Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11836 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 29/03/2017, dep.12/05/2017),  n. 11836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14672-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 68, presso

lo studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 292/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 02/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RILEVATO

che il ricorso dell’Agenzia delle Entrate concerne la controversia relativa al preteso rimborso delle ritenute operate dal fondo previdenziale aziendale (OMISSIS), in precedenza denominato PIA, nel momento in cui aveva corrisposto ad M.E., a seguito di cessazione, il 30/11/1999, del rapporto di lavoro come dirigente dell’ENEL, la prestazione maturata in forma di rendita vitalizia, ai sensi dell’art. 26 dello Statuto, giacchè il sostituto d’imposta aveva operato, per gli anni 2000 e 2001, le ritenute fiscali alla stregua del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 e, dunque, applicando la medesima aliquota applicata al TFR;

che il Giudice di appello, per quanto qui interessa, nel confermare la decisione della CTP, appellata dall’Agenzia delle Entrate, soccombente in primo grado, rilevava che la questione era da intendersi ormai risolta, alla luce della sentenza n. 13642/2011 delle Sezioni Unite di questa Corte, cui pure il giudice di prime cure si era richiamato, e confermava l’accertata assoggettabilità a tassazione delle somme in questione con l’aliquota del 12,50%, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, e L. n. 482 del 1985, art. 6, da applicare alla liquidazione del “rendimento” e per gli importi maturati entro il 31/12/2000;

che l’intimato contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che l’Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, lett. a) e art. 42, comma 4, (secondo la numerazione del testo unico applicabile ratione temporis, oggi artt. 17 e 45), nonchè D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, giacchè la CTP non si è compiutamente uniformata alla regula iuris enunciata dalla Corte di cassazione avendo inteso la nozione di “rendimento” del fondo previdenziale integrativo come sostanzialmente slegata dall’accertamento del suo effettivo conseguimento mediante l’impiego sul mercato finanziario;

che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite in tema di fondi previdenziali integrativi, “le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, come nella specie; b) per gli importi maturati a decorrere dall’i gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al cit. D.P.R. n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 ” (Cass. S. U., n. 13642/2011);

che, inoltre, la Corte ha avuto modo di precisare che “per rendimento del capitale deve intendersi il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito sulla base di “una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta”, operando “l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%” (Cass. n. 29583/2011; n. 17682/2014; n. 1977/2015);

che, alla stregua di tale principio, a cui il Collegio intende dare continuità, e che vale sia nel caso in cui il dipendente opti per la corresponsione di un capitale che di una rendita previdenziale, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,50% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale (OMISSIS)/PIA da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, limitatamente agli importi maturati entro il 31/12/2000 che provengano dalla liquidazione del rendimento finanziario del capitale, per tale intendendosi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni Unite (ultima parte del penultimo periodo del paragrafo 6.1), il “rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato;

che, quindi, il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate è infondato avendo la sentenza gravata ha dato attuazione al corretto principio di diritto affermato con la sentenza delle Sezioni Unite sopra ricordata e meglio precisato nella successiva giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la ritenuta del 12,50% va applicata al rendimento della polizza derivante dalla capitalizzazione dei versamenti in oggetto, per come risultanti dai dati ricavabili dalla documentazione versata in atti dal contribuente;

che, in particolare, la CTR ha evidenziato come “i fondi furono comunque gestiti con criteri matematico attuariali con il principio della capitalizzazione”, come essi presentino sostanzialmente “una loro unitarietà”, come la “posizione previdenziale individuale e dei rendimenti generati nel periodo 1/01/1986-31/03/1998 nell’ambito della partecipazione alla PIA da parte dell’appellante” sia stata individuata dalla perizia di stima redatta dal Prof. O.G. in data 17/10/2015, di guisa che la pronuncia gravata non omette di accertare, sulla base delle norme contrattuali applicabili, la remunerazione del capitale qui considerata a prescindere “dalla circostanza dell’effettivo investimento dei contributi sul mercato finanziario”, soluzione che, nel solco della più volte menzionata pronuncia delle Ss.Uu., tiene conto dei differenti sistemi gestionali (di tipo assicurativo o di tipo finanziario) impiegati nel tempo per realizzare le plusvalenze destinate ad incrementare il patrimonio del fondo e soddisfa l’onere, gravante sul contribuente, il quale riveste la qualità di attore in senso sostanziale, della prova dei fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda di rimborso;

che, in conclusione, il ricorso va respinto con ogni conseguenza anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità;

che non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, essendo soccombente una amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.300,00, per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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