Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11858 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. II, 27/05/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 27/05/2011), n.11858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO

PELLICO 44, presso lo studio dell’avvocato CARONE FABIANI ACHILLE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato REFERZA PIETRO;

– ricorrente –

contro

SANPAOLO IMI SPA P.IVA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SARDEGNA 29, presso lo studio dell’avvocato (STUDIO CMC &

ASSOCIATI)

CAPONETTI STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PAPA SEBASTIANO;

BNL SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo

studio dell’avvocato DE ANGELIS LUCIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato COCCIOLITO GIANFRANCO;

– controricorrenti –

e contro

CASSA RISP PROV TERAMO SPA, S.G.A. SPA, BANCO NAPOLI SPA, BANCO SANTO

SPIRITO SPA in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro

tempore;

P.S., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 663/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito l’Avvocato CARONE FABIANI Achille, difensore del ricorrente si

riporta;

udito l’Avvocato CAPONETTI Stefano, difensore della SAN PAOLO IMI,

che si riporta;

udito l’Avvocato DE ANGELIS Lucio difensore della BNL SPA, che si

riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Banca Nazionale del Lavoro – premesso che la sua debitrice Ca.An.Lu. aveva disposto dell’intero suo patrimonio immobiliare in favore dei figli e dei parenti allo scopo di sottrarre tali beni alla garanzia dei crediti maturati nei suoi confronti da essa banca – conveniva in giudizio la Ca. ed i suoi aventi causa, tra i quali G.L., chiedendo la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti ex art. 2901 c.c. dei detti atti di disposizione.

Con successivi autonomi atti la Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, il Banco di Santo Spirito, il Banco di Napoli, D. M.A. e A.I. – tutti dichiaratisi creditori della Ca. – convenivano in giudizio quest’ultima ed i suoi aventi causa al fine di ottenere la dichiarazione di inefficacia nei loro confronti degli atti di disposizione posti in essere dalla Ca..

Nei detti giudizi – riuniti – interveniva volontariamente C. F. il quale, assumendo di aver acquistato da G.L. uno degli immobili in contestazione, sosteneva l’infondatezza della domanda di dichiarazione di inefficacia proposta dagli attori e chiedeva di conseguire il rimborso ad opera del suo dante causa del prezzo pagato per l’acquisto.

Con sentenza 25/4/2001 il tribunale di Teramo dichiarava l’inefficacia nei confronti degli attori di tutti gli atti di disposizione posti in essere dalla Ca. e dichiarava altresì che l’inefficacia dell’atto Ca. – G. investiva anche il successivo atto G. – C..

Avverso la detta sentenza C.F. proponeva appello al quale resistevano la Banca Nazionale del Lavoro, la Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo e il Banco di Napoli mentre tutti gli altri appellati non si costituivano nel giudizio di secondo grado.

Con sentenza 16/9/2004 la corte di appello dell’Aquila, per quel che ancora rileva in questa sede, dichiarava inammissibile l’appello del C. osservando: che il C., il quale non aveva fatto valere neppure in appello il principio di cui all’art. 2901 c.c., u.c., era intervenuto il giudizio al solo scopo di sostenere l’efficacia anche nei riguardi dei creditori della Ca.

dell’atto di disposizione in favore di G.L. sul rilievo che la tutela del suo diritto (a non veder travolgere anche il successivo trasferimento operato in suo favore) si sarebbe realizzata con la pronuncia del tribunale a favore del G.; che il C., in definitiva, pur titolare di un diritto autonomo, lo aveva fatto valere non in via autonoma (al fine di ottenere una pronuncia a tutela di tale diritto) bensì quale “interesse” che lo legittimava a sostenere le ragioni del G.; che pertanto il suo intervento doveva essere qualificato come adesivo dipendente e non come principale o come adesivo autonomo; che conseguentemente l’impugnazione proposta dal C., quale interventore adesivo dipendente, doveva essere considerata inammissibile avendo la parte adiuvata (il G.) prestato acquiescenza alla sentenza del tribunale; che il C. non aveva impugnato il capo della sentenza di primo grado con la quale il tribunale aveva affermato che l’inefficacia del contratto Ca. – G. si era “trasmessa” al successivo atto di trasferimento; che il motivo di appello con il quale il C. aveva impugnato il capo della sentenza del tribunale – concernente il rigetto della domanda di manleva dallo stesso proposta nei confronti del G. – era inammissibile in quanto privo del requisito di “specificità” di cui all’art. 342 c.p.c. non avendo l’appellante contestato la ragione posta a base del mancato accoglimento di tale domanda, ossia che la domanda andava proposta in separata sede.

La cassazione della sentenza della corte di appello dell’Aquila è stata chiesta da C.F. con ricorso affidato a due motivi. Hanno resistito con separati controricorsi la Banca Nazionale del Lavoro, la s.p.a. Sanpa-olo IMI incorporante il Banco di Napoli e la s.p.a. San Paolo IMI incorporante il Banco di Napoli nella qualità di procuratore della s.p.a. S.G.A. Le intimate s.p.a. Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo e s.p.a. Banca di Roma, incorporante il Banco di Santo Spirito, poi denominata Capitalia s.p.a., non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità.

All’udienza del 23/11/2010 questa Corte ha disposto l’integrazione del contraddittorio mediante notifica del ricorso ai litisconsorti necessari D.M.A., A.I., Ca.

A.L. e G.L.. Il ricorrente ha tempestivamente notificato e depositato il ricorso notificato a Ca.An. L., agli eredi di D.M.A., agli eredi di A.I. ed agli eredi di G.L.. Il ricorrente e la Banca Nazionale del Lavoro hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso C.F. denuncia violazione dell’art. 111 c.p.c., comma 2, degli artt. 323 e 100 c.p.c.;

violazione dei principi generali in tema di legittimazione ad impugnare; violazione dell’art. 105 c.p.c.; vizi di motivazione.

Deduce il ricorrente che la corte di appello ha errato nel qualificare l’intervento spiegato da esso C. nel primo grado del giudizio come adesivo dipendente posto che il successore a titolo particolare nel diritto controverso non è terzo ma parte essendo titolare della “res litigiosa” costituente l’accertamento giurisdizionale per cui il suo intervento nel processo è regolato dall’art. 111 c.p.c. e non ha alcun rapporto con l’art. 105 stesso codice. Esso ricorrente ha fatto valere una propria situazione giuridica soggettiva (mantenere la titolarità del bene immobile acquistato dal G.) e non solo quella concernente il proprio dante causa. La corte di appello, in ogni caso, non poteva obliterare l’incidenza diretta della pronuncia sul diritto sostanziale dedotto in giudizio costituito dal diritto di proprietà che, nell’ipotesi dì accoglimento dell’azione revocatoria, sarebbe stato reso inefficace nei confronti degli istituti bancari che avevano agito con l’azione revocatoria.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che questa Corte in tema di funzione dell’azione revocatoria ha avuto modo di affermare i seguenti principi che il Collegio condivide e ribadisce:

– l’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di ricostruire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, che si prospetti compromessa dall’atto di disposizione da questi posto in essere; essa, pertanto, in caso di esito vittorioso, non travolge l’atto impugnato, con conseguente effetto restitutorio o recuperatorio del bene al patrimonio del debitore, ma ha l’effetto tipico di determinare l’inefficacia dell’atto stesso nei confronti del solo creditore, al fine di consentirgli di aggredire il bene con l’azione esecutiva qualora il proprio credito rimanga insoddisfatto (sentenza 14/6/2007 n. 13972);

– colui che ha acquistato un bene, oggetto di azione revocatoria, dal subacquirente del medesimo bene convenuto in giudizio ai fini della dichiarazione dell’inefficacia del suo acquisto ai sensi dell’art. 2901 c.c., u.c., non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza dichiarativa della predetta inefficacia, atteso che egli non assume la condizione di successore a titolo particolare ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., bensì quella di ulteriore terzo subacquirente, non avendo ricevuto il diritto controverso – come sarebbe se gli fosse stato ceduto il contratto di (sub)acquisto – ma l’immobile oggetto dei plurimi negozi avvenuti in successione (sentenza 17/11/2005 n. 23255);

– l’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, che si prospetti compromessa dall’atto di disposizione posto in essere dal debitore medesimo; essa quindi, in caso di suo vittorioso esercizio, ha l’effetto tipico (non già di travolgere quell’atto, ma solo) di determinarne l’inefficacia nei confronti del creditore, per consentirgli di esercitare, sul bene che dell’atto aveva formato oggetto, l’eventuale successiva azione esecutiva per la realizzazione del credito che sia eventualmente rimasto inadempiuto (sentenza 25/1/2000 n. 791);

– in tema di azione revocatoria, fonte immediata dell’inefficacia relativa dell’atto di alienazione prevista dall’art. 2901 c.c. è la sentenza del giudice, che legittima altresì il creditore al successivo esperimento di un’azione esecutiva nei confronti dell’acquirente dei beni assoggettati a revocatoria (soggetto estraneo al rapporto obbligatorio in base al quale il creditore abbia agito), con la conseguenza che soltanto a seguito della pronuncia della sentenza di accoglimento della domanda di revoca il creditore può esperire, nei confronti dell’acquirente, tale azione esecutiva con riguardo ai beni oggetto dell’atto revocato (sentenza 30/7/2004 n. 14625).

Sulla base dei riportati principi va affermato che il C. è intervenuto nel giudizio ex art. 2901 c.c., promosso dai creditori della Ca., non quale successore a titolo particolare di una delle parti nel rapporto giuridico controverso (o quale successore a titolo particolare nel diritto controverso) bensì quale terzo subacquirente che non è subentrato nel diritto controverso (non essendogli stato ceduto il contratto di sub acquisto) ma ha solo ricevuto la proprietà dell’immobile oggetto del contratto del quale i creditori della Ca. hanno chiesto la dichiarazione di inefficacia nei loro confronti. Solo se i crediti rimangano insoddisfatti i creditori potranno agire con l’azione esecutiva e si porrà la questione dell’inefficacia dell’atto Ca.- G. anche nei confronti del C. avente causa dall’acquirente G..

Ne consegue che nella specie non può trovare applicazione la norma processuale di cui all’art. 111 c.p.c. invocata dal C. a sostegno del motivo di ricorso in esame.

Correttamente, quindi, la corte di appello ha ritenuto inammissibile l’appello proposto dal C. avverso la sentenza pronunciata dal tribunale di Teramo con la quale era stata dichiarata l’inefficacia nei confronti degli attori creditori dell’atto di compravendita 14/9/1987 tra Ca.An.Lu. e G. L.. Alla detta sentenza di primo grado il G., rimasto contumace, ha prestato acquiescenza con conseguente inammissibilità dell’appello proposto dal C. la cui posizione può essere equiparata – come ritenuto dalla corte di merito – a quella dell’interventore adesivo dipendente.

Dal rigetto del primo motivo di ricorso deriva logicamente il rigetto anche del secondo con il quale il C. denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che la corte di appello ha errato nel non aver “pronunciato sul merito della controversia”.

In proposito è appena il caso di rilevare che la corte di appello, rilevata l’inammissibilità delle varie censure mosse dal C. alla pronuncia di primo grado, coerentemente non ha esaminato nel merito le dette censure.

Il ricorso va quindi rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti Banca Nazionale del Lavoro e San Paolo IMI, delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida:

a) in favore della s.p.a. San Paolo Imi in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 3.000,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge;

b) in favore della s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 3.500,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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