Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11871 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 19/03/2021, dep. 06/05/2021), n.11871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38178-2019 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LATINA

276, presso lo studio dell’avvocato GIAN LUCA CARDARELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCA CONSOLI;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA

N. 30, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO SALUSTRI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CONCETTA NANNI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 10717/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA

pubblicato il 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/03/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

C.R. impugna, articolando un unico motivo di ricorso per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., il decreto n. 10717/2019 del 15 ottobre 2019 reso dalla Corte d’appello di Roma.

M.M. resiste con controricorso.

Il decreto del 15 ottobre 2019 della Corte d’Appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto da C.R. avverso il provvedimento del Tribunale di Velletri pronunciato in data 11 giugno 2019, con il quale era stata respinta la domanda del condomino C. volta alla revoca giudiziale di M.M. dall’incarico di amministratore del Condominio di (OMISSIS). La Corte d’appello ha confermato la insussistenza delle denunciate gravi irregolarità gestionali, poste a fondamento della revoca dell’amministratrice, ed ha perciò condannato lo stesso al pagamento delle spese processuali del giudizio di reclamo, confermando altresì la condanna al riguardo resa dal giudice di prime cure.

L’unico motivo di ricorso di C.R. deduce che, avendo natura di volontaria giurisdizione, il provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio non possa contenere alcuna statuizione sulle spese, chiedendo in subordine di disporre la compensazione delle spese stesse fra le parti, ovvero di ridursi l’importo liquidato.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Il ricorso è inammissibile, in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame del motivo di ricorso non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Secondo consolidato orientamento di questa Corte, è invero inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte d’appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c., e dall’art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 – 2, 28/07/2020, n. 15995; Cass. Sez. 6 – 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 6 – 2, 30/03/2017, n. 8283; Cass. Sez. 6 – 2; Cass. Sez. 6 – 2, 01/07/2011, n. 14524; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957).

Va inoltre osservato in premessa come il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio, che può essere intrapreso su ricorso di ciascun condomino, riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, ed è ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore. Il giudizio è improntato a rapidità, informalità ed ufficiosità, potendo, peraltro, il provvedimento essere adottato “sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente” (art. 64 disp. att. c.c., comma 1). Il decreto del tribunale di revoca incide, quindi, sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore al culmine di un procedimento camerale plurilaterale, nel quale, tuttavia, l’intervento giudiziale è pur sempre diretto all’attività di gestione di interessi.

E’ comunque del tutto conforme all’orientamento interpretativo di questa Corte, consolidatosi sulla base del principio enunciato da Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957, la conclusione che il procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c..

L’art. 91 c.p.c., secondo cui il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a sè, dispone la condanna alle spese giudiziali, intende riferirsi, infatti, a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento, e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo; pertanto, la norma trova applicazione anche ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa, come quelli in materia di revoca dell’amministratore di condominio, sicchè, mentre la decisione nel merito del ricorso di cui all’art. 1129 c.c., comma 11, non è ricorribile in cassazione, la consequenziale statuizione relativa alle spese, in quanto dotata dei caratteri della definitività e della decisorietà, è impugnabile ai sensi dell’art. 111 Cost. (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. 6 – 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 2, 01/09/2014, n. 18487; Cass. Sez. 2, 26/06/2006, n. 14742).

Va comunque precisato come Cass. Sez. 2 11/10/2018, n. 25336, che il ricorrente richiama a base della sua censura, avesse in realtà ad oggetto un provvedimento con il quale la corte di appello aveva pronunciato sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di nomina (e non di revoca) dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c., comma 1, all’esito di procedimento che non è diretto a risolvere un conflitto di interessi, ma solo ad assicurare al condominio l’esistenza dell’organo necessario per l’espletamento delle incombenze ad esso demandate dalla legge, e dalla cui definizione non può derivare una situazione di soccombenza ai fini della pronuncia sulle spese di lite (Cass. Sez. VI-2, 16/11/2017, n. 27165; Cass. Sez. 2, 06/05/2005, n. 9516; Cass. Sez. 2, 11/04/2002, n. 5194).

Neppure sono ammissibili avverso il decreto in tema di revoca dell’amministratore di condominio le censure proposte sotto forma di vizi in iudicando, dirette a rimettere di discussione la sussistenza, o meno, delle gravi irregolarità ex art. 1129 c.c., comma 12.

Quanto alla richiesta di procedere alla compensazione delle spese del procedimento di revoca dell’amministratore, esso è del pari inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, essendo uniforme l’orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (da ultimo, Cass. Sez. 6 – 3, 26/04/2019, n. 11329).

E’ del pari inammissibile, in rapporto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, la generica richiesta di “riduzione” delle spese liquidate in relazione ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, non essendo specificati gli errori commessi dal giudice del merito, nè precisate le voci della tabella che si ritengono violate.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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