Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11832 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/05/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 06/05/2021), n.11832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19055-2019 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

BARACCO 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELA SOCCIO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, V. OVIDIO 20,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA RUGGIERO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCO BEER;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. R.G. 47/2018 della CORTE D’APPELLO di

CAMPOBASSO, depositata il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Avv. G.A. adiva la Corte d’appello di Campobasso per chiedere il la liquidazione del compenso professionale per l’attività svolta in favore di L.P. in relazione al giudizio di primo grado ed appello, lamentando di aver ricevuto il pagamento parziale delle proprie spettanze.

Il resistente eccepì la prescrizione presuntiva del credito per essere trascorsi oltre tre anni dall’atto di intimazione in mora.

La corte di merito dichiarò prescritto il diritto, applicando il principio secondo cui, una volta sollevata dal debitore l’eccezione di prescrizione presuntiva, il creditore deve dimostrare la mancata soddisfazione del proprio credito attraverso il giuramento decisorio oppure avvalendosi dell’ammissione fatta in giudizio dallo stesso debitore che l’obbligazione non era stata estinta.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.A. sulla base di un unico motivo.

L.P. ha resistito con controricorso.

Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2944 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il ricorrente censura l’affermazione dell’impugnata ordinanza secondo cui il pagamento, effettuato dal L. nel 2015, di una somma inferiore rispetto a quella attualmente richiesta dall’avvocato G. non avrebbe interrotto la prescrizione presuntiva, in quanto, essendo stato effettuato a titolo di saldo e non di acconto, non implicherebbe alcun riconoscimento della maggior pretesa dei professionista.

Per contro nel ricorso si argomenta che l’avvocato G. aveva affermato che il pagamento ricevuto nel 2015 era un mero acconto e il L. non aveva contestato detta deduzione; con la conseguenza che la corte distrettuale avrebbe dovuto considerare ammessa la circostanza che detto pagamento era solo parziale e, quindi, avrebbe dovuto ascrivere al medesimo efficacia di riconoscimento interruttivo della prescrizione.

Il motivo non è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la mancata contestazione dell’inadempimento del debito non costituisce ammissione indiretta o implicita della mancata estinzione dell’obbligazione, ostativa all’eccezione di prescrizione presuntiva, atteso che l’ammissione di cui all’art. 2959 c.c. non può risiedere nella non contestazione, non essendo ipotizzabile una sorta di prevalenza dei principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. sulla presunzione legale di pagamento sottesa all’istituto della prescrizione presuntiva (così Cassazione civile sez. II, 18/11/2019, n. 29875).

Mentre la “non contestazione” prevista dall’art. 115 c.p.c. prevede un contegno meramente passivo, l'”ammissione” di cui all’art. 2959 c.c., per quanto possa avere anche carattere indiretto od implicito, è pur sempre un contegno attivo.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile -2 della Corte di cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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