Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11861 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 28/02/2017, dep.12/05/2017),  n. 11861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 21391 /12, proposto da:

CP-FIN s.r.l., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic.

in Roma, alla via B. Gozzoli n. 60, presso l’avv. Remo Montone, dal

quale è rappres. e difesa unitamente all’avv. Massimiliano Desalvi,

con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24/66/12 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 20/2/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/2/2017 dal consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. R. Montone;

udito il difensore della parte controricorrente, avv. P. Garofoli;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale, dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La CP-FIN s.r.l. impugnò, innanzi alla CTP di Bergamo, un avviso d’accertamento relativo alla determinazione di maggiori imposte per ires, irap e iva, emesso a seguito di un procedura fondata sull’applicazione degli studi di settore, con contraddittorio cui aveva partecipato la stessa società.

Si costituì l’ufficio, resistendo al ricorso.

La CTP accolse il ricorso, dichiarando la nullità dell’avviso impugnato, in quanto: l’ufficio non aveva fornito i motivi per cui fu disattesa la richiesta di rettifica del valore dei beni strumentali indicati nello studio di settore; all’esito della rettifica richiesta, furono determinati maggiori ricavi per la minor somma di Euro 31.163,00, venendo meno il requisito delle gravi incongruenze; i dati forniti dall’ufficio non erano idonei a confermare i risultati desumibili dagli studi di settore.

L’agenzia delle entrate propose appello; si costituì la società, resistendo all’impugnazione.

La CTR, in parziale riforma della sentenza, accolse “in via subordinata” l’appello; successivamente, fu notificata alla società una cartella esattoriale per Euro 34.254,27.

La CP-Fin s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre motivi. Resiste l’agenzia delle entrate, con il deposito del controricorso, eccependo l’infondatezza dei motivi e l’inammissibilità del terzo.

Parte ricorrente ha altresì depositato memoria difensiva a norma dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, il collegio delibera di redigere la sentenza in forma semplificata.

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo è stata denunziata la nullità del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, adducendo che l’agenzia aveva proposto una domanda nuova in appello, nella parte dell’atto d’appello avente ad oggetto l’istanza di rideterminazione del maggior imponibile in conformità della proposta effettuata a seguito dell’adeguamento allo studio di settore.

Con il secondo motivo, parte ricorrente ha lamentato la violazione o falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, e della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4.

Con il terzo motivo sono stati denunziati l’errore di valutazione degli elementi probatori, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e la contraddittorietà di motivazione, in relazione al comma 1, n. 5, avendo l’ufficio omesso di motivare in ordine al rifiuto del ricalcolo del reddito.

Il primo motivo non merita accoglimento in quanto la richiesta dell’ufficio, nell’atto di appello, di rideterminare il maggior imponibile in conformità della proposta effettuata dal contribuente nel corso della procedura di accertamento, non costituisce modifica della causa petendi, poichè essa attiene al medesimo fatto costitutivo della pretesa tributaria.

Il secondo motivo è parimenti infondato, in quanto: non è stato violato l’art. 62 sexies richiamato, poichè vi è stato comunque un accertamento di maggior imponibile, seppure ridotto rispetto al primo; circa l’asserita violazione del citato art. 10, il motivo è formulato in maniera poco chiara, apparendo che la norma invocata riguardi fattispecie diversa e non quella dell’accertamento induttivo dell’ufficio.

Il terzo motivo è inammissibile, tendendo ad un riesame del merito, posto che la parte ricorrente intende conseguire una modifica della decisione afferente al parziale scostamento tra i redditi dichiarati e quelli accertati con il metodo induttivo fondati sugli studi di settore.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 5200,00 oltre alla maggiorazione del 15%, quale rimborso forfettario delle spese generali, e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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