Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11891 del 10/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/06/2016, (ud. 21/12/2015, dep. 10/06/2016), n.11891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18046-2013 proposto da:

ALFAN DI V.A., & C. SNC (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore V.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato

IORIO PAOLO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MULTIPRESS SRL nella persona del suo rappresentante legale

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CATONE

21, presso lo studio dell’avvocato PROIETTI ENZO che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

ICCREA BANCAIMPRESA già BANCA AGRILESING S.P.A. in persona del

Dott. F.A. in qualità di Procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio

dell’avvocato BALIVA MARCO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BALIVA SILVIA; giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 520/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/01/2013, R.G.N. 11008/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2015 dal Consigliere Dott. FRASCA RAFFAELE;

udito l’Avvocato IORIO PAOLO;

udito l’Avvocato BALIVA MARCO;

udito l’Avvocato PROIETTI ENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIANFRANCO Servello, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Alfan di V.A. & C. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Banca Agrileasing e la s.r.l.

Multipress avverso la sentenza del 29 gennaio 2013, con cui la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile per difetto di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c., l’appello principale di essa ricorrente e parzialmente accolto quello incidentale della Banca Agrileasing avverso la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Roma il 30 ottobre 2003.

2. La controversia era insorta a seguito della proposizione da parte della Banca Agrileasing dell’opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto nel (OMISSIS) nei suoi confronti dalla s.r.l.

Multipress per l’importo di L. (OMISSIS) quale corrispettivo dovuto in relazione ad un contratto di leasing stipulato nel (OMISSIS), con cui la banca aveva acquistato una macchina industriale per concederla in locazione finanziaria alla utilizzatrice s.n.c. Alfan di V.A. & C..

La banca, opponendosi al decreto aveva dedotto l’inesatto adempimento della fornitura del macchinario e chiesto la risoluzione del contratto di fornitura e di quello di leasing ed aveva convenuto la società utilizzatrice per sentirla condannare, qualora l’opposizione e le proprie domande fossero state rigettate, al pagamento dei canoni scaduti e da scadere.

Nella costituzione della società opposta e dell’utilizzatrice, il tribunale rigettava l’opposizione al decreto, ritenendo che la s.r.l.

Multipress avesse regolarmente adempiuto le sue obbligazioni e, in accoglimento delle domande subordinate svolte dalla banca contro l’utilizzatrice qui ricorrente, condannava la medesima, con conferma di un’ordinanza ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c., emessa in corso di causa, al pagamento in favore della banca delle mensilità di canone di locazione finanziaria scadute e di quelle a scadere.

3. Al ricorso proposto contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma hanno resistito con separati controricorsi la ICCREA Bancaimpresa, qualificandosi come già Banca Agrileasing, e la s.r.l. Multipress.

Quest’ultima ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Priva di pregio è l’eccezione relativa alla procura, sollevata da una delle resistenti.

1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., art. 121 c.p.c., e dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.,. comma 1, n. 3”.

Vi si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto carente di specificità l’appello proposto dalla qui ricorrente.

Il motivo non è fondato.

1.1. Dopo il richiamo – dall’inizio sino alle prime due righe della pagina 10 – di giurisprudenza sull’esegesi dell’art. 342 c.p.c., nel testo anteriore alla sostituzione operata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, nella L. n. 132 del 2012, la sua illustrazione procede con il richiamo del primo passo della motivazione della sentenza impugnata, che è del seguente tenore: “la Alfan impugnato la sentenza denunciando i vizi che la affliggevano in particolare ha posto in evidenza gli errori che il primo giudice avrebbe commesso nella valutazione della domanda della Multipress s.r.l. anche in considerazione degli esiti di un altro procedimento civile azionato dalla stessa Alfan innanzi al Tribunale di Brescia (in esito ad un decreto ingiuntivo ottenuto dalla Alfan e poi opposto dalla Multipress), nel quale era emerso l’inadempimento della venditrice Multipress per non aver consegnato un macchinario idoneo al suo funzionamento stante la mancanza di parti essenziali allo scopo (e non semplici optionals, come ritenuto dal giudice di primo grado)”.

Riguardo al riportato passo motivazionale si assume che “un simile esordio sembra, in effetti, riconoscere pacificamente la presenza di motivi di appello, evidenziando una marcata contraddittorietà”.

1.1.1. L’assunto è privo di pregio, perchè non si sostanzia nel rimarcare una contraddittorietà derivante dal riconoscimento nelle affermazioni della Corte territoriale dell’esistenza di motivi specifici, bensì solo di “motivi di appello”.

Poichè la questione posta dal motivo è che fossero stati dedotti motivi specifici, il fatto che la Corte capitolina abbia detto che nell’appello si erano posti “in evidenza gli errori che il primo giudice avrebbe commesso nella valutazione della domanda della Multipress s.r.l. non si comprende come possa considerarsi un’affermazione contraddittoria rispetto alla valutazione di specificità dell’appello.

Essa sottende solo che una lamentela era stata prospettata, ma non che essa lo fosse stata in modo specifico.

1.2. Si riporta, poi, il passo motivazionale successivo, che è del seguente tenore: “nel motivare le ragioni di impugnativa la società appellante ha fatto richiamo alle cause in corso con la società Multipress s.r.l., alle ragioni di contrasto fra dette due società sulle origini delle rispettive pretese (legate alla fornitura della macchina flessografica ordinata dalla Alfan nel 1996), ha esposto un dettagliato elenco delle singole cause civili con domande ed eccezioni proposte, ma non ha indicato una sola ragione di tale censura verso le motivazioni su cui si basa la sentenza impugnata qui appellata. Ai sensi dell’art. 342 c.p.c., l’appello deve essere basato su motivi specifici e non su generiche rimostranze o su astratte considerazioni che non hanno reale contenuto di contrasto delle argomentazioni su cui si basa la sentenza appellata: infatti, ai fini della validità dell’appello non è sufficiente che l’atto di gravame consenta di individuare le statuizioni completamente impugnate, ma è altresì necessario, quando la sentenza di primo grado sia stata censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente specificità, da correlare, peraltro, con la motivazione della sentenza impugnata, con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assoluta, dall’altro lato, esso esige sempre che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime (così Cass. Civ., sez. lav., 19-02-2009, n. 4068).

Immediatamente di seguito alla riproduzione di tale passo motivazionale si dice che la Corte territoriale, quindi, avrebbe riportato “senza alcuna considerazione aggiuntiva, la motivazione del primo giudice”, cosa che, in effetti, la sentenza impugnata fa fra virgolette dalla metà della pagina 6 sino alla metà della 8, ma premettendo – cosa che il ricorso sottace – ‘affermazione che “in particolare va considerato che la sentenza appellata aveva ampiamente motivato le ragioni del rigetto sia dell’opposizione come della domanda della Alfan s.n.c.”.

L’illustrazione del motivo riporta, quindi, il passo immediatamente successivo con cui la Corte dice che “ne consegue che le censure che la Alfan s.n.c. ha esposto nel suo atto di appello non hanno alcuna valenza contestativa di quelle motivazioni rivelandosi delle mere –

astratte – critiche alla assunta decisione in quanto negativa nei suoi confronti, ma non argomentate con riferimento ai rilievi giuridici e fattuali esposti dal primo giudice”.

Dopo avere riportato tale ulteriore passo motivazionale si assume che: “in questo modo, tuttavia, la Corte territoriale riconosce non solo, come già notato, l’esistenza di “censure” nei confronti della sentenza appellata, ma le qualifica come “critiche” alla decisione impugnata, critiche che, peraltro, secondo la Corte dovrebbero ritenersi meramente astratte, traendone la conseguenza che ciò comporterebbe la carenza di specificità dei motivi di appello”.

La corte capitolina non avrebbe chiarito, però, nè a quali censure dell’appellante si riferisca nè il motivo per il quale tali censure e tali critiche dovrebbero ritenersi astratte”. Essa avrebbe omesso sul punto qualsiasi motivazione e si sarebbe limitata ad un giudizio immotivato, di modo che la ricorrente non sarebbe stata posta in condizioni “di svolgere alcuna verifica critica, almeno direttamente”.

1.2.1. L’assunto è privo di fondamento: invero, là dove la Corte territoriale, dopo avere riprodotto la motivazione della sentenza impugnata ha affermato che le censure esposte nell’atto di appello “non hanno alcuna valenza contestativa di quelle motivazioni rivelandosi delle mere – astratte – critiche alla assunta decisione in quanto negativa nei suoi confronti, ma non argomentate con riferimento ai rilievi giuridici e fattuali esposti dal primo giudice”, ha, invece, enunciato, sebbene relazionando l’affermazione alla motivazione della sentenza di primo grado riportata che le critiche ad essa non risultavano svolte prendendo in considerazione i rilievi giuridici e fattuali esposti dal primo giudice”.

La motivazione della mancanza di specificità è, dunque, enunciata nel senso che, tenuto conto della motivazione della sentenza di primo grado in quanto riprodotta, l’atto di appello non si era curato di quei rilievi.

La critica di tale motivazione, uno dei cui termini di riferimento, l’atto di appello, è indicato per relationem, si sarebbe dovuta svolgere evidenziando che quelli che riassuntivamente la Corte territoriale ha evocato come “i rilievi fattuali e giuridici” emergenti dalla motivazione della sentenza del primo giudice risultavano sottoposti invece non solo a critica, ma anche ad una critica specifica.

2. Di ciò è consapevole la stessa ricorrente, la quale, dopo quanto si è riferito, osserva (pag. 12) che “appare quindi indispensabile, per valutare la fondatezza del giudizio di astrattezza dei motivi di appello formulato dalla Corte territoriale, prendere in esame le ragioni della decisione del primo giudice” e, quindi, le riassume di seguito sino alla pagina 13, per poi far seguire la riproduzione di alcuni brani dell’appello che, a suo dire sarebbero stati diretti a criticare specificamente la motivazione del primo giudice.

3. Senonchè, il tentativo non riesce, perchè:

a) già lo stesso esordio dell’atto di appello riportato a partire della seconda metà della pagina 14, là dove nella prima proposizione avrebbe dovuto in quella sede individuare la motivazione del Tribunale tradisce l’effettivo tenore di essa, siccome si risconta dalla sentenza del Tribunale siccome riportata dalla sentenza qui impugnata, perchè non lo registra in modo puntuale;

b) ne segue che, quanto l’atto di appello, nella proposizione successiva evoca le risultanze di altro giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Brescia, per evidenziare la critica alla pretesa motivazione, chi lo legge a petto della motivazione effettiva della sentenza di primo grado percepisce che l’argomentare non si parametra all’effettiva motivazione della sentenza del tribunale;

c) ciò è tanto vero che si ignora completamente nell’atto di appello l’affermazione a pagina 8 della sentenza impugnata nella quale la Corte territoriale ha detto perchè, dalle considerazioni svolte circa le risultanze emergenti dalla documentazione esaminata prima fin dalla metà della pagina 6 riguardo al tenore degli accordi contrattuali, emergeva “sul piano probatorio… l’irrilevanza della documentazione, anche proveniente da altri giudizi, prodotta da Alfan di V.A. & C. s.n.c.;

d) quanto osservato rende del tutto inidonee le argomentazioni svolte nel ricorso sino alla metà della pagina 16, giacchè esse non solo non sono dirette a contestare in modo specifico la motivazione del Tribunale in ordine alla irrilevanza della documentazione di circostanze emerse in altro giudizio, ma ancora prima, sì che il tenore dell’appello avrebbe potuto essere dichiarato inammissibile a monte per mancanza di correlazione alla motivazione, il che, in queste sede potrebbe giustificare semmai una correzione della motivazione della sentenza impugnata, di nessun giovamento per la ricorrente;

e) quanto rilevato rende in conseguenza inidoneo a superare il rilievo di specificità dell’appello quanto la ricorrente argomenta a partire dalla seconda metà della pagina 16 richiamando un passo successivo della motivazione del suo atto di appello, là dove si indicavano appunto le emergenze dell’altro giudizio;

f) parimenti prive di pregio sono le considerazioni svolte dalla seconda metà della pagina 17 circa quello che viene definito come secondo motivo di appello, senza che, peraltro, così sia identificato nell’atto di appello, e che concerne la richiesta di consulenza tecnica: invero, si omette di considerare che il Tribunale (pag. 8) aveva espressamente esaminato la richiesta della c.t.u.

fatta dalla ricorrente, dopo avere esaminato quella della Agrileasing, e ci si astiene dall’evidenziare come e dove le sue argomentazioni fossero state contestate nell’atto di appello stesso;

g) in fine, quanto alle argomentazioni svolte in ordine ad un terzo motivo di appello (anche qui non espressamente identificato come tale nell’atto di appello), relativo ad una ritenuta novità da parte del Tribunale di una richiesta si annullamento per dolo del contratto, se ne deve constatare l’assoluta mancanza di parametrazione alla motivazione articolata a pagina 6 nella sua prima parte dal Tribunale.

4. In conclusione, il primo motivo è manifestamente infondato.

5. Va detto o anzi che prima ancora che aspecifico l’appello appariva non correlato alla motivazione della sentenza di primo grado, cioè non articolato con una critica alle effettive rationes decidendi di essa, il che, a tutto voler concedere, avrebbe anche giustificato, a monte rispetto alla sanzione di aspecificità, quella di inammissibilità per totale inidoneità dell’appello ad integrare un’impugnazione, esigendo essa, anche quando è a critica libera che ci si faccia carico della motivazione della sentenza impugnata, prima ancora che di essa ci si faccia carico con ragioni di impugnazione specifiche, cioè non meramente assertorie. Sicchè si profilerebbe, a tutto voler concedere, solo una possibile correzione della motivazione (ammissibile anche per gli errores in procedendo: Cass. n. 15810 del 2005; 5894 del 2006; 1615 del 2008), se non fosse che le stesse argomentazioni svolte nell’appello apparivano anche e comunque di assoluta genericità, come s’è veduto.

6. Con un secondo motivo si deduce “violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Le considerazioni svolte a proposito del primo motivo lo rendono manifestamente infondato, atteso che la Corte territoriale non può essere tacciata di avere omesso motivazione, dato che, come s’è detto, l’avere riportato la motivazione della sentenza del primo giudice e l’avere detto che l’appello, assunto nel suo contenuto per relationem, integrava una motivazione.

7. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti di entrambe le resistente e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alle resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate a favore di ognuna in Euro diecimiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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