Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11889 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/06/2016, (ud. 09/05/2016, dep. 09/06/2016), n.11889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21675-2013 proposto da:

C.A., ((OMISSIS)) P.C.

((OMISSIS)) in proprio e nella qualità di soci illimitatamente

responsabili della snc CELA Trasporti di C.A. e

P.C., elettivamente domiciliati in ROMA, STAZIONE

PRENESTINA 7, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA MAURO,

rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO FIORAVANTE ALIPERTI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

BORRELLO CIRO, FALLIMENTO CELA TRASPORTI SNC;

– intimati –

avverso la sentenza n. 95/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;

udito l’Avvocato Aliperti Vincenzo Fioravante difensore del

ricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 21675/2013:

“La Corte d’Appello di Napoli ha respinto il reclamo avverso la sentenza di fallimento della s.n.c. CE.La. Trasporti proposto dalla società; da C.A. e da B.C. in qualità di soci affermando:

a) la L. Fall., art. 118 invocato dai reclamanti nella parte in cui sancisce l’obbligo di provvedere alla cancellazione dell’impresa individuale e collettiva dopo la chiusura del fallimento, nelle ipotesi di cui ai nn. 3 e 4 della disposizione, è inapplicabile nella specie in quanto la pregressa chiusura dovuto a precedente dichiarazione di fallimento era intervenuta non nel vigore della nuova disciplina normativa;

b) Il credito azionato è superiore ai 30.000 Euro essendo stato precettato per 38.376. peraltro lo stato passivo annovera altri creditori per importi superiori ai 150.000 Euro. La società era attiva sin dal 2010 come risulta da concessione marittima nel porto di (OMISSIS).

c) I requisiti dimensionali sono stati contestati in termini esclusivamente generici producendo documentazione largamente incompleta;

d) In particolare non è stato depositato nè bilancio nè scritture contabili nè libro acquisti IVA o inventari con conseguente impossibilità di verificare volume d’affari e ricavi: le dichiarazioni fiscali sono del tutto incomplete. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione i reclamanti. Nel primo motivo hanno dedotto l’omesso esame sul fato decisivo costituito dal fatto che a causa della pregressa dichiarazione di fallimento la società, ancorchè non cancellata dal registro delle Imprese per inerzia colpevole del curatore non svolgeva attività imprenditoriale. Il credito azionato risaliva al 1999 come già evidenziato in sede di reclamo e cioè era anteriore alla precedente dichiarazione di fallimento.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità in ordine alla dedotta anteriorità del credito non essendo fornito alcun riscontro sulla già avvenuta formulazione del rilievo. E’ manifestamente infondato nella parte in cui nega lo svolgimento di attività imprenditoriale frutto di puntuale ed ampio accertamento nel provvedimento impugnato.

Nel secondo motivo viene riproposta sotto il profilo della violazione della L. Fall., art. 15 il mancato superamento della soglia dei 30.000 Euro.

La censura è inammissibile perchè non colpisce la ratio decidendi della pronuncia impugnata che sancisce il superamento della soglia in virtù degli accessori e sottolinea la sussistenza di debiti per oltre 150.000 Euro.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione della L. Fall., artt. 1 e 5 sotto il profilo della violazione dei principi regolativi dell’onere della prova in ordine al requisito dimensionale e del volume d’affari, neanche allegati dal creditore istante.

La censura è manifestamente infondata dal momento che i predetti requisiti sono accertati dal Tribunale fallimentare e possono essere riverificati dalla Corte d’Appello alla stregua dei documenti che il fallendo (o fallito) è tenuto a produrre ai sensi dell’art. 15, comma 5 e dell’esercizio dei poteri istruttori officiosi che gli organi giurisdizionali della procedura hanno conservato anche nel nuovo regime, in tema d’integrazione istruttoria (art. L. Fall., comma 2, lett. b), che consente di utilizzare il dato dei ricavi lordi “in qualunque modo risulti”, nonchè sulla L. Fall., art. 15, comma 4 e art. 18, comma 1). Nella specie è stata proprio la parte ricorrente a non aver adempiuto all’onere di produzione su di essa incombente anche a fini difensivi. Tale lacuna non può essere fatta valere come deficit allegativo dell’istante o della procedura.

In conclusione ove i predetti rilievi siano condivisi il ricorso deve essere rigettato.”.

Il collegio condivide senza rilievi la relazione, rigetta il ricorso.

Non si dà luogo alla statuizione delle spese processuali in mancanza della costituzione della parte resistente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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