio in considerazione della decorrenza del requisito sanitario. Avverso tale ultimo capo della decisione, relativo alla compensazione delle spese, l’assistito proponeva ricorso affidato a due motivi. Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1) Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 132 c.p.c., commi 3 e 4, e dell’art. 445 bis c.p.c. in merito alla compensazione delle spese di lite.
Parte ricorrente si duole della mancata motivazione nel provvedimento circa la scelta del tribunale di compensare le spese.
2) Con il secondo motivo è censurata la violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 132 c.p.c., commi 3 e 4, e dell’art. 445 bis c.p.c.. Violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione alle spese di lite, che, a giudizio della parte ricorrente, avrebbero dovuto essere poste a carico dell’istituto.
I motivi possono essere congiuntamente trattati.
Parte ricorrente si duole della compensazione delle spese di lite a fronte dell’accoglimento della domanda, in assenza di motivazione da parte del giudice circa la scelta compensativa.
Deve premettersi che nel decreto oggetto di impugnazione il tribunale di Roma ha statuito di tener conto, ai fini della regolamentazione delle spese processuali e di CTU “della data di decorrenza del requisito sanitario”; ha quindi compensato le spese di lite.
Dalla documentazione allegata da parte ricorrente nel ricorso in esame emerge che la domanda amministrativa era stata presentata dalla ricorrente in data 21.11.2017 e che il ctu ha riconosciuto la esistenza delle condizioni sanitarie utili alla richiesta prestazione dal marzo 2018. Da quest’ultima data è stato riconosciuto il requisito sanitario.
La sequenza temporale è quella considerata dal tribunale allorchè ha statuito di tener conto, ai fini della regolamentazione delle spese, della “data di decorrenza del requisito sanitario”, evidentemente successiva rispetto alla presentazione della domanda amministrativa. Tali le ragioni della compensazione adottata dal giudice, peraltro coerente con i principi, in merito, già espressi da questa Corte:
“In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti” (Cass. n. 19613/2017).
E’ stato anche precisato che “La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2), si verifica – anche in relazione al principio di causalità – nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero venga accolta parzialmente l’unica domanda proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri” (cass. n. 20888/2018).
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Legge di stabilità 2013).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021