Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1188 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giusep – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2261/2014 R.G. proposto da:

Covone s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Amatucci,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Antonio

Cepparulo, in Roma viale Camillo Sabatini 150.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– resistente –

Avverso la sentenza n. 203/32/2013 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, depositata il giorno 6 giugno 2013.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14

ottobre 2020 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Covone s.r.l. impugnò separatamente due avvisi di accertamento spiccati dall’Agenzia delle Entrate, con i quali vennero ripresi a tassazione maggiori redditi ai fini IRES, IRAP e IVA, per gli anni d’imposta 2006 e 2007.

Le due impugnazioni, previa riunione dei ricorsi, vennero integralmente accolte in primo grado; proposto appello dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza depositata il giorno 6 giugno 2013, dichiarò inammissibile il gravame avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale sull’accertamento per l’anno 2006 e accolse, invece, l’appello dell’Amministrazione sull’accertamento per l’anno 2007.

Avverso la detta sentenza, la Covone ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce la Covone s.r.l. violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, e art. 53, comma 2, nonchè dell’art. 327 c.p.c., poichè erroneamente la commissione tributaria regionale ha escluso che la sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate fosse già divenuta cosa giudicata al momento della notifica dell’atto appello, avvenuta per il tramite del servizio postale presso il difensore dell’appellata.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, il ricorso per cassazione con cui si denunci l’errore del giudice di merito in relazione alla percezione di documenti acquisiti agli atti del processo e menzionati dalle parti, non corrisponde ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c.; si tratta, piuttosto, di una inesatta percezione da parte del giudice delle circostanze poste a base del suo ragionamento in contrasto con le risultanze degli atti del processo, suscettibile quindi di essere denunciata esclusivamente con il mezzo della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4), (Cass. 09/10/2015, n. 20240).

Orbene, a fronte dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la notifica dell’atto di appello sarebbe avvenuta mediante consegna del plico all’ufficio postale “il 16.5.2012”, era onere della ricorrente impugnare con revocazione la pronuncia in esame, per fare valere l’errore di lettura in cui sarebbe incorso il giudice.

2. Con il secondo motivo lamenta la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, dell’art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), considerato che la commissione tributaria regionale ha riconosciuto valore indiziario alla c.d. “contabilità parallela” rinvenuta dalla Guardia di Finanza in sede di verifica, in mancanza di elementi certi circa l’esatta natura della detta documentazione e nonostante gli agenti verificatori non avessero contestato la risultanze della contabilità aziendale.

3. Con il terzo motivo eccepisce la violazione dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 atteso che il giudice di merito ha erroneamente riconosciuto valenza “altamente” indiziaria a talune parziali ammissioni rese dal responsabile amministrativo della contribuente, senza valorizzare le ulteriori dichiarazioni pure rese dal medesimo.

3.1. I due motivi, meritevoli di trattazione congiunta, sono manifestamente inammissibili, in quanto la ricorrente lamentando plurime violazioni di legge, in realtà intende sottoporre alla Corte una rivalutazione nel merito degli elementi indiziari già ampiamente esaminati e valutati dal giudice di merito.

E’ noto, del resto, che in tema di ricorso per cassazione, la censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 17/01/2019, in. 1229; Cass. 27/12/2016, n. 27000).

3.2. Inammissibile è pure la doglianza riferita al vizio di motivazione, atteso che, poichè è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la cui riformulazione, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 7/04/2014, n. 8053).

E nella vicenda all’esame non v’è spazio per censurare la contraddittorietà o insufficienza della motivazione resa, in difetto della puntuale allegazione di un fatto storico, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, di cui sarebbe risultato omesso il necessario esame.

4. Nulla sulle spese, considerato che l’Agenzia delle Entrate non ha depositato controricorso. Sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

Respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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