Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11860 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 05/03/2021, dep. 06/05/2021), n.11860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14806-2020 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE ACACIE 13

C/O CENTRO CAF, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO DI GENIO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 24076/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 26/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/03/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con Delib. 21 marzo 2011, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno ammetteva P.R. al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, indicando come suo difensore l’avvocato A.F..

il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 7662/14, accoglieva la domanda attorea e per l’effetto, l’avvocato A. chiedeva con apposita istanza la liquidazione del proprio compenso, che veniva con decreto accolta dal giudice del lavoro adito, liquidata la somma complessiva di Euro 2.000,00, oltre accessori di legge, importo ridotto ad Euro 1.125,00, a seguito di opposizione proposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, ritenendo la controversia di valore indeterminabile, per cui trovava applicazione lo scaglione da Euro 5.200,01 fino a Euro 26.000,00, e tenuto conto dell’oggetto e della non particolare complessità dello stesso.

Avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno ricorreva l’avv. A. sulla base di due motivi, restando intimati la Procura della Repubblica presso la Corte di Cassazione e il Ministero della giustizia.

Questa Corte con ordinanza n. 24076 del 26 settembre 2019 ha accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo, cassato l’ordinanza impugnata e decidendo nel merito ha liquidato in favore del ricorrente la somma di Euro 1.482,78, oltre spese generali ed accessori di legge.

In relazione al primo motivo il ricorrente che denunciava, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. Giustizia n. 55 del 2014, in relazione agli artt. 2, 4 e 5 e dei parametri di cui alla tabella 4 colonna 4 allegati al detto decreto, per avere il Tribunale accordato somme inferiori al minimo previsto dalla tariffa forense, avendo errato nell’applicare il terzo scaglione per controversia di valore indeterminabile, dal momento che ricadrebbe nel quarto scaglione, la Corte riteneva la censura fondata.

Nella specie, il ricorrente lamentava l’erroneità del parametro di riferimento utilizzato dal giudice dell’opposizione in quanto la causa patrocinata dall’ A. era di valore indeterminabile, sicchè il giudice nella liquidazione avrebbe dovuto fare applicazione del principio enunciato dal D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 6, ai sensi del quale: “Le cause di valore indeterminabile si considerano di regola e a questi fini di valore non inferiore a Euro 26.000,00 e non superiore a Euro 260.000,00, tenuto conto dell’oggetto e della complessità della controversia.”

Il giudice di merito, quindi, pur valutando in modo discrezionale l’oggetto e la complessità della controversia, avrebbe dovuto fare applicazione del relativo scaglione ai fini della liquidazione del compenso, mentre ha scientemente utilizzato quello di riferimento per le cause con valore determinato da Euro 5.200,01 a Euro 26.000,00, come sopra esposto, e ciò costituisce sicura violazione di legge per motivazione apparente.

Una volta ritenuta fondata tale doglianza, la Corte, disatteso il secondo motivo, non apparendo necessario compiere ulteriori accertamenti, ha ritenuto che la causa potesse essere decisa nel merito e applicando lo scaglione delle cause di lavoro di valore indeterminabile nei valori minimi, ha determinato il compenso dell’avvocato A. per l’attività professionale nella complessiva somma di Euro 2.565,50 (così composta: Euro 772,50 per la fase di studio, ridotto al 50% il valore medio; Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, ridotto al 50% il valore medio; Euro 558,00 per la fase istruttoria, ridotto fino al 70% il valore medio; Euro 770,00 per la fase decisionale, ridotto al 50% il valore medio), in ordine alla quale va operata la ulteriore riduzione alla metà D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 130, così per complessivi Euro 1.482,75.

L’avvocato A. in data 19 giugno 2020 ha depositato ricorso per la correzione di errore materiale, ritenendo che la Corte, nel decidere la causa nel merito, pur avendo ritenuto applicabile lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile, ha però errato nella quantificazione delle somme dovute, sulla base delle attività che aveva ritenuto fossero state svolte dal ricorrente, in tal modo incorrendo in un errore di calcolo.

La richiesta è meritevole di accoglimento.

Risulta incontestabile che a seguito della decisione di questa Corte di cui si richiede la correzione, è stato ritenuto applicabile per la liquidazione dei compensi dovuti all’avv. A. lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile e che, alla luce della stessa liquidazione effettuata in motivazione, si è proceduto sulla base dei valori minimi, ridotti dell’ulteriore 50% ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130.

Tuttavia, avuto riguardo alla circostanza che la causa presupposta era una controversia di natura previdenziale e facendo applicazione dello scaglione di valore per le cause di valore indeterminabile, conformemente a quanto riportato nel ricorso per correzione di errore materiale, i compensi minimi dovevano essere pari a:

Euro 810,00 per la fase di studio; Euro 573,00 per la fase di trattazione, Euro 769,50 per la fase istruttoria, Euro 1.750,00 per la fase decisionale, per un ammontare complessivo di Euro 3.903,00 da ridurre al 50% per effetto del menzionato art. 130, per un importo finale di Euro 1.951,50, in luogo della somma di Euro 1.482,75, invece liquidata nell’ordinanza contestata.

Per l’effetto va disposta la correzione della detta ordinanza, in quanto evidentemente affetta da errore di calcolo, disponendosi, che la liquidazione dei compensi in favore dell’avv. A.F., di cui al primo capo del dispositivo ammonta ad Euro 1.951,50, oltre spese generali ed accessori. Nulla a disporre quanto alle spese, trattandosi di procedimento di correzione di errore materiale (cfr. da ultimo Cass. n. 14/2016).

PQM

Accoglie il ricorso e dispone la correzione dell’ordinanza di questa Corte n. 24076/2019, prevedendo che la liquidazione dei compensi in favore dell’avv. A.F., di cui al primo capo del dispositivo ammonta ad Euro 1.951,50, oltre spese generali ed accessori, immutati gli altri capi del dispositivo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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