Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11893 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/05/2017, (ud. 10/01/2017, dep.12/05/2017),  n. 11893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11067-2014 proposto da:

S.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato MARCO

PETROCELLI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ERICSSON TELECOMUNICAZIONI S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo Studio Legale GERARDO VESCI &

PARTNERS, rappresentata e difesa dall’Avvocato GERARDO VESCI, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

I.M.T. – INNOVATION MANAGEMENT TOOLS S.R.L. (già S.p.A.) IN

LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimata –

e contro

S.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato MARCO

PETROCELLI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 9889/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/05/2013 R.G.N. 2532/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato LEONARDO VESCI per delega verbale Avvocato GERARDO

VESCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale per quanto di ragione, rigetto dell’incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 9889/2012, depositata il 6 maggio 2013, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda con la quale S.V. aveva chiesto che venisse accertata la illegittimità della cessione ex art. 2112 c.c. del suo contratto di lavoro dalla Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. alla IMT – Innovation Management Tools S.p.A., sul rilievo della provata estraneità del ricorrente al ramo di azienda ceduto; la Corte riteneva peraltro che all’accertamento di illegittimità della cessione non potesse seguire la richiesta condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro già occupato presso la cedente e ciò in quanto da una sentenza della medesima Corte, prodotta dal ricorrente in allegato alle note difensive finali in grado di appello e relativa ad una causa analoga promossa da altro dipendente di Ericsson, risultava che il ramo di azienda oggetto di cessione era ritornato nella titolarità della originaria datrice di lavoro, con conseguente sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il lavoratore con tre motivi; la S.p.A. Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi, ricorso a cui ha resistito a propria volta il lavoratore con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente principale, deducendo la nullità del procedimento per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 183 c.p.c., comma 4, nonchè dell’art. 111 Cost., comma 2, (art. 360, n. 4), censura la sentenza impugnata nel capo relativo alla ritenuta cessazione della materia del contendere sulla domanda di reintegrazione nel posto di lavoro presso la cedente Ericsson Telecomunicazioni S.p.A.: pronuncia alla quale il giudice di secondo grado era giunto sull’esclusivo rilievo che il ramo di azienda ceduto era stato retrocesso alla società Ericsson e peraltro senza che tale circostanza, tratta da una sentenza della Corte di appello di Roma depositata dal lavoratore unitamente a note autorizzate, fosse mai stata addotta in giudizio da nessuna delle parti e mai avesse formato oggetto, tra di esse, di alcuna discussione. Precisa, il ricorrente, di non essere, invece, mai rientrato in Ericsson, dal momento che la cessionaria I.M.T. lo aveva ceduto ad una terza società, e che, se la questione fosse stata oggetto di contraddittorio, in conformità alle norme richiamate, egli avrebbe potuto facilmente chiarire l’effettivo svolgersi dei fatti ed evitare l’equivoco in cui la Corte era poi caduta.

Con il secondo motivo, deducendo la nullità del procedimento per violazione delle norme di cui all’art. 115 c.p.c., commi 1 e 2, (art. 360, n. 4), il ricorrente censura la sentenza per avere la Corte territoriale fondato la propria decisione su un fatto non risultante da una prova ritualmente proposta e acquisita al processo, costituendo la sentenza, in linea generale, un semplice precedente giurisprudenziale, volto a rafforzare le tesi giuridiche sostenute dalle parti, nè potendo la stessa ascriversi alla categoria dei fatti notori.

Con il terzo motivo, infine, deducendo la nullità della sentenza (art. 360, n. 4), il ricorrente principale si duole che la Corte territoriale, nel pronunciare la declaratoria di sopravvenuta cessazione della materia del contendere, non abbia motivato o lo abbia fatto in modo apparente, non consentendo il mero rinvio (come nella specie) ad altra decisione di dare conto delle effettive ragioni alla base del convincimento del giudice e di rendere possibile il controllo della ragionevolezza della sua decisione.

Con il proprio ricorso incidentale condizionato la Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ha impugnato la sentenza nel capo di pronuncia relativo alla dichiarata illegittimità del trasferimento dell’appellante alla cessionaria I.M.T. – Innovation Management Tools S.p.A.: con il primo motivo, per nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 4), avendo la Corte omesso di pronunciarsi sull’eccezione, avanzata dalla società nella memoria difensiva in appello, di acquiescenza del lavoratore all’intervenuto mutamento organizzativo; con il secondo, per violazione dell’art. 2697 c.c. (art. 360, n. 3), avendo la Corte ritenuto che la società Ericsson, pur essendo gravata del relativo onere, non avesse provato che il lavoratore era inserito nel ramo di azienda ceduto.

Ciò posto, si osserva che è fondato, e deve essere accolto, il primo motivo del ricorso principale.

Al riguardo, si deve premettere che la presente fattispecie è regolata dalla disciplina anteriore alla L. 18 giugno 2009, n. 69, con la quale è stato introdotto l’art. 101 c.p.c., comma 2 risultando l’instaurazione del giudizio precedente la data (4 luglio 2009) della sua entrata in vigore.

Peraltro, già nel vigore di tale disciplina questa Corte aveva ripetutamente osservato che “il giudice non può decidere la lite in base ad una questione rilevata d’ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, dovendo invece procedere alla segnalazione della questione medesima e riaprire su di essa il dibattito, dando spazio alle consequenziali attività delle parti. Infatti, ove lo stesso giudice decida in base a questione rilevata d’ufficio e non segnalata alle parti, si avrebbe violazione del diritto di difesa per mancato esercizio del contraddittorio, con conseguente nullità della emessa pronuncia” (Cass. n. 15194/2008).

E ancora era stato precisato che “la mancata segnalazione da parte del giudice di una questione, rilevata d’ufficio per la prima volta in sede di decisione, che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto dì difesa delle parti, private dell’esercizio del contraddittorio e delle connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione decisiva ai fini della deliberazione. Pertanto se la violazione si sia verificata nel giudizio d’appello, la sua deduzione come motivo di ricorso in sede di giudizio di legittimità, determina la cassazione con rinvio della pronuncia impugnata, affinchè ai sensi dell’art. 394 c.p.c., comma 3 possano essere esplicate le attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a causa della decisione solitariamente adottata dal giudice”: Cass. n. 10062/2010; conformi, fra le altre: Cass. n. 11928/2012; Cass. n. 11453/2014.

Nell’accoglimento del primo, restano assorbiti il secondo e il terzo motivo del ricorso principale.

Il ricorso incidentale condizionato non può essere accolto.

Il primo motivo è, infatti, inammissibile per difetto di interesse, posto che l’eccezione, sulla quale il giudice di appello avrebbe omesso di pronunciare, riguarda una questione (l’acquiescenza del lavoratore al proprio trasferimento alla Divisione D, poi oggetto di cessione alla società I.M.T.) assorbita nella pronuncia della Corte che, in accoglimento della relativa eccezione dell’appellata, ha ritenuto inammissibile, in quanto nuova, la domanda – contenuta nel terzo motivo di appello – avente ad oggetto la illegittimità di tale trasferimento (cfr. sentenza impugnata, pp. 2-3).

Parimenti inammissibile è il secondo motivo.

Esso, infatti, tende a sollecitare a questa Corte, sub specie di violazione dell’art. 2697 c.c., una diversa lettura del materiale di prova acquisito al giudizio, contrapponendo a quelle della sentenza le valutazioni del ricorrente ed una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a sostegno della decisione adottata: operazione, peraltro, già preclusa nel vigore della norma di cui all’art. 360, n. 5, nella formulazione anteriore alla riforma del 2012, potendo il giudice di legittimità sottoporre a controllo le argomentazioni del giudice di merito unicamente sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale e a quest’ultimo competendo, in via esclusiva, individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere dalla risultanze del processo quelle ritenute più idonee al fine di dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottese (giurisprudenza costante; cfr., fra le molte, Cass. n. 6288/2011); ed ora operazione totalmente esterna al perimetro del “nuovo” vizio motivazionale, quale radicalmente ridefinito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, e precisato nella sua portata applicativa dalle sentenze di questa Corte a Sezioni Unite n. 8053 e n. 8054 del 2014. In conclusione, l’impugnata sentenza della Corte di appello di Roma n. 9889/2012 deve essere cassata in relazione al primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo e il terzo e respinto il ricorso incidentale condizionato, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale si atterrà al principio di diritto espresso nelle pronunce sopra richiamate.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo e il terzo e respinto il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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