Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1185 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 12334 del ruolo generale dell’anno 2014,

proposto da:

Carige R.D. Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a., in persona del

procuratore Dott.ssa G.M.C., in forza di procura in

autentica del Notaio E.M. di Monza del (OMISSIS), rep.

(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine

del ricorso, dall’Avv.to Daniele Calloni e dall’Avv.to Antonio

Rizzo, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’ultimo

difensore, in Roma, Via Toscana n. 10;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, n. 163/34/13, depositata in data 8

novembre 2013, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 ottobre 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– la controversia riguarda, in relazione all’anno d’imposta 2005, il trattamento Iva delle operazioni compiute da Carige R.D. Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a., nella qualità di delegataria in seno agli accordi di coassicurazione intercorsi con altre società assicuratrici, tutte remunerate con commissioni;

– l’Agenzia delle entrate, con avviso di accertamento n. (OMISSIS), aveva, tra l’altro, recuperato l’Iva – ed irrogato le conseguenti sanzioni – ritenendola dovuta per le prestazioni oggetto della delega svolte dalla società; aveva, inoltre, sanzionato l’omessa regolarizzazione delle fatture per operazioni imponibili afferenti a prestazioni di servizi;

– la società contribuente aveva impugnato il suddetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, che, con sentenza n. 231/40/11, previa riunione con altri ricorsi proposti dalla medesima società, quale consolidata, e, ai fini Ires, anche dalla consolidante Banca Carige s.p.a. – Cassa di risparmio di (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso altri avvisi di accertamento emessi, per gli anni 2003-2005, ai fini Irpeg/Ires e Irap per assunta illegittima deduzione di componenti negativi per difetto di competenza – li accoglieva parzialmente, annullando, per quanto di interesse, la pretesa Iva di cui all’atto impositivo (OMISSIS);

– la decisione di primo grado veniva, per quanto di interesse, dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 163/34/13, depositata in data 8 novembre 2013, in accoglimento dell’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate, riformata, con declaratoria di legittimità del rilievo ai fini Iva; in merito, il giudice di appello osservava che le prestazioni oggetto della convenzione di delega – come la conclusione del contratto con l’assicurato e la gestione della relativa esecuzione- non erano qualificabili, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza Skandia C-240/99), quali “operazioni di assicurazione” nè quali prestazioni di servizi relative a dette operazioni effettuate da mediatori e intermediari di assicurazione, per cui “i diritti di liquidazione” addebitati dall’impresa delegataria alle imprese coassicuratrici, in forza della convenzione di delega, ai quali l’assicurato era estraneo, non potevano essere ritenuti esenti Iva ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 2 del D.P.R. n. 633 del 1972;

– avverso la sentenza della CTR, Carige R.D. Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste, con controricorso l’Agenzia;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 111 Cost.,o comunque, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo e controverso della controversia, per avere la CTR, nel ritenere legittimo il rilievo Iva sulle commissioni di delega con le quali la coassicuratrice – delegataria era stata remunerata dalle coassicuratrici – deleganti per la gestione ed esecuzione del contratto di assicurazione, acriticamente aderito alle argomentazioni della Agenzia senza esporre l’iter logico-argomentativo sotteso alla decisione;

– il motivo – che consta di due sub censure – si profila, in parte, inammissibile e, in parte, infondato;

– inammissibile è il motivo, nella parte in cui denuncia il difetto di motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto trattasi di vizio non più censurabile in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nella specie, per essere stata la sentenza di appello depositata in data 8 novembre 2013 (v. nello stesso senso, Cass. n. 30948 del 2018);

– quanto alla assunta violazione dell’art. 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 111 Cost., va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; v. da ultimo Cass. 22949 del 2018). Come da ultimo precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018). Nella fattispecie le considerazioni svolte dalla CTR nella motivazione della sentenza, sono tali da disvelare chiaramente il fondamento della propria decisione, avendo il giudice di appello escluso che i diritti di liquidazione addebitati dall’impresa delegataria alle altre imprese coassicuratrici, in forza della convenzione di delega, fossero esenti dall’Iva, in quanto le prestazioni – di conclusione e gestione del contratto con l’assicurato – eseguite dalla contribuente coassicuratrice – delegataria non potevano rientrare nè nel concetto di “operazioni di assicurazione” – implicanti l’esistenza di un rapporto contrattuale tra il prestatore del servizio di assicurazione e il soggetto assicurato- nè in quello di prestazioni di servizi relative a dette operazioni effettuate da mediatori e intermediari di assicurazione, inquadrabili nel regime di esenzione di Iva del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 2, per avere la CTR ritenuto erroneamente che le prestazioni eseguite dalla contribuente in base alla convenzione di delega – di gestione del contratto di assicurazione e liquidazione del sinistro- non fossero “operazioni di assicurazione” in senso stretto, nè prestazioni di servizi relative a dette operazioni effettuate da mediatori e intermediari di assicurazione, escludendo così l’esenzione dell’Iva di cui all’art. 10, comma 1, n. 2, cit., ancorchè il regime di esenzione non potesse intendersi limitato alle prestazioni derivanti dal contratto assicurativo, dovendo essere ricomprese nel concetto di “operazione di assicurazione” anche le prestazioni fornite, come nella specie, dalla coassicuratrice-delegataria, di esecuzione del contratto assicurativo, con conseguente esenzione Iva delle relative commissioni di delega;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 9, per avere la CTR erroneamente ritenuto che le prestazioni eseguite dalla contribuente in base alla convenzione di delega non rientrassero nell’esenzione Iva di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 9, ancorchè l’incarico conferito alla coassicuratrice delegataria dalle coassicuratrici deleganti, mediante la convenzione di delega, fosse configurabile come un “mandato con rappresentanza” per cui gli atti di gestione ed esecuzione del contratto di assicurazione compiuti dalla delegataria, in nome e per conto anche delle altre coassicuratrici, rientrassero tra le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle operazioni di assicurazione, di coassicurazione e di vitalizio di cui all’art. 10, comma 1, n. 9 cit.;

– con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12, per avere la CTR ritenuto erroneamente non esenti dall’Iva le commissioni di delega, ancorchè le prestazioni eseguite dalla coassicuratrice-delegataria fossero da considerare, comunque, accessorie alle “operazioni di assicurazione” e, dunque, inquadrabili nel regime di esenzione Iva del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10;

– il secondo, il terzo e il quarto motivo – da trattare insieme per connessione- sono infondati;

– la sussistenza dell’esenzione va valutata alla luce del diritto dell’Unione. Le esenzioni dall’iva hanno difatti lo scopo di consentire una riscossione paragonabile delle risorse proprie dell’Unione in tutti gli Stati membri (fra varie, Corte giust. 16 novembre 2017, causa C308/16, Kozuba Premium Selection sp. z o.o.c. Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie, punto 44) e vanno intese restrittivamente, perchè introducono deroghe al principio generale in base al quale l’iva è riscossa per ogni prestazione di servizi eseguita a titolo oneroso da un soggetto passivo (da ultimo, Corte giust. 17 marzo 2016, causa C-40/15, Aspiro, punti 20 e 26). Ininfluente per quest’aspetto è l’applicazione del principio di neutralità fiscale. Il principio, difatti, non è una regola di diritto primario idonea a incidere sulla validità di un’esenzione, bensì un canone di interpretazione, da applicare insieme con quello concernente l’interpretazione restrittiva delle esenzioni (tra varie, Corte giust. In causa C-40/15, cit., punto 31; 19 luglio 2012, causa C-44/11, Deutsche Bank, punto 45);

– nel caso in esame, norma di riferimento è la Dir. n. 112 del 2006, art. 135, par. 1, lett. a), che così dispone: “Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

a) le operazioni di assicurazione e di riassicurazione, comprese le prestazioni di servizi relative a dette operazioni, effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione”. La disposizione corrisponde alla sesta Dir. n. 77/388/Cee del consiglio, art. 13, parte B, lett. a), che l’art. 135 ha sostituito e, quanto al diritto interno, si specchia nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10,1 comma, n. 2, il quale stabilisce che: “Sono esenti dall’imposta: (…) 2) le operazioni di assicurazione, di riassicurazione e di vitalizio; (…) 9) le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle operazioni di cui ai numeri da 1) a 7) …”.

A tanto la contribuente aggiunge il richiamo al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12, a norma del quale “…le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale”;

-preliminare è quindi l’identificazione della nozione di attività assicurativa alla quale l’esenzione si riferisce. In base al diritto unionale, che ascrive rilevanza alla portata economica dell’operazione, anche di là da etichette contrattuali (si veda, sul punto, Cass. 9 giugno 2017, n. 14406), quella di assicurazione sta nel fatto che l’assicuratore si impegna, a fronte del versamento di un premio, a procurare all’assicurato, in caso di realizzazione del rischio coperto, la prestazione convenuta. E anche il diritto interno, con l’art. 1882 c.c., detta una nozione equivalente: “L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro…”;

– l’operazione comporta, per sua natura, l’esistenza di un rapporto contrattuale tra il prestatore del servizio di assicurazione e il soggetto i rischi del quale sono coperti dall’assicurazione, ossia l’assicurato. A ogni modo, deve sussistere almeno un rapporto giuridico tra la società che offre la copertura di un rischio e coloro i rischi dei quali siano coperti o, comunque, la copertura assicurativa dev’essere fornita da un soggetto passivo il quale, pur non essendo direttamente assicuratore, procuri ai propri clienti tale copertura avvalendosi delle prestazioni di un assicuratore che si assume l’onere del rischio assicurato. Questa è la nozione di attività assicurativa costantemente applicata dalla giurisprudenza unionale, la quale: – in base alla considerazione che un’associazione non intratteneva alcun rapporto contrattuale con gli assicurati, ha escluso che le valutazioni peritali di danni causati ad autoveicoli eseguite per conto delle compagnie di assicurazioni ad essa aderenti costituissero operazioni di assicurazione oppure prestazioni di servizi relative a dette operazioni da mediatori e da intermediari di assicurazione giusta le richiamate disposizioni della sesta direttiva prima e di quella n. 2006/112 poi (Corte giust. 20 novembre 2003, causa C-8/01, Taksatorringen, punto 42); analoga valutazione ha svolto con riferimento all’impegno di una società di assicurazione di gestire, in cambio di un corrispettivo calcolato in base al prezzo di mercato, l’attività di un’altra società di assicurazioni controllata al cento per cento (Corte giust. 8 marzo 2001, causa C-240/99, Fórs.kkigsaktiebolaget Skandia); ha scartato per le medesime ragioni l’esenzione della quale si discute in relazione a una cessione a titolo oneroso, da parte di una società stabilita in uno stato membro ad una compagnia di assicurazioni stabilita in uno stato terzo, di un portafoglio di contratti di riassicurazione vita (Corte giust. 22 ottobre 2009, causa C-242/08, Holding GmbH);

– e allora, neanche alle attività delle quali si discute, ossia a quelle svolte da uno dei coassicuratori su delega degli altri, che, in base a quanto accertato in sentenza, sono consistite nella gestione ed esecuzione del detto contratto, si può riconoscere natura assicurativa;

– in base alla definizione fornita dall’art. 1911 c.c., secondo cui “Qualora la medesima assicurazione o l’assicurazione di rischi relativi alle stesse cose sia ripartita tra più assicuratori per quote determinate, ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della relativa quota, anche se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori”, quella di coassicurazione è un’operazione idonea a modulare gli effetti dell’assicurazione, in virtù della quale si generano separati rapporti assicurativi, di modo che ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive sostanziali e processuali relative al proprio rapporto con l’assicurato (Cass. 20 aprile 2017, n. 9961; 12 luglio 2005, n. 14590; 28 gennaio 2005, n. 1754); la stipulazione della clausola di “guida” o di “delega” non vale a modificare natura ed effetti dei distinti rapporti, con la creazione di un’obbligazione solidale tra i rispettivi titolari: la clausola ha la funzione di conferire a uno degli assicuratori l’incarico di gestire il contratto e di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, ma non elimina -nemmeno nel caso di mala gestio del coassicuratore delegato- la caratteristica essenziale della coassicurazione, ossia l’assunzione pro quota dell’obbligo di pagare l’indennità al verificarsi dell’evento previsto (Cass. 2 aprile 2001, n. 4799; 16 febbraio 2000, n. 1712; 23 novembre 1994, n. 9891). Le attività svolte dal coassicuratore delegato in esecuzione della clausola in questione, dunque, non sono attività assicurative, perchè il coassicuratore delegato assicura il rischio e resta conseguentemente obbligato a rivalere l’assicurato soltanto entro i limiti del proprio rapporto con lui, che scaturisce, pro quota, dal contratto di assicurazione e non già dalla clausola in questione. La coassicurazione non modifica, anzi, postula la ripartizione pro quota del rischio e di per sè esclude che la quota del coassicuratore delegato in virtù della stipulazione della clausola abbia ad aumentare: non sorge, dunque, dalla stipulazione della clausola l’obbligo del coassicuratore di coprire integralmente i rischi o, comunque, di coprire rischi maggiori di quelli originariamente assunti. La clausola di delega, in definitiva, non incide sul rapporto tra coassicuratore delegato e assicurato, ampliandolo, nè ne instaura uno ulteriore, anche nell’accezione ampia assunta dalla giurisprudenza unionale;

– irrilevante è, allora, la circostanza, che l’assicurato abbia sottoscritto il contratto di coassicurazione contenente la clausola di delega. Quel che rileva, difatti, è il contenuto dell’attività (tra varie, Corte giust. Arthur Andersen, causa C-472/03, punto 32; Abbey National, causa C.169/04, e J.C.M. Beheer, causa C-124/07, punto 17) che sia divenuta oggetto di un rapporto contrattuale anche indiretto con l’assicurato. Laddove l’attività delegata al coassicuratore in virtù della clausola in questione, consistita, come riferito dal giudice d’appello, nella riscossione del premio e nella liquidazione dell’indennizzo, per quanto se ne sia reso partecipe l’assicurato, non ha natura assicurativa: “benchè il servizio di liquidazione di sinistri di cui al procedimento principale, quale descritto dal giudice del rinvio, costituisca una componente essenziale dell’operazione di assicurazione laddove comprende, nel caso di specie, la determinazione della responsabilità e dell’importo del danno nonchè la decisione di versare o di rifiutare un indennizzo all’assicurato, occorre constatare che tale servizio, peraltro fornito all’assicuratore, non può configurare un’operazione di assicurazione, ai sensi della Dir. IVA, art. 135, paragrafo 1, lett. a)” (Corte giust. in causa C-40/15, Aspiro SA, punto 25; analoghe considerazioni si leggono in Corte giust. 3 marzo 2005, causa C-472/03, Arthur Andersen, punti 33-34). Non è quindi possibile riconoscere l’esenzione dall’iva alle operazioni svolte in esecuzione della clausola di delega affermandone l’assimilabilità a quelle assicurative;

– resta da verificare se spetti l’esenzione, come sostiene il giudice d’appello, in ragione del nesso di accessorietà delle operazioni in questione a quelle di assicurazione. E’ quanto sembra evincersi da un precedente di questa Corte (Cass. 4 novembre 2016, n. 22429), secondo cui, pur dovendosi affermare la necessità d’interpretare restrittivamente le nozioni di esenzione dall’iva, è possibile estendere l’esenzione dall’iva alla pluralità di prestazioni idonee ad integrare il servizio assicurativo sotto il profilo economico, anche se si abbia riguardo a quelle svolte da un coassicuratore in virtù della clausola di delega;

– incongruo è al riguardo il richiamo alla disciplina generale dell’accessorietà, contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12. Ciò perchè, in tema di assicurazioni, il diritto unionale ha fissato una regola speciale di accessorietà, che, in virtù del canone di specialità, prevale su quella generale. Il nesso di accessorietà rilevante è difatti circoscritto, con dizione più ristretta di quella prescelta per altri comparti, alle sole prestazioni di servizi relative a quelle di assicurazione e di riassicurazione, rese da un mediatore o da un intermediario di assicurazione. La stessa Corte di giustizia ha evidenziato la specialità di questo nesso, in rapporto a quello concernente la prestazione dei servizi finanziari, in relazione ai quali aveva stabilito (Corte giust. 5 giugno 1997, causa C-2/95, Sparekassernes Datacenter) che la mera circostanza che la fatturazione di un servizio sia svolta da un terzo non osta a che l’operazione alla quale essa fa riferimento possa beneficiare dell’esenzione ai sensi della sesta Dir. n. 77/388, art. 13 B, lett. d), punti 3 e 5. L’esenzione delle operazioni di assicurazione concerne difatti soltanto quelle propriamente dette, mentre l’esenzione riguardante i servizi finanziari si riferisce, con dizione più ampia, alle operazioni “relative a determinate operazioni bancarie” (Corte giust. 17 marzo 2016, causa C-40/15, Aspiro SA, punto 29);

– nella materia dell’assicurazione, dunque, il nesso utile di accessorietà è identificato in relazione a due presupposti concorrenti: a) la “relatività” delle operazioni, ossia la loro correlazione a quelle di assicurazione e riassicurazione; b) la circostanza che esse siano rese da un mediatore o da un intermediario di assicurazione. Quel che rileva per la Corte è dunque l’attività in sè dell’assicurare, che si sostanzia nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, dietro versamento di un corrispettivo. L’estensione dell’esenzione alle attività dell’intermediario si spiega quindi per la sua idoneità a porre in relazione assicuratore e potenziale assicurato. Non rilevano, invece, ai fini dell’esenzione, le attività successive, come quelle oggetto della delega. Queste attività sono sì necessarie, ma non già ai fini del perfezionamento dell’operazione di assicurazione, bensì al fine dell’adempimento degli obblighi dell’assicuratore scaturenti dall’operazione già definita;

– e resta allora irrilevante, ai fini dell’esenzione, la prestazione dell’attività in questione, anche se il servizio fosse stato fornito, come sostiene la contribuente, direttamente all’assicurato. Ciò perchè il servizio non consiste nella copertura di un rischio, nè è reso da un mediatore o intermediario di assicurazioni. Indubbiamente, nella chiave della rilevanza della sostanza economica dell’operazione, non è necessario che le operazioni delle quali si discute siano rese da soggetto che abbia la qualifica formale di mediatore di assicurazioni (sentenza Aspiro SA in causa C-40/15). Ma è comunque necessario che l’attività in questione comprenda “aspetti essenziali della funzione di intermediario di assicurazione, come ricercare i potenziali clienti e metterli in relazione con l’assicuratore” (in termini, anche sentenza Arthur Andersen, causa C-472/03, punti 33 e 36). Il che spoglia di rilevanza la verifica ritenuta, invece, necessaria da altra pronuncia di questa Corte (Cass. 8 marzo 2017, n. 5885), secondo cui ai fini dell’assoggettabilità delle operazioni di coassicurazione al regime di esenzione iva, occorre verificare se la società coassicuratrice delegataria che gestisce la liquidazione dei sinistri sia anche parte del rapporto in essere con l’assicurato, per avere assunto obbligazioni contrattuali nei suoi confronti sotto il profilo della garanzia della copertura del rischio, sia pure secondo le caratteristiche proprie della coassicurazione. Difatti, ha ulteriormente specificato la Corte di giustizia, “l’attività consistente nella liquidazione dei sinistri in nome e per conto di un assicuratore, come quella di cui al procedimento principale, non è in alcun modo connessa al fatto di ricercare potenziali clienti e metterli in relazione con l’assicuratore in vista della conclusione di contratti di assicurazione” (punto 40 della sentenza Aspiro). E, anche nel caso in esame, è indubbio che le attività delegate delle quali si discute non sono state mirate alla ricerca di potenziali clienti;

– si potrebbe, peraltro, sostenere che le attività delegate possano rientrare nello specchio dell’esenzione perchè oggetto di mandato, le prestazioni relative al quale sono comunque esentate, a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10,1 comma, n. 9, se “relative alle operazioni di cui ai nn. da 1 a 7”, tra le quali sono appunto comprese quelle di assicurazione. Le attività svolte in esecuzione della clausola di delega s’inscrivono difatti nell’ambito del rapporto di mandato da essa scaturente: la clausola si risolve nel conferimento a uno dei coassicuratori dell’incarico di gestire la polizza, con l’attribuzione di un potere di rappresentanza nel compimento di atti giuridici, fino al pagamento dell’intero indennizzo (Cass. 20 aprile 1990, n. 3302; 14 giugno 1982, n. 3613). La circostanza che il mandato sia con rappresentanza – circostanza, questa, oggetto di accertamento contenuto nella sentenza impugnata e sulla quale ha insistito la controricorrente anche in discussione-, non giova alla conclusione auspicata dalla contribuente;

-in relazione al mandato senza rappresentanza, che riceve specifica disciplina nella sesta direttiva (e nel corrispondente art. 28 della direttiva n. 112 del 2006), art. 6, si può affermare che se la prestazione di servizi cui il mandatario partecipa è esentata dall’iva, tale esenzione è altresì applicabile al rapporto giuridico tra il mandante e il mandatario (Corte giust. 14 luglio 2011, causa C-464/10, Etat belge c. Pierre Henfling, Raphaèl Davin e Koenraad Tanghe, in qualità di curatori fallimentari della Tiercè Franco-Belge SA, punto 35). In base al trattamento che ai fini dell’iva il mandato riceve dal diritto unionale, qualora un soggetto passivo che agisce in nome proprio ma per conto altrui partecipi ad una prestazione di servizi, si riterrà che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo proprio. La disposizione crea quindi la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente, per effetto della quale l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi, cioè il mandatario, si ritiene che abbia ricevuto, in un primo tempo, i servizi in questione dall’operatore per conto del quale agisce, cioè il mandante, prima di fornire, in un secondo tempo, personalmente tali servizi al cliente (in termini, Cass. 18 dicembre 2013, n. 28285 e 23 ottobre 2013, n. 23899); occorre pur sempre, tuttavia, che il mandatario senza rappresentanza partecipi a una prestazione di servizi di natura assicurativa o che comunque risponda al canone di accessorietà sopra illustrato;

– ad analoghe conclusioni si perviene, peraltro, nel caso del mandato con rappresentanza, come quello in esame, in base a un’interpretazione della disposizione in esame conforme al diritto dell’Unione e alla nozione restrittiva delle esenzioni che la giurisprudenza unionale predica (arg. da Corte giust. in causa C464/10, cit., punto 32). Anche per il mandato con rappresentanza bisogna difatti aver riguardo al contenuto dell’attività che ne è oggetto, di modo che in relazione a esso si potrà applicare l’esenzione soltanto qualora il mandatario svolga attività oggettivamente assicurativa, nell’accezione dinanzi indicata, oppure svolga quella propria dell’intermediario o del mediatore in relazione alle prestazioni assicurative. Neanche per quest’aspetto, dunque, si riesce a estendere alle attività oggetto della clausola di delega al coassicuratore il regime dell’esenzione dall’iva del quale si discute. Il che ne comporta l’esclusione. E ciò in applicazione del principio stabilito dalla suddetta sentenza Aspiro, secondo cui “La Dir. 2006/111/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, art. 135, paragrafo 1, lett. a), dev’essere interpretato nel senso che servizi di liquidazione di sinistri, come quelli di cui al procedimento principale, forniti da un terzo in nome e per conto di un’impresa di assicurazione, non rientrano nell’esenzione prevista da tale disposizione;

– in materia, questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo cui: “In tema di IVA, l’attività oggetto della clausola di delega al coassicuratore non è esente ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 2, poichè la coassicurazione non modifica la ripartizione “pro quota” del rischio tra i coassicuratori, nè concerne aspetti essenziali dell’attività d’intermediario o di mediatore di assicurazione, con particolare riguardo alla ricerca di potenziali clienti, e, pertanto, la stessa non ha natura assicurativa, neppure in via accessoria. ” (Cass., sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11442; nello stesso senso Cass. 31 luglio 2018, n. 20249; 24 agosto 2018, n. 21070; 15 ottobre 2018 n. 25649);

– nella specie, la CTR si è attenuta al suddetto principio, avendo ritenuto dovuta l’Iva sulle prestazioni- di gestione e esecuzione del contratto di assicurazione – eseguite dalla delegataria nei confronti delle deleganti nell’ambito del rapporto di coassicurazione, non rientrando queste ultime nella nozione di “operazioni di assicurazione nè in quella di prestazioni di servizi relative a dette operazioni effettuate da mediatori e intermediari di assicurazione”, per cui “i diritti di liquidazione” addebitati dall’impresa delegataria alle imprese coassicuratrici, in forza della convenzione di delega, ai quali l’assicurato era estraneo, non potevano essere considerati esenti Iva ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 2;

– con il quinto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, per avere la CTR, nel ritenere legittimo il rilievo Iva, omesso erroneamente di revocare le sanzioni comminate dall’Agenzia, ancorchè sussistesse una obiettiva incertezza normativa sulla nozione di “operazione di assicurazione” con conseguente scusabilità dell’illecito;

– il motivo si profila inammissibile;

– premesso che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità (Cass., sez 6-5, 14 luglio 2016, n. 14402; Cass. sez. 5, 12 novembre 2014, n. 24060), nella specie-atteso che l’asserita omessa pronuncia sulla domanda di disapplicazione delle sanzioni andava, semmai, censurata per violazione dell’art. 112 c.p.c. – il motivo difetta in punto di autosufficienza, non avendo la società contribuente chiarito di avere formulato apposita domanda di disapplicazione delle sanzioni in primo grado e di averla poi ribadita in grado di appello;

– in conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato;

– stante la peculiarità della materia e il consolidamento della giurisprudenza di legittimità in materia successivamente alla proposizione del ricorso, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA