Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11834 del 09/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 09/06/2016, (ud. 18/11/2015, dep. 09/06/2016), n.11834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18669-2014 proposto da:

P.C., + ALTRI OMESSI

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DI VIGNA FABBRI 29, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCANTONIO BORELLO, che li rappresenta e difende

giuste procure speciali in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 157/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

16/12/2013, depositato il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Francescantonio Borello difensore dei ricorrenti

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A., + ALTRI OMESSI con ricorso avanti alla Corte di appello di Perugia chiedevano che fosse accertata e dichiarata la violazione da parte dello Stato Italiano dell’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali per l’irragionevole durato del processo dagli stessi promosso davanti al Tar del Lazio. I ricorrenti, tutti appartenenti alle Forze Armate Italiane con ricorso al Tar del Lazio del 29 settembre 1999, avevano chiesto l’accertamento del diritto ad ottenere la maggiorazione percentuale annua dell’indennità mensile di impiego operativo in aggiunta all’indennità operativa in godimento, a favore del personale impegnato a prestare servizio nelle condizioni di cui alla L. n. 78 del 1983, artt. 3, 4, 5, 6 e 7 per un periodo massimo di impego di venti anni come previsto dal D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5 comma 2. Il ricorso veniva depositato in Segreteria del Tar del Lazio i114 ottobre 1999 ed in pari data veniva chiesta la fissazione di udienza. Nelle more sono state presentate tre istanze di prelievo, segnatamente nelle date 2 luglio 2001, 31 gennaio 2007, 3 marzo 2009 e una nuova istanza di fissazione di udienza in data l’11 marzo 2011, essendo prevista dal D.Lgs. n. 104 del 2010. In vario modo, comunque, tutti i ricorrenti hanno mostrato un forte ed attuale interesse alla decisione del ricorso avanti al Tar del Lazio. Il giudizio si concludeva con sentenza n. 6246 del 2012 depositata in data 10 luglio 2010. Tra la data di notifica del ricorso di cui si dice e la sentenza conclusiva del giudizio sono trascorsi 11 anni.

Si costituiva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La Corte di Appello di Perugia con decreto n. 157 del 2014 accoglieva il ricorso e condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento della somma di Euro 1.600,00 ciascuno e compensava il 50% delle spese legali ponendo a carico dello stesso Ministero la restante somma. Secondo la Corte di Perugia, dalla documentazione acquisita e dagli assunti delle parti si evinceva che il primo grado aveva avuto una durata complessiva di circa undici anni dovendosi individuare l’inizio nel deposito dell’istanza di prelievo (2/7/2001) e la fine nel deposito della sentenza di primo grado (10 luglio 2012) seguita dal corrispondente decreto di perenzione. Nel caso in esame non risultavano ricorrere circostanze particolari per escludere il danno. La valutazione del danno tenuto conto che il ricorso con il quale si e iniziato il processo presupposto era stato in parte rigettato ed in parte dichiarato perento, con conseguente minor paterna d’animo l’indennizzo poteva essere determinato nella somma di Euro 200,00 per anno oltre la ragionevole durata.

La cassazione di questo decreto è stata chiesta dai ricorrenti meglio indicati in epigrafe con ricorso affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta ricorso incidentale, con atto notificato il 19 settembre 2014, successivamente depositava controricorso semplice notificato in data 30 ottobre 2014, In prossimità dell’udienza pubblica il ministero dell’Economia e delle Finanze e i ricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.

In via preliminare: a) va dichiarato inammissibile il controricorso notificato il 30 ottobre 2014 posto che in tema di giudizio di cassazione, l’art. 366 c.p.c. si applica anche al controricorso, sicchè esso deve essere proposto con un unico atto nel rispetto dei previsti requisiti di contenuto e forma, dovendosi ritenere inammissibile (a successiva notifica di un nuovo atto, a modifica od integrazione del primo, sia per quel che concerne l’indicazione dei motivi, ostandovi il principio della consumazione dell’impugnazione, sia se abbia lo scopo di colmare (a mancanza di taluno degli elementi prescritti per la valida impugnazione.

b) vanno dichiarati inammissibili il controricorso notificato in data 19 settembre 2014 ed il ricorso incidentale proposti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per mancanza dell’esposizione dei fatti di causa.

1. I ricorrenti meglio indicati in epigrafe lamentano:

a) con il primo motivo di ricorso, la violazione della L. n. 89 del 201, art. 9 con riferimento ai criteri di determinazione del quantum riconosciuto per ogni anno di ritardo; per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Violazione degli standard di valutazione fissati dalla Corte di cassazione e dalla Corte europea dei diritto dell’Uomo (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Secondo i ricorrenti la Corte di Perugia erroneamente e/o comunque senza adeguata motivazione, avrebbe determinato l’equo indennizzo nella misura di Euro 200,00 per ogni anno di ritardo senza tener conto dei parametri fissati dalla Corte di Strasburgo e recepiti dalla Corte di Cassazione. Nel caso in esame, per altro, come affermato dalla stessa Corte distrettuale e come è evidenziato dall’istanza di prelievo e dai diversi interventi di sollecitazione, l’atteggiamento di disinteresse dei ricorrenti per la decisione di merito non si era mai manifestato. Piuttosto la Corte perugina avrebbe disapplicato quelli che sono i criteri costantemente adottati dalla Suprema Corte di cassazione consistenti nell’attribuzione di Euro 750,000 per i primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ogni anno successivo.

b) 2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 introdotto dal D.L. n. 83 del 2012.

Secondo i ricorrenti la Corte di Perugia nella determinazione dell’indennizzo dovuto di cui si dice non avrebbe tenuto conto neppure del D.L. n. 83 del 2012 il quale ha stabilito (con l’art. 2 bis aggiunto alla L. n. 89 del 2001, art. 2) che il giudice liquida a tutela di equa riparazione una somma di denaro non inferiore ad Euro 500,00 e non superiore ad Euro 1.500,00 per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi che eccede il termine ragionevole di durata del processo.

1.1.= I motivi che per la loro stretta connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

La Corte d’appello, nel liquidare la somma di Euro 200,00 per anno di ritardo non ha tenuto conto che nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., 18 giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271;

Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), sulla base dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (decisioni Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010), si è ritenuto che, relativamente a giudizi amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, sia possibile liquidare un indennizzo pari a 500,00 Euro per anno di ritardo;

criterio, questo, che anche prima della entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, non applicabile ratione temporis nel caso di specie, deve ritenersi in sè non irragionevole e idoneo ad assicurare un adeguato indennizzo per la violazione alla ragionevole durata del processo. Pertanto, tenuto conto delle caratteristiche del giudizio amministrativo, deve quindi ritenersi che, per tale tipologia di giudizio, il criterio di 500,00 Euro per anno costituisca l’adeguato indennizzo per la violazione della ragionevole durata del processo e che da esso il giudice del merito possa discostarsi con adeguata motivazione, evidenziando le specificità del caso, con riguardo sia alla natura e alla rilevanza dell’oggetto del giudizio, sia al comportamento processuale delle parti.

2.= Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione del D.M. 20 luglio 2012, n. 140 riguardante la quantificazione dei compensi al difensore. Secondo i ricorrenti la liquidazione delle spese giudiziali effettuata dalla Corte di Appello di Perugia viola i parametri stabiliti dal D.M. n. 140 del 2012 vigente alla data del 16 dicembre 2013 allorquando il ricorso è stato deciso.

2.1.= Il motivo rimane assorbito dei motivi precedenti.

In definitiva, accolti i primi due motivi del ricorso e rigettato il terzo, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, il decreto impugnato va cassato e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con la liquidazione a titolo di equo indennizzo della somma di Euro 4.000 oltre interessi dalla domanda al soddisfo, per ciascun ricorrente, ferma la statuizione sulle spese contenuta nel decreto impugnato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascun ricorrente della somma di Euro 4000,00 per equo indennizzo oltre interessi dalla domanda al soddisfo, conferma il regolamento delle spese di primo grado come liquidate dalla Corte di Appello;

condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 700,00 per compensi, oltre accessori come per legge.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, sott. Seconda, della Corte di cassazione, il 18 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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