Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11882 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 19/03/2021, dep. 06/05/2021), n.11882

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16348-2019 proposto da:

DITTA INDIVIDUALE G.T.S., in persona del titolare A.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONE IV, 99, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO SPAGNA MUSSO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

BIMAC SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANGELO VOLA e MARIO D’ONOFRIO

e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2886/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 21/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/03/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il (OMISSIS) la Ditta Individuale G.T.S. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Piacenza la BI.MAC. S.r.l., invocando la dichiarazione della risoluzione del contratto di compravendita di un macchinario per la produzione di cioccolata, intercorsa tra le parti, per grave inadempimento della convenuta, venditrice, la quale non aveva, in particolare, non consegnando all’acquirente G.T.S. il lay out, le cianografie e i macchinari nei termini rispettivamente previsti dal contratto.

Si costituiva in giudizio la convenuta resistendo alla domanda e spiegando riconvenzionale per l’accertamento dell’intervenuta risoluzione del diritto del contratto di cui è causa e la condanna dell’attrice al risarcimento del danno.

Con sentenza n. 890/2011 il Tribunale rigettava la domanda principale, accoglieva la riconvenzionale e condannava l’attrice al risarcimento del danno, nella misura di Euro 192.004,47.

Interponeva appello avverso detta decisione la G.T.S. e si costituiva in seconde cure BI.MAC., resistendo al gravame e spiegando appello incidentale in relazione alla quantificazione del danno accertata dal primo giudice.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 2886/2018, la Corte di Appello di Bologna rigettava tanto l’appello principale che quello incidentale.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione la Ditta Individuale G.T.S., affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso BI.MAC. S.r.l.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., e l’apparenza della motivazione, perchè la Corte di Appello non avrebbe svolto in modo corretto il giudizio sulla gravità dell’inadempimento, affidandosi a considerazioni generali, senza apprezzare la circostanza che la società venditrice non aveva rispettato i termini previsti dal contratto per la consegna dei disegni di lay out del macchinario, delle cianografie ed infine del macchinario stesso.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1218 e 1227 c.c., e l’apparenza della motivazione, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato la fattispecie, non applicando, in particolare, almeno un concorso di colpa a carico del danneggiato.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, poichè attingono entrambi al giudizio sulla gravità dell’inadempimento condotto dal giudice di merito, sono inammissibili.

Con esse, infatti, la parte ricorrente sollecita in sostanza un riesame del merito della controversia, da ritenersi estraneo a natura e finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

La Corte di Appello ha escluso l’inadempimento di BI.MAC. condividendo il giudizio operato dal Tribunale, i cui elementi salienti sono indicati nella parte in fatto della sentenza impugnata. In particolare, la Corte felsinea ha affermato che, sulla base delle prove documentali e testimoniali escusse in prime cure, era stato dimostrato che la società venditrice non aveva osservato un comportamento inerte, ma si era attivata, tra l’altro, per reperire il trasformatore elettrico del quale la G.T.S. si sarebbe dovuta dotare per consentire installazione e funzionamento del macchinario oggetto della fornitura (cfr. pag. 3). Si tratta di un accertamento di merito, articolato da un lato nella interpretazione del comportamento delle parti in relazione al contenuto del sinallagma contrattuale, e dall’altro nella valutazione delle risultanze istruttorie acquisite agli atti del giudizio di merito. Quanto al primo aspetto, va ribadito che “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 e ss. c.c….” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972); quanto al secondo profilo, invece, va ribadito che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Peraltro, con le censure in esame la ricorrente contrappone, in sostanza, alla valutazione del giudice di merito una differente ed alternativa lettura del dato negoziale, senza tuttavia considerare che “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui all’art. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018, Rv. 649677; in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013, Rv. 628585).

Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697,1176 e 1218 c.c., perchè il giudice di merito avrebbe dovuto considerare che il venditore non aveva rispettato i termini previsti dal contratto e non aveva tenuto un comportamento conforme con la regola della diligenza professionale.

Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’omesso esame, nell’ambito del giudizio sull’imputabilità dell’inadempimento, della mancata consegna, da parte di BI.MAC., dei documenti relativi all’installazione del macchinario compravenduto.

Le due censure, che meritano esse pure un esame congiunto, sono inammissibili.

Anche in questo caso, infatti, la parte ricorrente sollecita un riesame del merito e contesta l’interpretazione della condotta delle parti, e dunque l’apprezzamento di fatto, condotto dal giudice di merito in relazione alla valutazione dell’inadempimento e della sua gravità. La Corte di Appello, in particolare, ha ritenuto che BI.MAC. avesse legittimamente sospeso il proprio adempimento, avendo inutilmente sollecitato G.T.S. a fornirle alcuni dati senza i quali non le era possibile eseguire la prestazione: illuminante, sul punto, è il passaggio della motivazione in cui la Corte bolognese ha affermato “… la legittimità della sospensione, da parte di Bimac, di tutte le lavorazioni e della diffida ad adempiere inviata dalla stessa con lettera del (OMISSIS) (e ricevuta il (OMISSIS), cfr. doc. 11 fascicolo parte convenuta), con la quale veniva intimato alla società convenuta di far pervenire i dati necessari per il completamento del macchinario entro 15 giorni dalla ricezione, con l’avviso che diversamente il contratto si sarebbe ritenuto risolto. In data (OMISSIS) il contratto veniva risolto per inadempimento imputabile alla G.T.S.” (cfr. ancora pag. 3).

Tale affermazione implica un giudizio complessivo sul rapporto negoziale, all’esito del quale il giudice di merito ha ritenuto che l’inadempimento fosse imputabile alla società acquirente, la quale, su richiesta della venditrice, non aveva collaborato a fornire le informazioni necessarie ad assicurare la realizzazione del programma negoziale, rendendosi in tal modo inadempiente al sinallagma contrattuale.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15h, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 19 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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