Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11858 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 18/06/2020), n.11858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29822 – 2018 R.G. proposto da:

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. 97591110586 – in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.

RICORRENTE

contro

C.I. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliata, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Firenze, alla via P.

Toscanelli, n. 6, presso lo studio dell’avvocato Michele Strammiello

che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce

al controricorso.

CONTRORICORRENTE

avverso l’ordinanza del Tribunale di Firenze dei 11/12.4.2018,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 gennaio 2020 dal consigliere Dott. Luigi Abete,

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. L’avvocato C.I., difensore, ai fini dell’ammissione al passivo del fallimento della “Easy Car” s.r.l., di C.M., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, chiedeva al Tribunale di Firenze, con istanza depositata in data 19.5.2016, la liquidazione delle proprie spettanze.

2. Con provvedimento in data 31.5.2016 l’adito tribunale dichiarava che non era liquidabile alcuna somma, in quanto “per la domanda di ammissione al passivo non è richiesto il patrocinio legale” (cfr. ricorso, pag. 2).

3. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170, l’avvocato C.I. proponeva opposizione.

3.1. Resisteva il Ministero della Giustizia.

4. Con ordinanza dei 11/12.4.2018 il Tribunale di Firenze accoglieva l’opposizione, liquidava – nella misura di Euro 430,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge – il compenso all’opponente e condannava il Ministero opposto alle spese di lite.

5. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione, se del caso investendo della questione le sezioni unite di questa Corte, con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese.

C.I. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 1); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. Il Ministero ricorrente ha depositato memoria.

8. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 74 e 75.

Deduce che è da disconoscere senz’altro che possano essere posti a carico dell’erario i compensi spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, allorchè la parte può stare in giudizio personalmente, senza il patrocinio di un avvocato.

Deduce in particolare che la ratio del patrocinio a spese dello Stato non è quella di consentire al non abbiente di fruire dell’assistenza di un avvocato, ma quella di aver accesso alla tutela giurisdizionale per la difesa dei propri diritti; che di conseguenza, allorchè nessun ostacolo si frappone all’accesso alla tutela giurisdizionale, non vi è ragione chè operi il patrocinio a spese dello Stato.

9. Il ricorso va respinto.

10. Evidentemente questa Corte non può che ribadire il proprio indirizzo ricostruttivo, espresso dagli insegnamenti di cui appresso, alla luce dei quali va perciò disattesa l’istanza subordinata formulata dal ricorrente “di rimessione della causa alle Sezioni Unite ex art. 374 c.p.c.” (così ricorso, pag. 10).

Ossia l’insegnamento a tenor del quale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 74 e 75, il patrocinio a spese dello Stato è assicurato in ogni procedimento civile, con inclusione della volontaria giurisdizione, ed anche quando l’assistenza tecnica del difensore non è prevista come obbligatoria, perchè l’istituto copre ogni esigenza di accesso alla tutela giurisdizionale, sia quando questa tutela coinvolge necessariamente l’opera di un avvocato, sia quando la parte non abbiente, pur potendo stare in giudizio personalmente, richieda la nomina di un difensore, al fine di essere consigliata nel miglior modo sull’esistenza e sulla consistenza dei propri diritti, ritenendo di non essere in grado di operare da sè (cfr. Cass. 14.12.2017, n. 30069).

Ossia l’insegnamento a tenor del quale la disciplina sul patrocinio a spese dello Stato è applicabile in ogni procedimento civile, pure di volontaria giurisdizione e anche quando l’assistenza tecnica del difensore non è prevista dalla legge come obbligatoria (cfr. Cass. 4.6.2019, n. 15175). Ed a tenor del quale – ulteriormente – siffatta conclusione, oltre a discendere dalla lettera degli artt. 74 e 75 del D.P.R. n. 115 del 2002 – che dettano le disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato ed assicurano la difesa alle persone non abbienti non solo “nel processo civile” ma anche “negli affari di volontaria giurisdizione”, sempre che l’interessato “debba o possa essere assistito da un difensore” – appare coerente con la finalità dell’istituto che, in adempimento del disposto di cui all’art. 24 Cost., comma 3, è volto ad assicurare alle persone non abbienti l’accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole e in posizione di parità con quanti dispongono dei mezzi necessari (cfr. Cass. 4.6.2019, n. 15175; cfr., in motivazione, Cass. 5.1.2018, n. 164).

11. Nel quadro del surriferito indirizzo ricostruttivo un’aggiuntiva puntualizzazione si impone.

Il tema dell'”accessibilità” alla tutela giurisdizionale, pur quando “difetti l’obbligatorietà della difesa tecnica” (così ricorso, pag. 6; così memoria, pag. 2), va riguardato non già – semplicisticamente – alla stregua del formale parametro egalitario di cui all’art. 3 Cost, comma 1, sibbene, viceversa, alla stregua del parametro egalitario sostanziale di cui all’art. 3 Cost., comma 2.

Innegabilmente invero il disconoscimento della possibilità di ammissione al “patrocinio a spese dello Stato”, allorquando la difesa tecnica non è prefigurata come necessaria, lascerebbe persistere quelle “disparità di partenza”, che nel segno dell’art. 3 Cost., comma 2 “è compito della Repubblica rimuovere”.

In questo solco per nulla può esser recepita la “lettura” patrocinata dal ricorrente, ovvero l’assunto secondo cui “lo stesso legislatore, prevedendo la possibilità per la parte di stare in giudizio senza il patrocinio di un legale, ha ritenuto giuridicamente irrilevante tale differenza” (così ricorso, pag. 5; così memoria, pag. 4), cioè la differenza tra colui che, abbiente, è in condizioni economiche tali da garantirsi comunque la rappresentanza e l’assistenza tecnica e colui che, non abbiente, nelle condizioni anzidette non versa, sicchè non può che difendersi di persona.

Seppur quest’ultima fosse stata la voluntas legis/atoris, è ben vero onere dell’interprete intendere la voluntas legis in maniera aderente allo spettro dei valori costituzionali (è stato scritto che, per i diritti a prestazioni sanciti dalla Costituzione – quale evidentemente quello di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 74 e 75, riconducibile art. 24 Cost., comma 3 – “non c’è (…) dipendenza da interpositio di valutazioni discrezionali del legislatore ma solo giurisdizione in nome della Costituzione”).

12. Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del Ministero ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

13. Nonostante il rigetto del ricorso non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis.

In tal senso rileva l’insegnamento a sezioni unite di questa Corte n. 9938 dell’8.5.2014, ove in motivazione si precisa che è “principio generale dell’assetto tributario che lo Stato e le altre Amministrazioni parificate non sono tenute a versare imposte o tasse che gravano sul processo per la evidente ragione che lo

Stato verrebbe ad essere al tempo stesso debitore e creditore di se stesso con la conseguenza che l’obbligazione non sorge”.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, Ministero della Giustizia, a rimborsare alla controricorrente, C.I., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 500,00, oltre Euro 100,00 per esborsi, oltre

rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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