Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1190 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giusep – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 02406/2014 R.G. proposto da:

Edilizia Restauri s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi

Gianfelice, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.

Stefano Palmieri, in Roma via Cola di Rienzo 297.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 145/02/2013 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il giorno 26 giugno 2013.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14

ottobre 2020 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Edilizia Restauri s.r.l. impugnò l’avviso di accertamento spiccato dall’Agenzia delle Entrate, con il quale vennero ripresi a tassazione maggiori redditi ai fini IRES, IRAP e IVA, per l’anno d’imposta 2004.

L’impugnazione venne parzialmente accolta in primo grado, con la rideterminazione da parte del giudice del reddito effettivamente imponibile; proposto appello principale dalla contribuente ed incidentale dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza depositata il giorno 26 giugno 2013, respinse il gravame principale e accolse parzialmente quello incidentale, accertando in misura ancora diversa i maggiori redditi conseguiti dalla contribuente, per effetto del mancato riconoscimento della deducibilità di taluni costi.

Avverso la detta sentenza, la Edilizia Restauri s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce la Edilizia Restauri s.r.l. violazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 nonchè degli artt. 137,148,149 e 156 c.p.c., avendo il giudice d’appello erroneamente ritenuto valida la notifica dell’avviso di accertamento, nonostante la sua inesistenza, vizio insanabile neppure per raggiungimento dello scopo dell’atto.

1.2. Il motivo è manifestamente infondato.

Secondo l’orientamento costante di questa Corte, in caso di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo eseguita direttamente dall’Ufficio finanziario, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 14 si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, e non quelle di cui alla suddetta legge concernenti esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c., sicchè non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario (Cass. 14/11/2019, n. 29642; Cass. 04/07/2014, n. 15315).

Dunque, deve ritenersi che, come correttamente osservato dalla commissione tributaria regionale, l’avviso di accertamento per cui è giudizio, sia stato esattamente notificato alla contribuente dall’amministrazione finanziaria ricorrendo al mezzo postale, senza che possa discorrersi di nullità o addirittura di inesistenza della relativa notifica.

2. Con il secondo motivo denuncia la violazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, atteso che la commissione tributaria regionale ha attribuito valenza probatoria allo scostamento registrato tra i ricavi dichiarati rispetto a quelli previsti dai c.d. “studi di settore”, nonostante si trattasse di differenze assai marginali e sostanzialmente trascurabili.

2.1. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha sì ritenuto legittimo l’accertamento impugnato, ma partendo da presupposto che lo stesso “non appare dunque fondato sullo studio di settore, ma sul comportamento antieconomico del contribuente”.

3. Con il terzo mezzo eccepisce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), poichè il giudice di merito ha ritenuto la legittimità dell’accertamento impugnato, ancorchè lo stesso non fosse fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti.

4. Con il quarto mezzo lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), considerato che il giudice di merito ha omesso di esaminare il fatto storico decisivo per il giudizio, concernente la contestata antieconomicità dell’attività di impresa svolta dalla contribuente.

4.1. I due motivi, connessi per l’oggetto, possono trovare esame congiunto e sono entrambi inammissibili.

Lamentando violazione di legge e omesso esame di un fatto storico, in realtà la ricorrente intende sottoporre al Giudice di legittimità, in maniera inammissibile, una nuova rivalutazione degli elementi indiziari utilizzati per addivenire alla rideterminazione dei redditi per cui è giudizio.

Nè può dirsi che la commissione tributaria regionale non abbia esaminato la questione concernente la negata antieconomicità dell’attività d’impresa, in dipendenza della necessità di tenere conto anche dei compensi corrisposti nel corso dell’esercizio sociale ad uno dei suoi soci, avendo al contrario la sentenza impugnata espressamente affermato – richiamando per relationem sul punto la motivazione del giudice di primo grado – che, pure tenendo conto della remunerazione corrisposta al detto socio lavoratore, rimaneva ferma la rilevata incongruenza tra i ricavi dalie prestazioni e i costi di produzione, che risultavano gli uni comunque inferiori agli altri.

5. Con il quinto motivo afferma la violazione del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, art. 1 in relazione all’art. 53 Cost., atteso che non riconoscendo i costi deducibili sostenuti per l’acquisto di carburante, solo perchè carenti delle relative “schede carburanti”, il giudice d’appello ha violato il principio della tassazione in base alla reale capacità contributiva.

5.1. Il motivo è manifestamente infondato, per la decisiva considerazione che secondo l’orientamento costante di questa Corte, sia in tema di tributi erariali diretti che di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto è subordinata al fatto che le c.d. “schede carburanti” – che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare – siano compiete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa (Cass. 26/09/2018, n. 22918; Cass. 18/12/2014, n. 26862; Cass. 26/11/2014, n. 25122; Cass. 15/03/2013, n. 6606).

6. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

Respinge il ricorso Condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, oltre alle spese prenotate a debito e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per ii versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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