Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11845 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. II, 27/05/2011, (ud. 18/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.D., rappresentato e difeso, in virtù di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. DE MURO FIOCCO Sabino,

elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Francesco Saverio

Saracino in Roma, Via San Remo n. 3/D;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CANOSA DI PUGLIA, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del

controricorso, dall’Avv. PACCIONE Luigi, elettivamente domiciliato in

Roma nello studio del Dott. Alfredo Placidi, Via Cosseria, n. 2;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1116 del 12

novembre 2007.

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 18

aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Su ricorso dell’arch. C.D., il Presidente del Tribunale di Trani, con decreto in data 24 maggio 1993, ingiunse al Comune di Canosa di Puglia il pagamento della somma di L. 25.797.200, oltre accessori, a titolo di compenso professionale per la redazione di un progetto per la realizzazione di parchi e giardini.

Propose opposizione il Comune, deducendo di non essere tenuto al pagamento, perchè subordinato alla concessione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti, poi non concesso.

Con sentenza in data 6 maggio 2003, il Tribunale di Trani rigettò l’opposizione.

2. – La Corte d’appello di Bari, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 12 novembre 2007, ha accolto il gravame del Comune e, per l’effetto, ha rigettato la domanda del C. e revocato il decreto ingiuntivo.

2.1. – La Corte territoriale ha rilevato che l’inosservanza della prescrizione di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali), convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 1989, n. 144, nelle delibere comunali di effettuazione di qualsiasi spesa, determina la nullità della delibera stessa e si estende anche, come nel caso di specie di affidamento di incarico al professionista per la progettazione di un’opera pubblica, al contratto relativo, escludendone l’idoneità a costituire titolo per il compenso.

La Corte d’appello ha quindi osservato che nella Delib. Giunta municipale di Canosa di Puglia 20 luglio 1989 non vi è alcun impegno contabile regolarmente registrato sul competente capitolo di bilancio.

La Corte di Bari – rilevato che l’affidamento dell’incarico della progettazione per la realizzazione di parchi e giardini, per l’importo di L. 250.000.000, era stato deliberato sul presupposto della contrazione di un mutuo di pari importo, assistito da un contributo regionale, oltre tutto senza una specifica indicazione dell’ammontare della spesa per la progettazione – ha poi precisato che nel caso in esame il mutuo non è stato concesso (anche se non per responsabilità del professionista, per cui occorreva iniziare una nuova procedura da parte del Comune, con nuovo piano finanziario ed assunzione di mutuo con diretta corresponsione delle quote di ammortamento da iscriversi in apposito capitolo di bilancio).

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 dicembre 2008, sulla base di due motivi.

Ha resistito, con controricorso, il Comune.

In prossimità dell’udienza il Comune ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il Collegio ha deliberato di adottare una forma semplificata nella decisione del ricorso.

2. – Con il primo mezzo (violazione e falsa applicazione della L. 2 maggio 1989, n. 66, art. 23, convertito in L. 24 aprile 1989, n. 144, e degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3) il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia tratto le dovute conseguenze dall’affermazione che, non essendo stato il mutuo concesso, occorreva iniziare una nuova procedura da parte del Comune di Canosa, con un nuovo piano finanziario ed assunzione di mutuo con diretta corresponsione delle quote di ammortamento da iscriversi in apposito capitolo di bilancio.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte di cassazione che ove, come nella specie, la convenzione preveda modalità di pagamento alternative, l’una in via principale e l’altra in via subordinata, l’applicabilità del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, non copre la modalità di pagamento stabilita in via subordinata, giacchè, in tal caso, l’attività dell’amministrazione prevista dal D.L. n. 66 del 1989, art. 23, in riferimento alla modalità di pagamento subordinata, opera in un momento successivo alla firma della convenzione e, quindi, in applicazione dei principi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 cod. civ., nella fattispecie, dopo avere acquisito la notizia certa della mancata erogazione del finanziamento il Comune di Canosa era obbligato ad iniziare una nuova procedura con un nuovo piano finanziario e che, in difetto, non può avvalersi del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, per coprire la propria inerzia anche in riferimento agli obblighi contrattuali previsti in convenzione in via subordinata”.

2.1. – Il motivo è infondato, dovendo farsi applicazione del principio secondo cui il contratto d’opera professionale nel quale il pagamento del compenso al professionista sia stato condizionato con apposita clausola al finanziamento, da parte dei competenti organi pubblici, dei lavori da progettare, non si sottrae all’applicazione del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, commi 3 e 4, con la conseguenza che il rapporto obbligatorio non è riferibile all’ente – cui, a mente della citata disposizione, l’effettuazione di qualsiasi spesa è consentita solo in presenza della deliberazione autorizzata nelle forme previste dalla legge e divenuta o dichiarata esecutiva -, ma intercorre, ai fini della controprestazione, tra il privato e l’amministratore o funzionario che abbia assunto l’impegno (Cass., Sez. 1^, 1 febbraio 2005, n. 1985).

3. – Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3) ci si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto nulla e priva di effetti la convenzione intercorsa tra le parti, pur avendo il Comune soltanto affermato nel corso del giudizio di non avere inserito nelle scritture contabili il capitolo di spesa relativo alla prestazione professionale, senza però fornire alcuna prova in merito. Di qui il quesito per cui l’applicabilità del citato art. 23 “richiede la prova da parte dell’amministrazione … dell’inesistenza dell’impegno contabile sul competente capitolo di bilancio di previsione non solo all’atto del conferimento dell’incarico e della stipulazione del relativo contratto, ma anche dopo il mancato ottenimento del mutuo”, non potendo, in difetto, l’eccezione relativa all’applicabilità del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, essere accolta.

3.1. – La censura non coglie la ratio decidendi, perchè la Corte d’appello ha invece accertato che la deliberazione di conferimento dell’incarico non recava alcun preciso impegno di spesa, nè imputazione della stessa ad un capitolo di bilancio. In altri termini, il giudice del merito ha rilevato che il debito non era stato validamente assunto dall’amministrazione secondo le norme di contabilità pubblica: insussistenza del regolare impegno contabile che comporta l’invalidità del titolo e la riferibilità al funzionario amministrativo in proprio, anzichè all’amministrazione, della responsabilità contrattuale. La deduzione del ricorrente, secondo cui “l’eccezione relativa al D.L. n. 66 del 1989, art. 23, sarebbe rimasta sfornita di riscontri probatori”, è generica.

4. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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