Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11843 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. II, 18/06/2020, (ud. 20/06/2019, dep. 18/06/2020), n.11843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16781/2015 proposto da:

Città Metropolitana Roma Capitale, elettivamente domiciliata in

Roma, Via IV Novembre 119-A, presso lo studio dell’avvocato Giovanna

Albanese, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.G., elettivamente domiciliato in Roma, P.Za Ugo Da

Como 9, presso lo studio dell’avvocato Andrea Barbuto, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3131/2014 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/06/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato da Città Metropolitana di Roma Capitale, succeduta ex lege alla Provincia di Roma, nei confronti di I.G. avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposta dalla Provincia medesima;

– il contenzioso fra le parti era insorto a seguito della sanzione comminata al sig. I. ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 12, per l’esercizio dell’attività di autoriparazione meccanica in assenza della regolare tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti pericolosi generati e consistenti in olii esausti;

– il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione proposta dallo I. nei confronti dell’ordinanza-ingiunzione e la Provincia proponeva gravame;

– l’appellato si costituiva eccependo l’inammissibilità dell’appello perchè tardivamente proposto e la Corte d’appello statuiva in conformità;

– la corte rilevava che la rituale notifica dell’impugnazione era avvenuta il 13/5/2010 mentre il termine lungo (1 anno e 46 giorni) scadeva il 11/1/2010 (essendo stata la sentenza impugnata pubblicata il 26/11/2008);

– prima di tale scadenza, osservava la corte d’appello, era stata tentata la notifica presso un domicilio diverso da quello di (OMISSIS), ove la parte aveva eletto domicilio in primo grado da quello eletto in primo grado dalla parte e a tale domicilio la notifica non era andata a buon fine;

– la cassazione della sentenza della corte capitolina è chiesta da Città Metropolitana di Roma Capitale con ricorso notificato il 23 giugno 2015 ed affidato a quattro motivi cui resiste con controricorso I.G..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 330 c.p.c. e della L. n. 247 del 2012, art. 7, per avere la Corte d’appello affermato che l’art. 330 cit., indicherebbe l’obbligo di tentare sempre e comunque la notifica al procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e solo in via sussidiaria, in caso di esito negativo della medesima, di effettuare le indagini sul domicilio effettivo del procuratore della parte;

-la doglianza è infondata seppure va corretta la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4;

– è noto infatti che in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione – come nel caso di specie essendo stata l’opposizione introdotta avanti al Tribunale di Tivoli, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione (cfr. Cass. Sez. Un. 3818/2009);

– ciò posto nel caso di specie, la notifica andava eseguita nel domicilio eletto;

– tuttavia, essa non ha raggiunto il suo destinatario e pertanto non può ritenersi nulla ma, secondo i principi enunciati da questa Corte, inesistente;

– è stato infatti precisato che l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione;

– tali elementi consistono, per quanto qui di interesse in relazione alla consegna nel raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (cfr. Cass. Sez. Un. 14916/2016);

– ciò posto, nel caso di specie la prima notifica dell’impugnazione avvenuta in (OMISSIS), luogo in cui dall’Albo degli Avvocati risulta lo studio dell’avvocato Barbuto, in data 29/12/2009, non era stata eseguita per essere lo stesso sconosciuto al portiere e quindi l’atto era stato restituito al mittente;

– solo la successiva notifica, eseguita il 13/5/2010 a seguito di l’istanza dell’appellante presentata alla prima udienza avanti alla Corte d’appello di Roma, andava a buon fine;

-nondimeno tale seconda notifica dell’impugnazione è tardiva, come immediatamente eccepito dall’appellato all’atto della costituzione, in forza del principio secondo il quale in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (cfr. Cass. Sez. Un. 14594/2016 e le successive Cass. 19059/2017; 20700/2018);

– ebbene, nel caso di specie la riattivazione – conseguente all’istanza del 20/4/2010 – è avvenuta a distanza di mesi dal 29/12/2009 e comunque oltre il termine della metà di quello di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c., per proporre l’appello;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, per non avere la corte d’appello ritenuto sanato per raggiungimento dello scopo a seguito della costituzione dell’appellato ogni vizio della notifica dell’appello;

– la doglianza è infondata;

– la costituzione in giudizio del convenuto sana la nullità con effetti ex tunc, ma non l’inesistenza della notificazione, nel qual caso la costituzione del convenuto ha efficacia ex nunc e non vale, pertanto, ad impedire la decadenza dell’impugnazione quando il termine sia già scaduto al momento della costituzione in giudizio (v. Cass. n. 10358/05);

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 149 c.p.c., comma 3, per non avere la corte d’appello ritenuto perfezionata la notifica con la consegna all’ufficiale notificante in applicazione del principio dell’effetto differito della notifica fra il notificante ed il destinatario;

– la censura è infondata;

– l’effetto differito della notifica è infatti subordinato alla circostanza che il procedimento notificatorio giunga a compimento, il che non è accaduto e, dunque, il principio non può essere invocato;

– con il quarto motivo si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, due profili: il primo attiene alla violazione dell’art. 184-bis c.p.c. e dell’art. 294 c.p.c., commi 2 e 3, per non avere la corte territoriale considerato la rimessione in termini derivante dall’assegnazione del termine per la rinnovazione della notifica;

– il secondo censura la contraddittorietà della sentenza rispetto al provvedimento adottato dal collegio alla prima udienza con cui ha assegnato termine per la rinnovazione della notifica dell’atto d’appello;

– entrambi i profili sono inammissibili;

– entrambi descrivono censure generiche e conseguentemente inidonee ad inficiare la statuizione impugnata;

– l’esito sfavorevole di tutti i motivi comporta il rigetto del ricorso;

– in applicazione della soccombenza parte ricorrente va inoltre condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del contro ricorrente e liquidate in Euro 1700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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