Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11864 del 09/06/2015
Civile Sent. Sez. 3 Num. 11864 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA
SENTENZA
sul ricorso 4454-2012 proposto da:
COMUNE CAMAIORE 00190560466, in persona del Sindaco
pro tempore Sig. GIAMPAOLO BERTOLA, considerato
domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato FRANCESCO ESPOSITO ZIELLO con studio in
2015
776
PONTEDERA PIAZZA MARTIRI DELLA LIBERTA’ 37, giusta
procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
ARLECCHINO DI GHELLI ROSARIA & C SNC ;
1
Data pubblicazione: 09/06/2015
- intimato –
avverso la sentenza n. 1827/2010 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 22/02/2011, R.G.N. 160/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
udito l’Avvocato FRANCESCO ESPOSITO ZIELLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione;
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MARIA STALLA;
Ric.n. 4454/12 rg. – Ud. del 25 marzo 2015
Svolgimento del giudizio.
Il 2 luglio 2008 il Comune di Camaiore notificava alla
Arlecchino di Ghelli Rosalia & c. sas intimazione di sfratto per
morosità da locali concessile in locazione ad uso bar, ed in
relazione ai quali l’intimata aveva omesso il pagamento del canone
La società intimata si opponeva alla convalida, deducendo di
aver pagato i canoni arretrati, mediante versamento alla Tesoreria
Comunale, il giorno stesso della notificazione dello sfratto, ma
prima della sua ricezione; offriva altresì
il
pagamento
banco
judiols delle spese legali di controparte.
In esito a mutamento del rito, veniva emessa sentenza n. 474/09
con la quale l’adito Tribunale di Lucca dichiarava la risoluzione
del contratto di locazione per grave inadempimento della
convenuta, con conseguente condanna al rilascio dei locali.
Proposto appello dalla Arlecchino sas, veniva emessa sentenza
n. 1827/10 con la quale la corte di appello di Firenze, in riforma
della prima decisione, rigettava la domanda di risoluzione
contrattuale proposta dal Comune.
Avverso questa statuizione viene dal Comune di Camaiore
proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi; nessuna
attività difensiva è stata in questa sede svolta dalla società
intimata.
Motivi della decisione.
§ l.
Con le sei articolate doglianze il Comune lamenta – ex
art.360, l^ co. nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. – violazione degli
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dei primi due trimestri 2008, pari a complessivi euro 17.346,14.
Ric.n. 4454/12 rg. — Ud. del 25 marzo 2015
articoli 1453, 1455, 2697 cod.civ., 112, 115 e 116 cpc, nonché
carente motivazione; per avere la corte di appello respinto la sua
domanda di risoluzione contrattuale per grave inadempimento della
società conduttrice, tralasciando di considerare che: – il
pagamento dei canoni arretrati era intervenuto, senza che si
1. equo canone per la diversa ipotesi di locazione abitativa, il
giorno stesso della notificazione dello sfratto per morosità, ma
successivamente a quest’ultima, come anche evincibile dal fatto
che la società intimata si era offerta di pagare, ritenendole
quindi dovute, le spese legali dell’intimazione; – la prova
dell’anteriorità del pagamento rispetto alla intimazione di
sfratto gravava comunque, per regola generale ex art.1218 cc,
sulla conduttrice, e non su esso concedente; – l’inadempimento nel
pagamento dei canoni doveva considerarsi oggettivamente e
soggettivamente grave ex art.1455 cc: sia per la sua entità (oltre
E 17.000), sia perché associato ad un comportamento (anteriore e
successivo allo sfratto) di sistematici ritardi rispetto alla
scadenza contrattuale di versamento (non ingeneranti alcuna prassi
di tolleranza) sia, ancora, perché in contrasto con la clausola
risolutiva espressa contenuta negli atti di concessione.
§
2.1
Tali
doglianze,
suscettibili
di
essere
trattate
unitariamente per l’intima connessione tra i vizi di applicazione
normativa e di carenza motivazionale con esse dedotti, possono
trovare accoglimento nei termini che seguono.
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potesse invocare l’istituto della sanatoria previsto dall’art.55
Ric.n. 4454/12 rg. – Ud. del 25 marzo 2015
Va innanzitutto premesso che fuori luogo appare il richiamo di
parte ricorrente, in questa sede, alla clausola risolutiva
espressa contenuta nelle convenzioni di assegnazione dei locali
succedutesi nel tempo, atteso che nè l’intimazione di sfratto né
la successiva domanda di risoluzione contrattuale per
essa prevista; basandosi esse, invece, sulla gravità in concreto
dell’inadempimento. Lo stesso Comune, in altri termini, optò per
l’inquadramento della fattispecie nell’ambito dell’istituto
generale di cui agli artt. 1453-1455 cod.civ., argomentando per
l’intero procedimento sulla non scarsa rilevanza
dell’inadempimento e, dunque, su un aspetto incompatibile con la
violazione della clausola risolutiva espressa ex art. 1456
cod.civ.. Ciò è quanto si desume dallo stesso ricorso (v.pagg.11,
25, 27: trascrizioni delle verbalizzazioni di udienza e della
comparsa di costituzione in appello), ed anche dalla sentenza qui
impugnata, pur essa tutta incentrata – conformemente alle istanze
di parte – sulla valutazione della rilevanza dell’inadempimento.
Va in proposito affermato che perché la risoluzione del
contratto venga pronunciata sulla base di una clausola risolutiv
espressa – dunque indipendentemente dalla prova dell’importanza
dell’inadempimento, in quanto predeterminata negozialmente dagli
stessi contraenti – è necessario che la parte nel cui interesse la
clausola è stata prevista formuli espressa e specifica domanda
giudiziale in tal senso, non potendo tale pronuncia intervenire
d’ufficio (Cass. n. 16993 del 01/08/2007); e, inoltre, che una
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inadempimento facevano valere l’effetto risolutivo automatico da
Ric.n. 4454/12 rg. – Ud. del 25 marzo 2015
volta proposta l’ordinaria domanda ai sensi dell’articolo 1453
cod. civ., con l’intimazione di sfratto per morosità, non è poi
possibile mutarla in domanda di accertamento dell’avvenuta
risoluzione
“ope legis”
ex art. 1456 cod. civ., trattandosi di
domande tra loro radicalmente diverse: sia per quanto concerne il
(perchè con la domanda di risoluzione ai sensi
dell’articolo 1453 si chiede una sentenza costitutiva, mentre con
quella di cui all’articolo 1456 si postula una sentenza
dichiarativa), sia per quanto concerne la
“causa petendi”
(perchè
nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’articolo
1453, il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole
mentre, nell’altra, esso è dato dalla violazione
ex se
della
clausola risolutiva espressa: Cass. n. 24207 del 14/11/2006).
§ 2.2 Ciò premesso, la corte di appello ha riformato la decisione
del tribunale (che aveva dichiarato la risoluzione del contratto
per l’inadempimento della parte conduttrice sia nel mancato
pagamento delle due trimestralità di canone fatte oggetto
dell’intimazione di sfratto, sia nel sistematico ritardo nei
pagamenti relativi agli anni 2004/2009, anch’esso dedotto dalla
parte locatrice in esito a mutamento del rito e formulazione della
domanda ordinaria di risoluzione ex articoli 1453-1455 cc)
osservando che (sent. pag.5): – la sas Arlecchino aveva sanato la
morosità il giorno stesso della notificazione dell’ intimazione di
sfratto, ma prima di quest’ultima (non avendo il Comune, sul quale
gravava il relativo onere probatorio ex art.2697 cc, dimostrato il
contrario
assunto
della
posteriorità
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del
pagamento
alla
“petitum”
Ric.n. 4454/12 rg. – Ud. del 25 marzo 2015
notificazione); – al momento della domanda, dunque, l’inadempienza
residua concerneva soltanto gli interessi sui canoni arretrati,
pari ad un importo (109 euro) di esiguità tale da concretare
certamente un inadempimento di scarsa importanza.
Si tratta di motivazione effettivamente carente sul piano
In primo luogo, essa parte dal presupposto assiomatico che, al
momento della domanda, la morosità fosse stata sanata, salvo che
per l’insignificante importo residuo degli interessi; non
esplicita tuttavia il fondamento del proprio convincimento, a
fronte di un pagamento di Tesoreria avvenuto il giorno stesso
della notificazione dell’intimazione di sfratto e, dunque,
astrattamente collocabile, con almeno pari persuasività, anche in
un momento successivo a quest’ultima. Ora, al di là del fatto che
non poteva qui farsi richiamo all’istituto della sanatoria di cui
all’articolo 55 1.392/78 (non applicabile alle locazioni diverse
da quelle ad uso abitativo ordinario: SSUU n. 272 del 28/04/1999;
Cass. n. 11777 del 19/05/2006; Cass.n. 13248 del 31/05/2010),
siffatto accertamento non poteva essere fatto dipendere
dall’accollo della relativa prova a carico dell’attore, secondo la
regola generale di cui all’articolo 2697 cod.civ. Ciò perché,
vertendosi di responsabilità contrattuale, per il Comune era
necessario e sufficiente allegare l’inadempimento dell’altra
parte, essendo poi a carico della conduttrice inadempiente l’onere
di provare il fatto estintivo in tutti i suoi elementi rilevanti
ad escludere la propria responsabilità e presunzione di
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logico-giuridico.
Ric.n. 4454/12 rg. – Ud. del 25 marzo 2015
colpevolezza (Cass. n. 2853 del 11/02/2005); e, tra questi,
proprio l’anteriorità del pagamento rispetto alla introduzione
della domanda giudiziale di risoluzione ex art.1453 ultimo comma
cc..
In secondo luogo, la sentenza impugnata non dà ragione né
profilo di inadempimento contrattuale dedotto in giudizio dal
Comune; ed insito nei sistematici ritardi di pagamento ai quali la
conduttrice aveva dato corso dal 2004 al 2009
(finanche
successivamente all’intimazione di sfratto). Ritardi che il Comune
aveva già dedotto avanti al tribunale (che li aveva posti, come
detto, a fondamento della pronuncia di risoluzione) e che, anche
per gli effetti di cui all’articolo 346 cpc, esso aveva richiamato
quale fatto costitutivo della risoluzione contrattuale pure nella
comparsa di costituzione in appello.
La circostanza che la corte
territoriale non abbia preso in esame questo profilo – per giunta,
in un contesto nel quale i sistematici ritardi lamentati dal
Comune non erano stati contestati dalla società conduttrice, né
potevano ritenersi implicitamente superati dalla tolleranza o da
un comportamento concludente del Comune stesso, essendo
quest’ultimo precluso, in quanto ente pubblico, di imprimere al
rapporto negoziale una regolamentazione divergente da quella
formalmente
risultante
delibere
dalle
di
convenzione
in
affidamento dei locali – denota di per sé l’incompletezza e
l’incongruenza
logica
giudizio
del
dell’inadempimento ex articolo 1455 cod.civ..
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sulla
importanza
dell’entità delle due trimestralità impagate, né dell’ulteriore
Ric.n. 4454/12 rg. – Ud. del 25 marzo 2015
Il che contrasta, al tempo stesso, con il disposto degli
articoli 1453 e 1455 cod.civ. (i quali impongono al giudice di
valutare l’importanza dell’inadempimento dedotto in giudizio ai
fini della risoluzione contrattuale), e con l’obbligo di
congruamente motivare nella disamina di tutti i fatti decisivi e
inadempimento così complessivamente dedotto, nei suoi risvolti
obiettivi e soggettivi, dal Comune.
Ne segue l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione
della sentenza impugnata e rinvio alla corte di appello di Firenze
in diversa composizione; la quale provvederà, come prescritto,
alla valutazione dell’importanza risolutoria dell’inadempimento
globalmente ascritto alla parte conduttrice, con riguardo tanto
alle trimestralità non pagate, quanto ai sistematici ritardi
dedotti dal Comune.
Pqm
La Corte
accoglie il ricorso;
cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte di appello di
Firenze in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civil
in data 25 marz 2015.
controversi di causa; quale certo doveva ritenersi il profilo di