Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11837 del 09/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 09/06/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 09/06/2016), n.11837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22721/2014 proposto da:

G.S., S.A., T.F.,

I.P., elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZALE

DELLE BELLE ARTI N. 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

PELLICANO’, che le rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DEI LO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 698/13 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del

23/01/2014, depositato il 13/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Antonino Pellicanò difensore delle ricorrenti che

si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

Con decreto depositato il 13.2.2014 la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, che G. S., Ia.Ca., S.A., T. F. e I.P. avevano proposto contro il decreto della stessa Corte, che aveva respinto la loro domanda di equa riparazione. Giudizio presupposto, una causa avente ad oggetto la corresponsione dell’adeguamento ISTAT dell’indennità di disoccupazione agricola, protrattasi per 14 anni, 11 mesi e 15 gg., fino alla pronuncia definitiva emessa in sede di giudizio di rinvio.

La Corte territoriale osservava che il diritto vantato nel processo di riferimento era stato riconosciuto con sentenza che in parte qua era passata in giudicato nell’arco di appena tre anni. La causa, infatti, era proseguita nei gradi di giudizio ulteriori al primo solo per la liquidazione delle spese legali, peraltro distratte in favore del difensore antistatario e anch’esse di valore irrisorio.

Per la cassazione di tale sentenza G.S., Ia.

C., S.A., T.F. e I. P. propongono ricorso, affidato a due motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-ter, art. 2-bis, comma 2, lett. d) e art. 4, in connessione col difetto assoluto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Parte ricorrente deduce che la statuizione sulle spese costituisce elemento essenziale e imprescindibile di qualunque sentenza, per cui non può apprezzarsi separatamente ai fini della durata del processo presupposto, soggetto a valutazione complessiva e unitaria.

2. – Il secondo mezzo lamenta il vizio assoluto di motivazione e la manifesta contraddittorietà ed infondatezza della stessa, in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la distrazione delle spese legali non esonera la parte dall’onere di corrisponderle al proprio avvocato che non le abbia conseguite. Pertanto, l’impugnazione del capo relativo alle spese costituisce un rimedio necessitato, essendo decisivo il regolamento delle spese sull’esito complessivo del giudizio.

3. – I due motivi, da esaminare congiuntamente per la reciproca connessione, sono fondati.

La giurisprudenza di questa si è già espressa nel senso che in base al nuovo testo dell’art. 35 CEDU, quale risultante dalle modifiche apportate dal Protocollo addizionale n. 14, adottato il 13 maggio 2004, ratificato e reso esecutivo con L. n. 280 del 2005, ed entrato in vigore il 10 giugno 2010, la soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze, sicchè dall’ambito di tutela della L. 24 marzo 2001, n. 89, restano escluse sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sè non significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi (v. tra le tante, Cass. nn. 11936/15 e 633 del 2014).

Tuttavia, di recente questa Corte ha avuto anche modo di puntualizzare, in fattispecie affatto analoga a quella in esame, che nonostante l’esiguità della posta in gioco, l’esistenza di un pregiudizio apprezzabile nella vita del soggetto non può essere escluso nei casi in cui dalla valutazione concreta della situazione presupposta (causa previdenziale), effettuata anche alla stregua della situazione socio-economica dell’istante, emerga un effettivo interesse alla decisione (Cass. 21030/15); nel qual caso l’esigua entità della pretesa patrimoniale può unicamente incidere in sede di valutazione equitativa del pregiudizio concreto subito dal cittadino a causa del ritardo del servizio giustizia, legittimando lo scostamento, in senso peggiorativo, dai parametri indennitari fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass. n. 18725/14).

Il caso di specie è riconducibile a quest’ultima situazione, poichè il giudizio presupposto riguarda una controversia di natura assistenziale (adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola), per sua stessa natura non trascurabile nè tanto meno irrilevante nella vita di un soggetto operante in un settore economico (quello agricolo) caratterizzato da una sottoprotezione socio-economica. A ciò deve aggiungersi che il pregiudizio va considerato nella sua unitarietà, con la conseguenza che anche i profili inerenti alle spese “concorrono a delineare il risultato complessivo conseguito dalla parte all’esito del giudizio unitariamente considerato” (così, Cass. n. 24681/15).

Pertanto, erroneamente nella specie la Corte d’appello ha escluso la ricorrenza di un danno non patrimoniale indennizzabile in ragione della prosecuzione del giudizio di riferimento, dopo il primo grado, per le sole spese.

4. – Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, che procederà ad un rinnovato esame di merito, provvedendo anche sulle spese di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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