Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11838 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/06/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 09/06/2016), n.11839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22033/2014 proposto da:

Z.E.G., N.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA SISTINA, 121, presso lo studio

dell’avvocato EKATERINI GRETA ZOGRAFAKI, rappresentati e difesi

dall’avvocato FABRIZIO FABIANI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 549/2012 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

15/11/2013, depositato il 10/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’08/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso alla Corte d’appello di Messina, Z.G. E. e N.A. chiedevano la condanna del Ministero della giustizia all’equa riparazione per irragionevole durata del giudizio, avente ad oggetto risoluzione contrattuale e risarcimento danni, da essi proposto dinanzi al Tribunale di Catania, con citazione notificata il 12 luglio 2006, concluso con sentenza depositata il 3 novembre 2011;

che la Corte d’appello, con decreto depositato il 10 febbraio 2014, accertava la durata eccessiva del giudizio presupposto per un periodo pari ad anni due, mesi tre e giorni diciotto, e riconosceva a favore di ciascuno dei ricorrenti l’importo di Euro 1.160,00, senza interessi in quanto non richiesti;

che per la cassazione del decreto i sigg. Z. e N. hanno proposto ricorso sulla base di due motivi;

che l’intimato Ministero resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con il primo motivo è dedotta violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6, par. 1, della Convenzione EDU, nonchè vizio di motivazione, e si contesta la quantificazione dell’indennizzo al di sotto della soglia minima, in assenza di ragioni giustificatrici e con erronea applicazione, dei principi contenuti nella L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, intradotto dalla novella del 2012, in quanto applicabile ai ricorsi depositati a decorrere dall’11 settembre 2012;

che la doglianza è infondata, in quanto la Corte d’appello ha fatto applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimità, che già prima delle modifiche alla disciplina dell’equa riparazione introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, riteneva possibile discostarsi dallo standard convenzionale di liquidazione, indicato in Euro 1.000,00 per i primi tre anni di ritardo, sulla base dell’apprezzamento delle circostanze del caso concreto e tra esse, in particolare, del rilievo personale e patrimoniale della controversia e dell’entità del ritardo, in modo che il risarcimento del danno non patrimoniale non risulti sproporzionato rispetto alla reale entità del pregiudizio sofferto (Cass., sez. 2, sentenza n. 12937 del 2012);

che in questa prospettiva, tenuto conto della obiettiva modestia della controversia oggetto del giudizio presupposto, confermata dalla narrativa del ricorso odierno, si deve ritenere sufficiente, sotto il profilo dell’onere motivazionale, il richiamo operato dalla Corte d’appello alla sentenza di questa Corte n. 16532 del 2009, per giustificare lo scostamento;

che con il secondo motivo è dedotto vizio di motivazione in riferimento al mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, tenuto conto che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, nel ricorso introduttivo erano stati chiesti sia gli interessi sia la rivalutazione, come da trascrizione della relativa domanda, in ossequio al principio di autosufficienza;

che la doglianza è fondata e va accolta limitatamente al riconoscimento degli interessi legali, con decorrenza dalla data della domanda di equa riparazione, mentre deve essere esclusa la rivalutazione monetaria, atteso il carattere indennitario dell’obbligazione avente ad oggetto l’equa riparazione (ex plurimis, Cass., sez. 1, sentenza n. 8712 del 2996);

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, alla cassazione del decreto impugnato segue la decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il riconoscimento degli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di indennizzo, decorrenti dalla domanda;

che rimane ferma la liquidazione delle spese di lite del giudizio di merito, mentre le spese del presente giudizio sono compensate in ragione della parziale soccombenza reciproca.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento in favore di Z. G.E. e di N.A. degli interessi legali sulla somma di Euro 1.160,00 ciascuno, con decorrenza 23 luglio 2012;

condanna il Ministero della giustizia al pagamento delle spese del giudizio di merito, liquidate in Euro 740,00, di cui Euro 40,00 per spese, oltre IVA e CPA; dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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