Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1184 del 18/01/2018


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Cassazione civile, sez. I, 18/01/2018, (ud. 12/09/2017, dep.18/01/2018),  n. 1184

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 184/2013, depositata il 14 gennaio 2013, ha confermato la decisione n. 16866/2005, con la quale il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda proposta da S.S., C.D. e G.A. di condanna del Ministero dei Lavori Pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) al pagamento delle somme loro dovute, in base alle tariffe degli ingegneri e architetti, a titolo di compenso per l’attività svolta quali componenti della Commissione di collaudo dei lavori della Diga sul fiume (OMISSIS), su incarico conferito dall’Agensud con provvedimento del 10 luglio 1986;

avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione S.S., + ALTRI OMESSI, quali eredi di G.A., nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, affidato a due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.;

l’intimato non ha svolto attività difensiva.

Considerato che:

con i due motivi di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 111, della L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18 e del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, 206 e 210 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – gli istanti si dolgono del fatto che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che la Commissione di collaudo – già costituita dall’Agensud, e confermata dal Ministero con D.M. 5 novembre 1999, n. 2379 (dopo la soppressione di detto ente), ai sensi della L. n. 109 del 1994, art. 28 e art. 206 del regolamento di attuazione n. 554 del 1999, limitatamente a tre soli membri ( S.S., C.D. e G.A.), in luogo degli originari cinque – costituisse una prosecuzione dell’organo precedente, nominato nella vigenza del r.d. n. 350 del 1895;

a detta degli istanti la Corte territoriale avrebbe, invero, erroneamente escluso che il precedente collegio costituisse un collegio perfetto – che, in quanto tale, deve sempre deliberare con la presenza di tutti i suoi componenti – il cui funzionamento fosse stato precluso dal venir meno di due membri non sostituiti, e che, di conseguenza, la nomina della nuova commissione, nel vigore della disciplina sopravvenuta, avesse comportato l’estinzione per novazione dell’obbligazione dei membri dell’originaria commissione di effettuare il collaudo e di redigere il relativo certificato;

invero, a parere dei deducenti, sia la previsione del R.D. n. 350 del 1895, art. 111 sia quella di cui al D.P.R. n. 554 del 1999, art. 206 nel prevedere la sottoscrizione del verbale delle operazioni da parte di tutti i membri della commissione, con verbalizzazione anche di eventuali dissensi, avrebbe dovuto indurre la Corte a ritenere che la suddetta commissione costituisse un collegio perfetto;

ne sarebbe conseguita l’erroneità dell’assunto della Corte di merito, secondo cui la fonte del rapporto instaurato con i tre membri della commissione sarebbe rimasta il provvedimento di Agensud del 10 luglio 1986, con il quale i cinque componenti dell’originaria commissione avevano accettato il compenso in deroga ai minimi tariffari, ai sensi della L. 10 agosto 1950, n. 463, art. 26;

del tutto erronea sarebbe, quindi l’esclusione dell’applicabilità delle tariffe professionali, richiamate dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 210 sull’ulteriore erroneo presupposto che mancherebbe, nel caso di specie, un atto scritto ad substantiam di conferimento dell’incarico ai collaudatori, laddove i contratti con la p.a. sono sempre soggetti a tale rigore formale.

Ritenuto che:

l’Amministrazione dei lavori pubblici – come correttamente rilevato dalla Corte d’appello – sia succeduta “ope legis”, in forza del disposto del D.Lgs. 3 aprile 1993, n. 96, art. 9 alla cosiddetta Agensud (soppressa dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, art. 2), nei rapporti relativi alle opere ed ai progetti speciali già di pertinenza della detta agenzia, e che, di conseguenza, in merito a tali rapporti – in tutte le loro fasi, ivi compresa, quindi, quella del collaudo e del pagamento del relativo compenso ai collaudatori dell’opera – relativi all’esecuzione di progetti speciali prima facenti capo all’Agensud, sia subentrato in via definitiva il Ministero dei lavori pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei rapporti) (Cass. 25/03/1999, n. 2802; Tribunale superiore acque, 09/07/1996, n. 65);

da tale successione ope legis discenda, pertanto, che – contrariamente all’assunto dei ricorrenti – la nuova disciplina del rapporto de quo, introdotta dalla L. n. 109 del 1999, art. 28, del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 206 e dal D.M. n. 2379 del 1999, non ha dato vita ad una nuova e diversa commissione di collaudo, che comporti la costituzione di un nuovo rapporto, anche in relazione al compenso da corrispondersi ai collaudatori;

tale conclusione sia avvalorata dalla considerazione che il D.M. n. 2379 del 1999 – trascritto nel punto essenziale nel ricorso – prevede che “la Commissione di collaudo (…) per i lavori per la Diga sul fiume (OMISSIS) è confermata” nelle persone dei signori S., C. e G., essendo evidente che l’uso della locuzione “confermata”, riferita alla Commissione di collaudo nel suo insieme, esprima la chiara volontà del Ministero di confermare l’organo a suo tempo nominato, attribuendo continuità all’attività svolta dal medesimo, laddove la riduzione dei membri da tre a cinque è stata imposta esclusivamente dal dettato della L. n. 109 del 1999, art. 28, comma 4;

pertanto, la mera riduzione numerica, per volontà di legge, dei componenti della Commissione non possa comportare – come preteso dagli istanti – una “novazione” dei diritti e degli obblighi incombenti su tale organismo, che continuano ad essere quelli di cui al relativo provvedimento costitutivo del 10 luglio 1986.

Ritenuto che:

neppure colga nel segno l’assunto dei ricorrenti, secondo i quali, costituendo la Commissione di collaudo, a suo tempo nominata, un collegio perfetto, la mancata conferma di due dei componenti originari avrebbe dato luogo ad una Commissione del tutto nuova, non potendo la precedente – che per disposto di legge non poteva funzionare se non con la presenza di tutti i suoi componenti – procedere al collaudo finale ed all’emissione del relativo certificato;

invero, un collegio debba ritenersi perfetto, tranne si tratti di un organo giurisdizionale, nelle ipotesi nelle quali la legge, espressamente o implicitamente, preveda la presenza di tutti i componenti per le attività deliberative e valutative che il collegio medesimo deve operare, ossia quando dalla previsione normativa sia enucleabile l’univoca volontà del legislatore di richiedere per il valido funzionamento dell’organo la presenza di tutti i membri del collegio (Cass. 26 aprile 2016, n. 8245; Cons. Stato 01/10/2002);

al riguardo, l’indice più sicuro per individuare un collegio perfetto – quando la legge non offra elementi univoci in tal senso – sia costituito dalla previsione, accanto ai componenti effettivi, anche di componenti supplenti, essendo lo scopo della supplenza garantire che il collegio possa operare con il plenum anzichè con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall’assenza di taluno dei suoi componenti (Cons. Stato 01/10/2002; Cons. Stato 06/06/2011, n. 3363; Cons. Stato 14/05/2014, n. 2500);

Considerato che:

nel caso concreto, sia il R.D. n. 350 del 1895, art. 11 che il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 106 si limitano a prevedere che, quando il collaudo è affidato ad una commissione, “le operazioni sono dirette dal presidente, ma i verbali e la relazione sono firmati da tutti i membri della commissione”, e che il componente dissenziente ha il diritto di esporre le ragioni del proprio dissenso;

le disposizioni succitate – in mancanza di un’esplicita previsione secondo cui, in caso di impedimento, il membro della commissione assente debba essere sostituito da un supplente – non possono, pertanto, essere intese se non nel senso che i verbali debbano essere sottoscritti da tutti i componenti presenti, restando in facoltà dei dissenzienti far constare il proprio dissenso negli atti del collaudo;

Ritenuto che:

di conseguenza, il rapporto in questione, instauratosi con l’Agensud e proseguito con il Ministero, debba continuare a trovare la propria disciplina pattizia derogatoria, rispetto alle tariffe professionali ordinarie, nel provvedimento di nomina dell’originaria commissione in data 19 luglio 1986, accettato espressamente dai collaudatori;

non rilevi, in proposito, l’inderogabilità dei limiti tariffari di categoria stabiliti per i professionisti, essendo tale inderogabilità circoscritta dalla L. 1 luglio 1977, n. 404, art. 6 ai soli incarichi professionali privati, sicchè essa non opera per gli incarichi conferiti da enti pubblici, atteso che detta norma, interpretando autenticamente l’articolo unico della L. 5 maggio 1976, n. 340, – che sancisce l’inderogabilità dei minimi delle tariffe professionali degli ingegneri e degli architetti ne ha limitato l’applicazione ai rapporti intercorrenti tra privati, con previsione che non viola l’art. 3 Cost., poichè la derogabilità dei minimi tariffari prevista dall’art. 6 legge cit. riguarda anche i professionisti privati (Cass. 27/06/2011, n. 14187; Cass. 14/10/2004, n. 20296; Cass. 19/07/2001, n. 9806);

Ritenuto che:

per tutte le ragioni suesposte, il ricorso debba essere rigettato, senza statuizione alcuna sulle spese, attesa la mancata costituzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel presente giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2018

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