Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11870 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 18/06/2020), n.11870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33491-2018 proposto da:

C.E.B. EDILIZIA IN LIQUIDAZIONE ED IN CONCORDATO PREVENTIVO e la

liquidatrice G.O., elettivamente domiciliati in Roma,

P.zza Cola di Rienzo 92, presso lo studio dell’avvocato Elisabetta

Nardone, rappresentati e difesi dall’avvocato Daniela Marcucci;

– ricorrenti –

contro

IDRO TERMICA CONDIZIONAMENTO ITC SCARL IN LIQUIDAZIONE COATTA

AMMINISTRATIVA, rappresentata e difesa dall’avv.to Giampaolo

Barsotti del Foro di Pisa con studio in Pontedera (PI) via Guerrazzi

4;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1079/2018 della Corte d’appello di Firenze,

depositata il 17/05/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 dal Consigliere Casadonte Annamaria.

Fatto

RILEVATO

che:

– Idro Termica Condizionamento s.c.a.r.l. (d’ora in poi Idro Termica) ha chiesto l’accertamento nei confronti della società CEB Edilizia s.r.l. in liquidazione e concordato preventivo (d’ora in poi solo CEB) della natura privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 5, del suo credito di Euro 432.700,36 al fine dell’iscrizione al passivo della società convenuta;

– il Tribunale di Firenze ha respinto la domanda non ravvisando i requisiti per la richiesta qualificazione;

– Idro Termica ha proposto gravame in via principale e CEB in via incidentale sulla statuizione di compensazione delle spese adottata dal giudice di primo grado;

– la Corte d’appello di Firenze ha accolto l’impugnazione principale e riconosciuto, sulla scorta dei due parametri, rispettivamente quello della prevalenza numerica delle prestazioni lavorative dei soci cooperatori e quello della pertinenza del credito in oggetto all’attività caratteristica della cooperativa di produzione-lavoro, il privilegio previsto dall’art. 2751 bis c.c., n. 5;

– la cassazione della sentenza della corte d’appello è chiesta da CEB sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso Idro Termica.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo con cui si deduce l’inammissibilità dell’appello perchè tardive, ai sensi del combinato disposto dell’art. 327 c.p.c. e del R.D. n. 12 del 1941, art. 92, è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. (cfr. Cass. Sez. Un. 7155/2017);

– ad avviso della ricorrente non avrebbe dovuto essere applicata, ai fini del computo del termine di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c., la sospensione feriale, cosicchè l’atto di impugnazione notificato il 13/11/2015 avverso la sentenza pubblicata il 17/4/2015 era successivo alla scadenza del semestre decorrente dal 18/4/2015;

– in realtà, è noto che in tema di fallimento, ai sensi del combinato disposto del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1 e 3, le controversie aventi ad oggetto l’ammissione tardiva dei crediti al passivo non si sottraggono al principio della sospensione dei termini durante il periodo feriale, fatta eccezione per quelle riguardanti crediti di lavoro, le quali, pur dovendo essere trattate con il rito fallimentare, sono assoggettate al regime previsto dall’art. 3 cit., che, escludendo l’applicabilità della sospensione alle controversie previste dagli artt. 409 c.p.c. e ss., fa riferimento alla natura specifica della controversia, avente ad oggetto un rapporto individuale di lavoro (cfr. Cass. Sez. Un. 24665/2009;17044/2011; 16494/2013, 24862/2015);

– ciò posto, va ribadito che la doglianza in esame è inammissibile, perchè la sentenza impugnata ha considerato nel computo del termine per l’impugnazione il periodo feriale, in conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, e parte ricorrente non ha offerto elementi per mutare il principio di diritto applicato;

– il secondo motivo – con cui si censura la violazione dell’art. 2751 bis c.c., n. 5, per avere affermato la natura privilegiata di tutti i crediti della cooperativa di lavoro in ragione delle caratteristiche dell’ente e non della natura del credito – è infondato;

– la corte territoriale ha fatto applicazione del principio ermeneutico secondo cui i requisiti essenziali, perchè una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa, in sede di accertamento del passivo fallimentare, al privilegio previsto dall’art. 2751 bis c.c., n. 5, sono, per un verso, che il credito risulti pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e, per altro verso, che l’apporto lavorativo di questi ultimi sia prevalente rispetto al lavoro dei dipendenti non soci;

– la corte ha, altresì, chiarito che, ai fini del riconoscimento del predetto privilegio, non è possibile il ricorso a parametri diversi da quelli indicati, collegati a canoni funzionali o dimensionali ovvero a comparazioni fra lavoro dei soci e capitale investito (cfr. Cass.22147/2016; 12136/2014);

– la corte d’appello ha esaminato il credito di cui è stata chiesta l’ammissione al passivo alla stregua dei due parametri ermeneutici individuati da questa Corte di legittimità ed ha ritenuto la chiara pertinenza del credito all’attività caratteristica della cooperativa di produzione-lavoro e, quindi, dei soci cooperatori, trattandosi del corrispettivo per la realizzazione di impianti idro-sanitari nelle unità abitative che CEB stava realizzando;

– la conclusione appare coerente con i principi sopra richiamati e la critica, formulata con riferimento alla qualificazione del contratto dal quale deriva il credito in oggetto, è fondata sull’assunto che nel caso di specie ricorrerebbe la fattispecie dell’appalto d’opera, per il quale non è prevista l’estensione del privilegio;

– si tratta, all’evidenza, di una censura che impinge l’interpretazione del credito, cui la corte territoriale è pervenuta, ma non la legittimità dei criteri a tal fine seguiti e che si risolve, in definitiva, in una richiesta di riesame della conclusione;

– nè rileva, in senso contrario, il richiamo alla sentenza 4383/2015 con cui questa Corte ha dichiarato la V/manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 2751 bis c.c., n. 5, ove non estende il privilegio anche ai crediti derivante da appalto d’opera;

– infatti nella motivazione di detta sentenza, si precisa che le esigenze di tutela del lavoro, sottese alla previsione del privilegio in caso di appalto di servizi, sono state, invece, ritenute insussistenti dal legislatore con riguardo ai crediti derivanti da appalti d’opera, nei quali, pur riscontrandosi ugualmente il concorso dell’attività lavorativa con la fornitura della materia prima e con la sopportazione delle spese generali connesse all’attività di impresa, non può affermarsi con sicurezza la prevalenza della prima componente rispetto alle altre, in quanto la stessa circostanza che la prestazione sia dedotta in contratto nella sua globalità, senza poter essere scissa nelle singole componenti, non consente d’individuare l’incidenza di ciascuna di esse (cfr. Cass., Sez. 6, 23 settembre 2010, n. 20116; Cass., Sez. 1, 26 agosto 2005, n. 17396; 14 gennaio 1995, n. 430);

– ebbene, nel caso di specie, la corte territoriale ha motivato proprio con riguardo alla ritenuta prevalenza delle prestazioni lavorative rispetto all’apporto delle materie prime, e, dunque, escludendo motivatamente la configurabilità dell’appalto d’opera, con la conseguente che neanche sotto questo profilo la statuizione appare fondatamente censurata;

– l’esito sfavorevole di entrambi i motivi, giustifica il rigetto del ricorso e, in applicazione del principio di soccombenza, la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente che liquida in Euro 4500,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile – 2, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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