Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11889 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. I, 18/06/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 18/06/2020), n.11889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAZZICONE Loredana – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10666-2018 r.g. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in

Roma, alla via A. Ciammarra n. 167, in persona del legale

rappresentante pro tempore P.M., rappresentata e difesa,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Enrico Liberati, presso il cui studio è elettivamente domiciliata

in Roma, Via del Casale Strozzi n. 31;

– ricorrente –

contro

Banca Sistema s.p.a., (cod. fisc. P. Iva (OMISSIS)), con sede in

Milano, Corso Monteforte n. 20, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta

in calce al controricorso, dagli Avvocati Anna Luisa Caimmi e Ivan

Carpigo, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Francesco

Morosini n. 12, presso lo studio dell’Avvocato Carpigo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata in

data 16.3.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

5/3/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha respinto il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 18 L. Fall., da (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione nei confronti della Banca Sistema s.p.a. e della Curatela del Fallimento della (OMISSIS) avverso la sentenza dichiarativa di fallimento emessa il 15.12.2016 dal Tribunale di Roma.

In sede di reclamo la società (OMISSIS) s.r.l. deduceva la nullità della notificazione della sentenza di fallimento, rilevando altresì che la predetta nullità determinava la nullità della sentenza stessa, a fronte della sua inesistenza e inefficacia nei confronti del debitore, con conseguente necessità di rimessione degli atti al tribunale ai sensi dell’art. 354 c.p.c..

La corte territoriale ha invece ritenuto il reclamo infondato, in quanto la dedotta nullità della notificazione della sentenza non incideva, in realtà, sulla validità del procedimento all’esito del quale era stato dichiarato il fallimento della società reclamante, ma solo, in ipotesi, sulla decorrenza dei termini per la proposizione del reclamo, termini che, nel caso in esame, non erano, peraltro, decorsi, evidenziando come la parte reclamante non avesse neanche prospettato alcuna doglianza sul merito della sentenza impugnata.

2. La sentenza, pubblicata il 15.3.2018, è stata impugnata da (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui la Banca Sistema s.p.a. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con l’unico motivo di censura la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 17 L. Fall. e dell’art. 143 c.p.c., per non aver la corte territoriale sanzionato la mancata osservanza dei termini di notifica della sentenza dichiarativa di fallimento al debitore previsti dall’art. 17 L. Fall. e per non aver dichiarato la nullità della notifica della sentenza dichiarativa di fallimento per violazione dell’art. 143 c.p.c. Osserva il ricorrente che la sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal tribunale risultava essere stata depositata in cancelleria in data 15.12.2016 e che la stessa era stata notificata, a cura dell’ufficiale giudiziario, al P.M. e al legale rappresentante della società fallita solamente in data 21.12.2016. Si evidenzia che l’art. 17 L. Fall., nella sua nuova formulazione, prevede, per gli effetti delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 5 del 2006, che la sentenza di fallimento debba essere notificata al debitore entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, laddove, nel caso in esame, la notifica era stata eseguita solo sei giorni dopo. Il ricorrente evidenzia, inoltre, che ulteriore violazione di legge si rintracciava nella modalità di notifica della sentenza dichiarativa di fallimento: nella relata di notifica, infatti, si leggeva che, in data 30.12.2016, la notifica effettuata presso il liquidatore della società fallita, P.M., non era andata a buon fine, perchè non rinvenuto nel luogo di residenza e che la stessa non era stata effettuata con le richieste modalità di cui all’art. 143 c.p.c..

2. Il ricorso è infondato.

Ante omnia, va superata l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo sollevata dalla società controricorrente, posto che – per giurisprudenza costante di questa Corte – la legittimazione al contraddittorio processuale, in sede di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese spetta al liquidatore sociale, proprio come avvenuto nel caso qui in esame (Cass., n. 23393/2016; Sez. 1, Sentenza n. 17208 del 11/07/2013).

2.1 Venendo ora al merito delle doglianze del ricorrente, occorre in primo luogo evidenziare come dalla lettura del provvedimento impugnato e del contenuto del ricorso introduttivo emerga con chiarezza che la società oggi ricorrente avesse dedotto, come motivi di doglianza in sede di reclamo ex art. 18 L. Fall., solo questioni processuali attinenti, da un lato, al mancato rispetto del termine di cui all’art. 17 L. Fall. per la notificazione alle parti della sentenza dichiarativa di fallimento e, dall’altro, al corretto perfezionamento del procedimento di notifica della predetta sentenza, ai sensi dell’art. 143 c.p.c..

2.2 Ciò detto, non può essere dimenticato che – secondo la costante giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità – deve ritenersi ammissibile l’impugnazione con la quale l’appellante si limiti a dedurre soltanto i vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.; nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientri in uno dei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 cit., è necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, l’appello fondato esclusivamente su vizi di rito, senza contestuale gravame contro l’ingiustizia della sentenza di primo grado, dovrà ritenersi inammissibile, oltre che per difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 12541de1 14/12/1998; cfr. anche: Sez. 3, Sentenza n. 10288 del 27/07/2001;Sez. 3, Sentenza n. 24612 del 03/12/2015). In realtà, affinchè il giudice di appello, rilevata una questione di nullità del giudizio di primo grado fuori dei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c., possa decidere la causa nel merito, è necessario che le questioni di merito siano state debitamente e ritualmente dedotte, con la conseguenza che l’appello fondato esclusivamente sul motivo della nullità del giudizio, senza contestuale gravame contro l’ingiustizia della sentenza di primo grado, deve considerarsi irrimediabilmente inammissibile. Detto altrimenti, la giurisprudenza di questa Corte – al fine di individuare le ipotesi in cui l’appellante possa limitarsi a dedurre con l’impugnazione soli vizi di rito, pur se, nella specie, la pronuncia impugnata abbia deciso anche sul merito in senso sfavorevole all’appellante – opera, dunque, una distinzione fra vizi che – se fondati – comportino la remissione della causa al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c. e vizi che tale remissione non comportano: nella prima ipotesi è ammissibile la deduzione di soli vizi di rito, nella seconda, invece, l’appello deve essere dichiarato inammissibile.

2.3 Ciò posto, osserva il Collegio come la dedotta questione del mancato corretto perfezionamento del procedimento notificatorio della sentenza dichiarativa di fallimento, come prevista dall’art. 17 L. Fall., non integri, invero, una censura che – se fosse stata accolta – sarebbe stata idonea a determinare la remissione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., così evidenziando, invero, già l’inammissibilità del reclamo proposto, ai sensi dell’art. 18 L. Fall..

3.3 Sul punto, è utile ricordare che, sempre secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, l’omissione della notifica della sentenza di fallimento al debitore non comporta la nullità della sentenza stessa, ma solo la mancata decorrenza del termine di trenta giorni per proporre reclamo ai sensi dell’art. 18 L. Fall. (sez. 1, sentenza n. 22083 del 26/09/2013, sez. 6, ordinanza n. 26427 del 8/11/2017; in senso conforme: n. 19429 del 2005, n. 5018 del 2009).

3.4 Nel caso in esame, peraltro, non si è neanche verificata la decorrenza del termine per la proposizione del reclamo ex art. 18 L. Fall. che è stato, in ogni caso, tempestivamente rispettato dalla società reclamante per la proposizione della impugnazione.

Ne consegue che la doglianza, così presentata già in sede di reclamo, oltre che essere infondata per la ragione da ultimo evidenziata, era da considerarsi radicalmente inammissibile perchè comunque non idonea qualora fosse stata anche fondata – a determinare una regressione del procedimento al primo giudice, e ciò proprio per l’assenza di doglianze che attingessero anche il merito della controversia.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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