Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11851 del 18/06/2020
Cassazione civile sez. II, 18/06/2020, (ud. 21/02/2020, dep. 18/06/2020), n.11851
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20199/2019 proposto da:
A.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI
BOCCHERINI 3 – SC 2, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO DE
ANGELIS, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SPACCHETTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 5697/2019 del TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA,
depositata il 03/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
21/02/2020 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO.
Fatto
RILEVATO
che:
è stata impugnata da A.N. l'”ordinanza” (rectius: dereto) n. 5697/2019 del Tribunale di Ancona con ricorso fondato su quattro motivi e resistito con controricorso dalla parte intimata.
Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla competente Commissione Territoriale il riconoscimento della protezione internazionale.
La domanda veniva rigettata.
Impugnata la decisione della detta Commissione con successivo ricorso, quest’ultimo veniva rigettato integralmente col provvedimento del Tribunale innanzi citato.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce il vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della decisione”.
Il motivo è del tutto inammissibile.
Lo stesso, in assenza – per di più – del riferimento al parametro normativo processuale alla cui stregua si svolge il motivo, finisce col contestare un vizio che non è più previsto come tale dalla vigente legge (art. 360 c.p.c., n. 5) quale l’insufficiente e contraddittoria motivazione.
Per di più la motivazione non risulta neppure esporsi ad altro genere di censura per sua pretesa carenza.
Il motivo, inoltre, cumula nella sua parte espositiva – in modo inestricabile e senza ossequio del principio di chiarezza e specificità – censure di varia natura e per di più erroneamente collegate ad errato parametro processuale di riferimento.
Il proposto ricorso non coglie, comunque, col motivo qui in esame l’effettiva ratio del provvedimento gravato.
Quest’ultimo – con specifiche, argomentate ed esaustive motivazioni (v. pp. 4 ss.), ha dato conto dell’insussistenza dei requisiti per il riconoscimento di quanto chiesto dal ricorrente.
Tanto affrontando ogni aspetto della questione e, quindi, l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, della protezione sussidiaria o del soggiorno per motivi umanitari.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
2.- Con il secondo motivo del ricorso (sempre in totale assenza di ogni riferimento normativo processuale) si deduce la “violazione ed errata applicazione” di norme relative al riconoscimento della protezione internazionale.
La succinta parte espositiva del motivo (di sette righi) fa riferimento del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, ed appare riferirsi alla pretesa vetustà dell'”incoerenza dei racconti narrati, delle circolari e dei report” sulla situazione del paese di provenienza (Senegal) del richiedente protezione.
Senonchè quella situazione del paese di provenienza, a ben vedere, è già stata congruamente valutata, con proprio accertamento fattuale, da parte del Giudice del merito e questa Corte – in sede di giudizio di legittimità – non può certo sostituire un novello apprezzamento meritale basato sul presupposto, altrettanto meritale, del preteso ed indimostrato non aggiornamento dei dati e dei report sul paese di provenienza.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
3.- Con il terzo motivo si deduce genericamente la “violazione di norme di legge” con riferimento al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.
4.- Con il quarto motivo si prospetta genericamente la “violazione di norme di legge” con riferimento al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
5.- Entrambi i suddetti motivi 3. e 4. Possono essere trattati congiuntamente.
Gli stesi sono inammissibili al pari e per le stesse ragioni già innanzi esposte sub 2. in quanto tendono ad una rivalutazione in punto di fatto di quanto già correttamente valutato nella sede propria da parte del Giudice del merito.
6.- Alla ritenuta inammissibilità dei singoli motivi consegue la declaratoria di inammissibilità, nel suo complesso, del ricorso.
7.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano come in dispositivo.
8.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
PQM
La Corte:
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020