Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11854 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 05/03/2021, dep. 06/05/2021), n.11854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33359-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PASUBIO, 11, presso lo studio dell’avvocato SIMONE BECCHETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MAIORANA giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 326/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 09/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/03/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Enna con la sentenza del 2 marzo 2010 dichiarava inefficace la cartella di pagamento emessa da Serit Sicilia (poi divenuta Riscossione Sicilia S.p.A.) in accoglimento dell’opposizione promossa da B.R..

Infatti, qualificata l’azione come opposizione agli atti esecutivi, riteneva che la notifica della cartella fosse inesistente in quanto eseguita attraverso una società privata e non da Poste Italiane. Avverso tale sentenza ha proposto appello la società concessionaria che, invece, deduceva che la notifica fosse regolare. Inoltre, attesa la validità della notifica della cartella in quanto eseguita comunque dal soggetto concessionario del servizio postale, ed attesa la qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi, deduceva che la stessa si palesava come tardiva, in quanto proposta oltre il termine prescritto dalla legge.

Nella resistenza dell’appellata che in via incidentale chiedeva dichiararsi la tardività del deposito delle memorie di replica in primo grado e l’inammissibilità della costituzione sempre in primo grado della società concessionaria, la Corte d’Appello di Caltanissetta, con la sentenza n. 326 del 9/6/2018 ha dichiarato l’appello inammissibile.

Infatti, richiamata la distinzione tra le opposizioni all’esecuzione e quelle agli atti esecutivi avverso le cartelle esattoriali, rilevava che le censure originarie della B. implicavano la proposizione di un’opposizione agli atti il che determinava l’inammissibilità dell’appello attesa la stessa accettazione da parte dell’appellante della qualificazione offerta sul punto sia dalla controparte che dal giudice di prime cure.

State l’inammissibilità dell’appello principale dichiarava inefficace l’appello incidentale espressamente condizionato.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso Riscossione Sicilia S.p.A. sulla base di tre motivi.

B.R. non ha svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 c.p.c. e della L.R. Sicilia n. 35 del 1960 per non avere il giudice di merito rilevato il difetto di giurisdizione del G.O., atteso che il credito oggetto della cartella opposta aveva natura tributaria.

Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 615,617 e 618 c.p.c. attesa la contraddittorietà tra il contenuto del dispositivo della sentenza resa dal Tribunale, che aveva dichiarato l’inefficacia della cartella e la qualificazione della domanda quale opposizione agli atti esecutivi.

Tale discrasia avrebbe dovuto quindi portare ad affermare che ai fini dell’ammissibilità dell’appello dovesse prescindersi dalla qualificazione formale adottata dal Tribunale, sebbene condivisa dalle parti.

Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza per motivazione mancante e conseguente violazione dell’art. 156 c.p.c., u.c. nonchè per violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. con omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto sarebbe stata erroneamente ravvisata la nullità della notifica della cartella, nonostante la sua validità ed il raggiungimento dello scopo.

Il ricorso deve essere rigettato.

Il primo motivo, sebbene la sua disamina sia logicamente condizionata al previo superamento della declaratoria di inammissibilità dell’appello, è a sua volta in ogni caso inammissibile, emergendo che la questione relativa al preteso difetto di giurisdizione sia stata sollevata per la prima volta in questa sede, senza che quindi abbia costituito oggetto di un motivo di appello.

In tal senso va richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui (cfr. da ultimo Cass. S.U. n. 10265/2018) il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicchè non può validamente prospettarsi l’insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all’esito del giudizio di secondo grado, perchè tale questione non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal “petitum” sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice.

Poichè nella fattispecie, la questione di giurisdizione sollevata con il motivo di ricorso, peraltro fondata su circostanze già preesistenti alla stessa introduzione della lite, non è stata oggetto di motivo di appello, deve ritenersi che sia sceso il giudicato interno sulla giurisdizione del G.O., il che rende inammissibile il mezzo in esame.

Il secondo motivo è infondato.

La Corte distrettuale ha rilevato d’ufficio l’inammissibilità dell’appello atteso che la pronuncia impugnata aveva deciso un’opposizione agli atti esecutivi, secondo la formale qualificazione offerta dal giudice di primo grado (cfr. pag. 9 del ricorso), che era a sua volta adesiva alla tesi difensiva della odierna ricorrente che, proprio da tale qualificazione, intendeva trarre il corollario della tardività dell’opposizione stessa.

La suddetta qualificazione è stata poi ulteriormente condivisa dalla Riscossione Sicilia che con l’atto di appello (cfr. pag. 16 del ricorso) insisteva sulla correttezza della medesima, al fine di riproporre la questione della tardività dell’opposizione.

I giudici di appello, nel pervenire alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, attesa la non appellabilità delle sentenze emesse in materia di opposizione agli atti esecutivi ex art. 618 c.p.c., hanno fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte secondo cui (Cass. n. 13381/2017) l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso un provvedimento giurisdizionale deve essere effettuata, in base al principio dell’apparenza, esclusivamente sulla base della qualificazione dell’azione compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua esattezza, sicchè soltanto ove il giudice dell’esecuzione non abbia fornito alcuna qualificazione giuridica all’opposizione proposta il giudice della impugnazione deve provvedere alla qualificazione, anche d’ufficio, non solo ai fini della decisione nel merito, ma anche ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione medesima (Cass. S.U. n. 4617/2011).

Ne deriva che, poichè nella fattispecie il Tribunale aveva adottato una formale qualificazione della domanda proposta come opposizione agli atti, e che tale qualificazione non era stata oggetto di contestazione ad opera delle parti, correttamente i giudici di appello sono pervenuti al rilevo dell’inammissibilità dell’appello.

Nè vale addurre che il contenuto della sentenza di primo grado sarebbe eccedente rispetto ai limiti consentiti dall’accoglimento di un’opposizione formale ex art. 617 c.p.c., in quanto, anche a voler soprassedere alla novità della censura rispetto alle difese sviluppate in sede di appello, a fronte della formale qualificazione assunta dal Tribunale, la stessa doveva essere veicolata nelle forme del ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale, proprio al fine di denunciare l’erroneità della soluzione raggiunta, in considerazione dei pretesi limiti posti in sede di opposizione formale.

Il terzo motivo si palesa poi come inammissibile, in quanto investe chiaramente il merito della vicenda quanto alla ritenuta invalidità della notifica della cartella esattoriale, ma presuppone evidentemente che sia superata la declaratoria di inammissibilità dell’appello, risultato questo che il ricorso non suo complesso non risulta in grado di assicurare.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Nulla a disporre quanto alle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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