Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11897 del 30/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/05/2011, (ud. 12/04/2011, dep. 30/05/2011), n.11897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F., quale erede di F.A., deceduta,

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati OLDRINI

ALESSIO, FISCO OLDRINI ANNA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

DIREZIONE PROVINCIALE DEI SERVIZI VARI DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende, ope

legis (Atto di costituzione dep. il 15/01/2010);

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 137/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/06/2009 R.G.N. 180/008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2011 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata La Corte d’appello di Brescia rigettava l’appello proposto da B.F., erede di F. A., avverso la statuizione di primo grado con cui era stata rigettata la domanda proposta dalla dante causa nei confronti dell’Inps per ottenere l’indennità di accompagnamento per il periodo in cui la medesima si era dovuta sottoporre a chemioterapia a causa di una carcinosi peritoneale diffusa da adenocarcinoma. La Corte condivideva il giudizio espresso dal primo giudice sulla scorta di consulenza medica per cui, anche se era presumibile che nel corso dell’ultimo ciclo di chemioterapia le condizioni fisiche della signora F. si fossero deteriorate, non vi era alcuna documentazione attestante gravi alterazioni motorie o intellettive idonee a renderla non autonoma nella svolgimento degli atti quotidiani della vita, non essendo sufficiente l’attestazione per cui la medesima era nell’impossibilità di accedere autonomamente al day hospital.

Avverso detta sentenza il soccombente ricorre con due motivi e l’Inps resiste con controricorso, mentre il Ministero dell’Economia ha depositato atto di costituzione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione della L. n. 508 del 1988 e con il secondo omessa e insufficiente motivazione.

Premesso che la F. era stata sottoposta a chemioterapia per undici mesi nel periodo di complessivi sedici mesi si lamenta che la Corte non abbia attribuito il giusto rilievo al certificato attestante la impossibilità di accedere autonomamente al day hospital. Il ricorso non è fondato.

La ricorrente non ha infatti contestato che l’unico certificato medico allegato era quello esaminato dai Giudici di merito sulla impossibilità di accedere autonomamente al day hospjStal per la terapia chemioterapica, ma deduce il contrasto della sentenza con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, le persone affette da patologie oncologiche e debilitate dalla chemioterapia possono ottenere l’indennità di accompagnamento anche a fronte di brevi periodi di inabilità.

I Giudici dell’appello, nell’uniformarsi alla consulenza tecnica non avrebbero considerato che la ricorrente durante tutto il periodo della chemioterapia era fortemente debilitata nel fisico e nella mente, e – di conseguenza – impossibilitata a compiere le attività proprie della sua età, avendo bisogno di un accompagnatore.

Invero la giurisprudenza ha affermato che il problema del trattamento chemioterapico non può essere risolto in astratto, con l’affermazione che esso comporti sempre e di per sè, oppure non comporti, il diritto alla indennità di accompagnamento, ma costituisce una situazione di fatto, sicchè si deve esaminare caso per caso se esso comporti, per gli alti dosaggi e per i loro effetti sul singolo paziente, anche per il tempo limitato della terapia, le condizioni previste dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (Cass. n. 25569 del 2008). Come si è sopra rilevato, la pronuncia oggetto del presente ricorso, non nega in astratto la riconoscibilità dell’indennità’, ma ritiene con motivazione congrua che nel caso di specie non vi fosse la prova dei presupposti. Per altro verso, occorre rilevare come la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12521 del 2009) ha affermato che secondo l’univoco orientamento giurisprudenziale formatosi sulla questione (Cass. n. 9785 del 1991, n. 1339 del 1993, n. 636 del 1998, n. 6882 del 2002), le condizioni previste dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1, (nel testo modificato dalla L. n. 508 del 1988, art. 1, comma 2) per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con la conseguente necessità di assistenza continua. Si tratta chiaramente di situazioni che prescindono da episodici contesti, dovendo essere verificato nella loro inerenza costante al soggetto e non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, quale, ad esempio, il portarsi fuori della propria abitazione, ovvero la necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana, pur dovendosi intendere in senso relativo la nozione di “continuità” della necessità dell’assistenza. In definitiva, i requisiti sono diversi e ben più rigorosi della semplice difficoltà nella deambulazione o nel compimento di altri atti.

La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese nei confronti della parte costituita.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese nei confronti della parte costituita.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2011

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