Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11871 del 27/05/2011
Cassazione civile sez. II, 27/05/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 27/05/2011), n.11871
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 19259/2008 proposto da:
SOCIETA’ ATLANTIS WORLD GROUP OF COMPANIES N.V., in persona del suo
procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO
VII 396, presso lo studio dell’avvocato GIUFFRIDA Antonio,
rappresentata e difesa dall’avvocato BARRECA CARMELO, giusta mandato
a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AAMS – MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AMMINISTRAZIONE
AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO, UFFICIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA;
– intimati –
avverso l’ordinanza n. R.G. 357/07 del GIUDICE DI PACE di MILANO,
depositata il 23/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
02/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;
udito l’Avvocato Barreca Carmelo, difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti, in subordine chiede la rimessione in termini e
deposita ricevuta postale;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla
osserva.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si legge quanto segue:
“Viene impugnata ordinanza con cui il Giudice di pace, convocate le parti e sentitele all’udienza, ha dichiarato inammissibile l’opposizione L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 22, proposta dall’attuale ricorrente avverso ordinanza ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria, ritenendo tardivo il relativo ricorso in quanto depositato oltre il termine di trenta giorni previsto dal comma 1 del richiamato art. 22.
L’impugnata ordinanza del Giudice di pace ha, però, valore sostanziale di sentenza, non essendo stata pronunciata inaudita altera parte, ai sensi dell’art. 23, comma 1 L. cit.. Come tale essa è dunque appellabile a seguito dell’abrogazione – disposta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26, comma 1, lett. b) – del richiamato art. 23, u.c..
Il ricorso si rivela dunque inammissibile…”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata all’avvocato della parte ricorrente;
che quest’ultimo obbietta, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che nella specie proprio il principio di prevalenza della sostanza sulla forma dei provvedimenti giurisdizionali dovrebbe far propendere per la qualificazione del provvedimento impugnato appunto quale ordinanza, e non quale sentenza, data la sua sostanziale analogia con l’ordinanza pronunciata ai sensi della cit. L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, non essendosi in concreto sviluppato alcun contraddittorio fra le parti sul punto della tardività dell’opposizione; in subordine, occorrerebbe consentire la “translatio judicii, con conservazione della tempestività dell’impougnazione”, pena la violazione degli artt. 3 e 24 Cost.;
che l’obbiezione non può essere condivisa sotto nessuno dei profili proposti, e dunque deve confermarsi l’orientamento già seguito da questa Corte in casi analoghi (cfr. Cass. 9667/2010, 24748/2009, 26150/2006);
che, infatti, ciò che rileva per la qualificazione del provvedimento qui impugnato, ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione previsto dalla legge, non è il suo contenuto, bensì la fase processuale nella quale è stato emesso, essendo appunto questo l’elemento al quale l’art. 23, cit., ricollega la determinazione del mezzo di impugnazione prevedendo, al comma 1, la ricorribilità per cassazione dei provvedimenti emessi inaudita altera parte e lasciando, invece, soggetti agli ordinari mezzi di impugnazione quelli emessi nel contraddittorio fra le parti (quali che siano i temi sui quali si sia in concreto svolto) all’esito dell’udienza;
che, inoltre, l’ammissione della translatio iudicii, invocata in subordine dalla ricorrente al fine di ovviare alla tardività di un eventuale appello, è questione non rilevante in questa sede, ma semmai nella sede dell’instaurando appello; onde neppure è rilevante la questione di legittimità costituzionale in proposito adombrata;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, in mancanza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011