Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11839 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. II, 27/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G., residente in (OMISSIS), rappresentato e difeso per

procura in calce at ricorso dall’Avvocato Pagliari Mario,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Francesco

Braschi in Roma, viale Parioli n. 180;

– ricorrente –

contro

F.P. e F.S.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1705 del Giudice di pace di Parma, depositata

il 9 giugno 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

aprile 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha chiesto che il ricorso

sia dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 7 novembre 2011, F.G. ricorre, sulla base di sei motivi, illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza n. 1705 del Giudice di pace di Parma, depositata il 9 giugno 2005. che, in accoglimento della domanda avanzata da F.P. e F.S., l’aveva condannato, previa dichiarazione della sua contumacia, al pagamento della somma di Euro 196,56 a titolo di rimborso, per la metà, delle spese affrontate dalle attrici per la manutenzione di due cancelli di uno stradello di loro proprietà utilizzato dal convenuto come passaggio per raggiungere la sua abitazione, avendo ritenuto il giudicante provata sia l’utilizzazione de passaggio ad opera del convenuto che le spese sostenute per la sua manutenzione. Le parti intimate non si sono costituite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 cod. proc. civ. in relazione all’art. 311 stesso codice, censurando la sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità dell’atto di citazione in giudizio, nella contumacia del convenuto, per omessa indicazione del giudice di pace davanti al quale egli era stato citato, aggiungendo che tale indicazione nemmeno emergeva dal contenuto dell’atto nè poteva desumersi dall’ubicazione dei fondi delle attrici e del convenuto, tutti siti nel Comune di (OMISSIS), che si trova nella circoscrizione territoriale del Giudice di pace di Fornivo Taro.

Il motivo è infondato.

Dalla visione dell’atto di citazione in giudizio – consentito a questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunziato emerge infatti chiaramente che esso, nella sua intestazione, era indirizzato ai Giudice di pace di Parma, indicazione che, senza ombra di dubbio o di incertezze, portava a conoscenza del convenuto l’organo giudiziario di fronte al quale egli veniva citato in giudizio. Che poi tale designazione non sia stata ripetuta nella parte dell’atto contenente l’invito a comparire, è circostanza del tutto irrilevante, attesa l’espressa ed univoca indicazione del giudice fatta dall’atto nel suo complesso, il quale va interpretato e valutato, quanto ai suoi necessari requisiti di contenuto (art. 163 cod. proc. civ.), come documento unitario. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 21 e 15 cod. proc. civ., lamentando che il giudice di pace non abbia dichiarato la propria incompetenza per materia, per valore e per territorio in ragione del fatto che la domanda delle attrici trovava il suo necessario presupposto nell’accertamento del possesso ovvero della titolarità della servitù di passaggio in capo al convenuto.

Il motivo è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 38 c.p.c., comma 1, l’incompetenza per materia, per valore e per territorio può essere rilevata non oltre la prima udienza di trattazione del giudizio di primo grado. Ne deriva che laddove la parte non abbia ritualmente sollevato la questione di competenza – situazione riscontrabile nel caso di specie, essendo rimasto l’odierno ricorrente contumace in primo grado – la relativa eccezione non può formare oggetto di motivo di impugnazione, stante la preclusione processuale stabilita dalla norma citata.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 39 cod. proc. civ., censurando la decisione impugnata per non avere il giudicante dichiarato la continenza tra la presente causa e le cause già pendenti tra le medesime parti in cui si controverteva sulla titolarità in capo al convenuto del diritto di servitù di passaggio, rimettendone quindi la decisione al giudice di quest’ultime.

Il mezzo è inammissibile per ragioni analoghe a quelle indicate nell’esame del precedente motivo, atteso che la situazione di continenza tra cause – situazione invero che non risulta in alcun modo dimostrata dal ricorrente mediante indicazione specifica delle altre cause e del loro oggetto – deve essere eccepita e rappresentata dalla parte nel corso del giudizio di primo grado, non potendosi, in caso contrario, censurare in sede di impugnazione la decisione del primo giudice che l’abbia completamente ignorata.

Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4 in relazione all’art. 164, comma 4, stesso codice.

Censurando la sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità dell’atto di citazione in giudizio per indeterminatezza della domanda sotto il profilo della causa petendi, non avendo le attrici precisato in modo sufficiente le ragioni ed il titolo della loro pretesa.

Il motivo è inammissibile per estrema genericità.

L’argomento sollevato dal ricorrente in ordine alla indeterminatezza della domanda proposta dalle controparti si scontra infatti con l’accertamento sul punto operato dal giudice di merito, che ha identificato con chiarezza la pretesa avanzata dalle attrici nel diritto ai rimborso delle spese di manutenzione della stradella ed il suo titolo nel fatto che essa veniva ordinariamente utilizzata dal convenuto per transitare dal suo fondo. Questo accertamento della sentenza impugnata, che, risolvendosi nell’interpretazione della domanda proposta dalla parte in giudizio, costituisce apprezzamento di fatto, denunziabile per cassazione soltanto per vizio di motivazione (Cass. n. 24495 del 2006; Cass. n. 4754 del 2004), non risulta investita ad opera del ricorso da critiche o argomenti contrari specifici e ciò è sufficiente a rilevare l’inammissibilità della censura.

Il quinto motivo di ricorso denunzia “Motivazione omessa insufficiente o contraddittoria circa punti decisivi della controversia, violazione art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 e violazione degli artt. 7 e 21 c.p.c., art. 1173 c.c. e segg., artt. 2702-2709 e 2710 c.c., (e art. 634 c.p.c.) e artt. 1110 e 1134 c.c., sempre con riferimento all’artari. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″, censurando la sentenza impugnata per avere fondato la condanna del ricorrente su una asserita situazione di compossesso della stradella di passaggio, omettendo di motivare sulla natura, consistenza e fondamento del possesso, sulla prova del quantum e sul carattere o meno di urgenza dei lavori.

Il sesto motivo di ricorso denunzia ” Omessa pronuncia ed omesso esame su un punto decisivo ed imprescindibile della materia del contendere. Violazione art. 132 c.p.c., e 118 disp. att. c.p.c., artt. 115-116 in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5″ assumendo che il Giudice di pace ha errato in quanto “Non ha pronuncialo sul previo accertamento e non ha esaminato il punto decisivo del rapporto o posizione delle parti rispetto ai beni immobili coinvolti, non ha considerato il possesso nel contesto ambientale e/o territoriale in cui e per cui era ed è esercitato” limitandosi a considerare la “pura materialità dell’esercizio del passaggio senza ricercarne e quindi individuarne la natura, il titolo e senza qualificarlo giuridicamente”. I motivi, che possono trattarsi congiuntamente, sono inammissibili. Questa conclusione si impone in quanto la sentenza gravata, essendo stata emessa dal giudice di pace in una causa di valore non superiore a L. 2.000.000, secondo la versione dell’art. 113 c.p.c., comma 2, all’epoca in vigore, deve ritenersi pronunciata secondo equità, essendo questo l’unico metro di giudizio adottabile dal giudice in forza della disposizione di legge sopra indicata. In particolare, come questa Corte ha già rilevato (Cass. n. 26528 del 2006), in questo tipo di controversie le regole di equità devono ritenersi applicate indipendentemente dal fatto che il giudice di pace abbia invocato l’equità per la soluzione del caso singolo, oppure abbia risolto la controversia con richiamo a principi di diritto, atteso che anche in questo caso la lettura delle norme data dal giudice è compiuta in chiave equitativa. Ne discende che, in applicazione delle regole che disciplinano l’impugnabilità delle sentenze emesse secondo equità, la decisione impugnata – pur essendo, ratione temporis, direttamente ricorribile per cassazione, per non essere, nel caso di specie, applicabile la novella dell’art. 339 cod. proc. civ. introdotta dal D.L. n. 40 del 2006 – tuttavia è impugnabile soltanto per violazione della Costituzione, delle norme di diritto comunitario sopranazionale, della legge processuale e, giusta la sentenza n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, dei principi informatori della materia, restando per contro escluse le altre violazioni di legge ed il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (Cass. n. 6382 del 2007; Cass. n. 284 del 2007; Cass. n. 12147 del 2006). Più specificatamente, con riguardo all’obbligo di motivazione, va precisato che, secondo l’orientamento costante di questa Corte, nei confronti delle sentenze pronunciate secondo equità possono essere denunziati per cassazione soltanto i vizi che si risolvono in una totale mancanza ovvero mera apparenza della motivazione, non anche quelli che attengono alla mera sufficienza o congruità delle ragioni poste dal giudice a fondamento del proprio convincimento (Cass. n. 1880 del 2007; Cass. n. 6382 del 2007), nel cui ambito vanno invece qualificate le censure mosse dal ricorrente. Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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