Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11870 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14657/2010 proposto da:

C.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato DE VITA

Carlo, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA ((OMISSIS)) (già Sanpaolo IMI SPA), in

persona del Consigliere Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato TARTAGLIA

Furio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI

PAOLO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4405/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

28/05/08, depositata il 21/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata depositata il 21 maggio 2009 la Corte d’appello di Roma confermava la statuizione di primo grado con cui era stata rigettato il ricorso proposto da C.G. nei confronti della spa Sanpaolo Imi per ottenere il risarcimento del danno derivante dal mancato mantenimento della polizza assicurativa con onere della Banca per il rimborso delle spese di malattia ed infortunio; la Corte adita negava che si fosse formato, in punto diritto al risarcimento dei danni, il giudicato sulla sentenza del pretore di Torino del 1997, che pure aveva accertato l’obbligo al mantenimento della polizza, che aveva rigettato ogni pretesa risarcitoria sul rilievo che i ricorrenti non avevano dimostrato di aver sostenuto spese di cura, tali da essere coperte dalla polizza assicurativa.

Avverso detta sentenza il C. propone ricorso con un unico motivo, la Banca resiste con controricorso con cui si eccepisce l’inammissibilità del ricorso;

Con l’unico motivo si denunzia violazione degli artt. 2909 e 1218 cod. civ. e difetto di motivazione; Letta la relazione resa ex art. 390 bis cod. proc. civ., di inammissibilità del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili perchè il ricorso è inammissibile per mancanza del quesito di diritto, nonostante la censura riguardi la violazione di legge;

l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica.

Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle Sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;

Nè rileva che sia stato eccepito anche il difetto di motivazione, sia perchè manca il momento di sintesi prescritto dal medesimo art. 366 bis, sia perchè, trattandosi di questione di puro diritto, non viene in realtà lamentato alcun difetto di motivazione, il quale peraltro è ammissibile solo sull’interpretazione dei fatti, di cui in questo caso non si fa questione;

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta per esborsi ed i Euro duemila per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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