Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11859 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. III, 14/05/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 14/05/2010), n.11859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.P.G. quale legale rappresentante della societa’ NEW

GALA SAS di Del Prete Giuliana, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato MATRONOLA ANDREA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MENGUCCI MAURO, giusta delega a

margine del ricorso per revocazione;

– ricorrente –

contro

IME SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 19702/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

del 17.6.08, depositata il 17/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. La s.a.s. New Gala di Del Prete Giuliana ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. per la revocazione della sentenza di questa Corte n. 19702 del 17 luglio 2008, con la quale e’ stato rigettato il ricorso da essa societa’ proposto contro la I.M.E. s.r.l. avverso la sentenza resa inter partes in una controversia locativa in grado d’appello dalla Corte d’Appello di Ancona.

Al ricorso l’intimata non ha resistito.

2. Il ricorso e’ soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del d.lgs. (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c. e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata all’avvocato della parte ricorrente e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni:

“… 3. – Il ricorso appare inammissibile per due gradate ragioni e per una terza ragione quanto ad una delle censure proposte.

3.1. – La prima e’ esso non e’ rispettoso dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile al ricorso in esame nonostante la sua avvenuta abrogazione da parte della L. n. 69 del 2009, tenuto conto che tale abrogazione, giusta l’art. 58, comma 5 di essa non e’ efficace riguardo al ricorso, introdotto il 2 luglio 2009, cioe’ anteriormente all’entrata in vigore di detta legge.

3.2. – Cio’ premesso, si rileva che la norma dell’art. 366 bis c.p.c. trovava applicazione anche al ricorso per revocazione, posto che il primo comma dell’art. 391 bis c.p.c. dice che il ricorso per revocazione e’ disciplinato dall’art. 365 c.p.c. e segg. ed in tale richiamo deve ritenersi compreso anche l’art. 366 bis c.p.c.. E’, infatti, meramente suggestiva la prospettazione dottrinale che ha sostenuto l’incompatibilita’ dell’art. 366 bis c.p.c. con la formulazione del motivo di ricorso revocatorio della sentenza di cassazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 perche’ non si comprenderebbe come un quesito di diritto possa essere enunciato in riferimento all’errore di cui a detta norma, che e’ relativo all’erronea percezione di una risultanza di fatto. Detta prospettazione trascura, in realta’, di considerare che l’errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e’ pur sempre un errore del giudice (anche quando viene compiuto dalla Corte di cassazione) relativo all’osservanza della legge processuale che, nel giudicare, gli impone (come emerge dagli artt. 112 e 115 c.p.c.) di considerare i fatti rilevanti nella loro esatta consistenza negli atti di causa e, quindi, gli vieta di supporti inesistenti se esistono in atti o di supporti esistenti se in atti non esistono. Si tratta, dunque, di un vizio che e’ riconducibile alla nozione di violazione di norme sul procedimento evocata dall’art. 360 c.p.c., n. 4 e che, dunque, se fosse compiuto da una sentenza ricorribile in Cassazione e non esistesse lo speciale mezzo di impugnazione del ricorso per revocazione, sarebbe deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Ebbene, l’ontologica natura dell’errore revocatorio di fatto di violazione di norma sul procedimento, una volta considerato che l’art. 366 bis c.p.c. esige il quesito di diritto anche per il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e che il vizio previsto da tale norma, oltre che per erronea ricostruzione della norma processuale astratta e per erronea sussunzione di fattispecie (processuale) concreta ben ricostruita in fatto sotto di essa, puo’ verificarsi anche quando il giudice nell’applicare la norma processuale non abbia considerato od abbia apprezzato erroneamente circostanze di fatto rilevanti per la sua applicazione, comporta che il quesito di diritto, cosi’ come deve essere formulato anche in questa ultima ipotesi (si veda, in termini, Cass. n. 13194 del 2008, a proposito di quesito per il regolamento di competenza su provvedimento ai sensi dell’art. 295 c.p.c.; adde, Cass. n. 4329 del 2009), bene e’ concepibile anche per l’errore revocatorio di fatto, che si distingue da tale ultima ipotesi solo perche’ e’ errore di percezione e non di valutazione.

La particolarita’ della deduzione del quesito concernente la revocazione per errore di fatto e’ rappresentata soltanto dalla necessita’ di articolazione riassuntiva della questione posta alla Corte con il necessario riferimento al fatto supposto o negato erroneamente per errore di percezione e, quindi, con la succinta descrizione di siffatta erronea percezione.

Tali considerazioni consentono di comporre l’apparente dicotomia fra Cass. (ord.) n. 4640 del 2007 e Cass. (ord.) n. 5075 e (ord.) n. 5076 dall’altro, che parrebbero esigere la prima il quesito di diritto e le seconde la c.d. chiara indicazione, etc. a somiglianza di quanto l’art. 366 bis c.p.c. correla alla deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

D’altro canto le Sezioni Unite hanno confermato la ricostruzione sopra sostenuta: Cass. sez. un. n. 26022 del 2008, infatti, ha statuito quanto segue: L’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, e’ applicabile anche al ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. avverso le sentenze della Corte di cassazione (pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del detto d.lgs.), con la conseguenza che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c..

Poste queste premesse, il ricorso appare inammissibile, perche’ i motivi su cui si fonda non si concludono con la formulazione del quesito di diritto nei termini di cui ragiona la ricordata giurisprudenza ed anzi – e questo evidenzia la seconda ragione di inammissibilita’ – si e’ in presenza di un ricorso che nemmeno rispetta il requisito di ammissibilita’ di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 riguardo alla indicazione del o dei motivi: l’illustrazione del fondamento del ricorso, infatti, si sviluppa dalla pagina quattro alla pagina dieci del ricorso, senza che le allegazioni siano accompagnate da enunciazioni volta ad evidenziare il o i motivi su cui il ricorso si fonda. Solo la lettura di tale illustrazione consente di enucleare l’esistenza di tre censure e, quindi, di tre pretesi errori di fatto che avrebbe compiuto la sentenza impugnata, i primi due concernenti la decisione sul primo motivo del ricorso ordinario ed il terzo il secondo motivo di quel ricorso.

4. La terza ragione di inammissibilita’ riguarda la prima censura e si evidenzia sotto il profilo che la sua esposizione, nell’individuare il preteso errore di fatto (costituito dall’avere la sentenza impugnata ritenuto inesistente una circostanza che invece esisteva con l’affermazione che la qui ricorrente aveva “omesso di specificare quali risultanze probatorie, idonee a suo avviso – a dimostrare tale circostanza di fatto cioe’ la circostanza supposta dal D.L. n. 12 del 1985, art. 1, comma 9-septies , sarebbero state travisate nel loro vero significato dalla sentenza impugnata”) non si fa carico dell’effettivo tenore di tale motivazione, che e’ imperniato sull’omissione di un’attivita’ di specificazione: infatti, la ricorrente si limita a richiamare quanto dedotto a pagina nove del ricorso, riportando un passo del suo ricorso che e’ una mera indicazione di documenti prodotti in una memoria ai sensi dell’art. 426 c.p.c. (omettendo, peraltro, con puntini sospensivi quanto ad essa segue e riprendendo altra parte del ricorso, il che non consente di raccordare le due parti), senza che risulti come e perche’ esse fossero risultanze probatorie nella logica del ricorso ordinario, onde non si comprende come tale elenco possa costituire una specificazione delle risultanze probatorie di contro a quanto supposto dalla sentenza impugnata, che non ha parlato di risultanze probatorie sic et simpliciter, ma di risultanze probatorie specifiche e, quindi, ha imputato al ricorso ordinario concernente il primo motivo un difetto di specificita’.

Il ricorso, conclusivamente, parrebbe doversi dichiarare inammissibile.”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla e’ necessario aggiungere, tenuto conto che non sono stati svolti rilievi avverso di essa.

Non e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

 

 

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