Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11830 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 29/03/2017, dep.12/05/2017),  n. 11830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20536-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.P., M.S., D.P.G.,

M.M., domiciliati in ROMA presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato FABIO PACE (avviso

postale ex art. 135);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 42/2013 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 27/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la controversia trae origine dall’impugnazione, da parte di M.A., del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla istanza di rimborso delle ritenute operate dal fondo previdenziale denominato (OMISSIS), in precedenza PIA, nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro come dirigente ENEL (dal 1/7/1989 al 31/12/2002), il fondo predetto aveva corrisposto al contribuente una somma di denaro, in luogo del trattamento di pensione integrativa;

che la somma corrisposta era frutto della trasformazione, avvenuta nel 1986, di un trattamento assicurativo in base a polizza attivata dall’azienda per i propri dirigenti, in un rapporto previdenziale, che al momento della cessazione del rapporto di lavoro prevedeva la corresponsione di una rendita previdenziale o, in caso di opzione del dipendente per questa alternativa (come avvenuto nel caso di specie), di un capitale; che, ad avviso del contribuente, la somma percepita era assoggettabile solo alla ritenuta del 12,50%, come i redditi di capitale, la cui base imponibile è determinabile secondo le disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, (nel testo vigente precedentemente alla riforma del 2004, ora art. 44);

che la CTP adita accoglieva il ricorso ed affermava la tassabilità della somma percepita, limitatamente alla parte relativa al rendimento di polizza, mediante la ritenuta del 12,50%;

che la decisione, appellata dall’Ufficio, veniva confermata dalla CTR, la quale riteneva corretto l’assoggettamento della erogata prestazione al più favorevole regime di tassazione, in quanto l’istituito fondo PIA, poi denominato (OMISSIS), non si poneva con finalità di integrazione del TFR, ma in soluzione di continuità con la Polizza assicurativa precedentemente stipulata dal contribuente, trovando la sua causa giuridica nel contratto di assicurazione, del tutto indipendente dal contratto di lavoro subordinato;

che gli eredi del M., lamentando la mancata erogazione del rimborso, quantificato in Euro 100.392,66, oltre accessori, stante l’inutile decorso del termine di trenta giorni previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 2, ricorrevano per l’ottemperanza del giudicato;

che l’adita CTR della Puglia, con sentenza n. 42/3/2013, pronunciata il 22/4/2013 e depositata il 27/5/2013, condannava l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore dei ricorrenti, della somma suindicata, oltre interessi legali, da corrispondere a ciascuno in proporzione della quota di eredità, rilevando la sufficienza della documentazione prodotta nel giudizio di primo grado, non oggetto di contestazione, e la illegittimità della pretesa dell’Amministrazione finanziaria di ottenere “una dettagliata elencazione degli investimenti finanziari effettuati negli anni dal Fondo PIA/(OMISSIS) con numerose specificazioni di tempi e modi dei vari investimenti, estremamente onerosa e impegnativa in rapporto al numero dei soggetti interessati e all’ampio arco temporale”;

che per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a cinque motivi, propone ricorso, cui resistono gli eredi del contribuente con controricorso e memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che l’Agenzia ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 e art. 62, comma 1, giacchè la CTR non ha considerato che la sentenza posta in esecuzione è priva dell’indicazione degli importi dovuti, non desumibili con una semplice operazione matematica, i quali avrebbero dovuto essere puntualmente dimostrati sulla base di documenti nuovi, da analizzare per distinguere la sorte capitale dal rendimento;

che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 62, per mera apparenza della motivazione della sentenza della CTR che muove dalla falsa premessa della non contestazione della certificazione dell’ENEL ed aderisce acriticamente ai conteggi di parte ricorrente, confondendo la nozione di rendimento, rilevante ai fini di causa, con la differenza matematica tra capitale percepito e contributi versati, maggiorati delle dotazioni iniziali del Fondo;

che con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 124 del 1993, art. 13, comma 9, D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, conv. nella L. n. 30 del 1997, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, 17 e 42, (vecchia numerazione), D.P.R. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per non avere la CTR tenuto conto dei criteri in base ai quali va individuato il rendimento di polizza, da considerare quale reddito di capitale assoggettabile a tassazione con l’aliquota del 12,50%;

che con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa dell’art. 2697 c.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per non avere la CTR considerato che spetta al contribuente dimostrare l’ammontare del rendimento di polizza per ottenere il rimborso della somma indebitamente versata dal sostituto d’imposta;

che con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, omessa motivazione su fatti decisivi e controversi, in quanto l’Ufficio aveva evidenziato la necessità di distinguere la posizione previdenziale presso la PIA e quella trasferita al (OMISSIS), a decorrere dal 1 aprile 1998, essendo il rendimento di polizza configurabile solo in relazione al periodo di svolgimento di quest’ultimo rapporto a capitalizzazione, caratterizzato dalla costituzione di una posizione individuale da incrementare nei risultati della gestione dei mercati;

che, in tema di giudizio di ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui ” il potere del giudice sul comando definitivo inevaso va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato (cosiddetto “carattere chiuso” del giudizio di ottemperanza), sicchè può essere enucleato e precisato il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendosene il reale significato e rendendolo quindi effettivo, ma non può attribuirsi un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire, nè può essere negato il diritto riconosciuto dal “dictum” azionato” (Cass. n. 8830/2014);

che la CTR, quale giudice dell’ottemperanza, ha dato attuazione alla sentenza con la quale, in via definitiva, è stato riconosciuto all’ex dirigente dell’ENEL il diritto al rimborso della maggiore IRPEF versata dal sostituto d’imposta sul trattamento liquidato dal Fondo, ponendo a base della decisione quattro documenti (comunicazione (OMISSIS), certificazione in data 13/4/2007 di ENEL, certificazione integrativa in data 3/5/2007 di ENEL, prospetto di calcolo del ricorrente), riguardo alla cui valenza probatoria ha osservato che, prodotti nel giudizio di primo e secondo grado, non sono “mai stati oggetto di alcuna specifica contestazione”, e che da essi si evince “in maniera chiara il tipo di investimenti finanziari (obbligazionario) effettuato dal Fondo”, tanto che il risultato contabile considerato, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio, “è espressamente quantificato e qualificato come rendimenti conseguiti nel periodo”;

che, quanto al primo profilo di doglianza, va disattesa la deduzione secondo cui la sentenza da eseguire sia priva di specifiche prescrizioni, in quanto il dictum azionato è ben individuato nella pronuncia di primo grado, confermata da quella d’appello, laddove si “dichiara applicabile la tassazione con l’aliquota del 12,50% limitatamente alla parte relativa al rendimento di polizza”, nel solco della giurisprudenza di questa Corte, del tutto univoca dopo la sentenza n. 13642/2011 delle Sezioni Unite, appartenendo la quantificazione del rimborso alla fase propria dell’ottemperanza;

che, quanto al secondo profilo di doglianza, il motivo va disatteso perchè formulato in maniera non autosufficiente, non avendo l’Agenzia ricorrente riportato quelle parti dell’atto di appello in cui si contesta specificamente la valenza probatoria dei documenti, posto che la valutazione delle prove è prerogativa del giudice di merito e la sentenza impugnata, in motivazione, non lesina argomenti al riguardo, sicchè se può dirsi legittimo il dissenso circa gli esiti della valutazione operata dal giudicante, non può chiedersi alla Corte il riesame degli atti di causa, operazione inammissibile in sede di legittimità;

che, quanto gli ulteriori profili di doglianza, è appena il caso di ricordare che per gli importi maturati precedentemente al 1 gennaio 2001, il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse poichè occorre distinguere tra il capitale, costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, e il rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, potendo essere tassate in modo analogo al TFR (tassazione separata) esclusivamente le somme liquidate a titolo di sorte capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza si deve applicare la tassazione nella misura del 12,50%, ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6;

che i motivi di doglianza vanno disattesi proprio perchè il Giudice dell’ottemperanza si è attenuto al principio di diritto ed ha precisato, quanto alla tipologia degli impieghi sul mercato delle somme accantonate, il cui rendimento giustifica l’affermata tassazione del 12,50%, che la documentazione esaminata attesta “in maniera chiara” la natura obbligazionaria degli investimenti finanziari effettuati dal Fondo, affermazione in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, sullo specifico punto, richiama “a titolo esemplificativo” il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, commi 1 bis, 1 ter e 2 (Cass. n. 22950/2013; n. 17682/2014; n. 1977/2015; n. 5614/2015);

che, inoltre, il vizio motivazionale denunciato dalla ricorrente, da scrutinare in base al testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risultante dalle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poichè la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva al settembre 2012, non considera affatto che la CTR ha tenuto distinta, “all’interno della prestazione previdenziale complessivamente percepita” dall’ex dirigente dell’ENEL (iscritto a forme pensionistiche complementari già alla data del 28 aprile 1993), la vicenda normativa segnata dal D.Lgs. n. 124 del 1993, il quale opera nella materia de qua come uno spartiacque regolativo, non essendo più consentito, a decorrere dal 1 gennaio 2001, distinguere tra capitale e rendimento, per cui le polizze, da tale data, sono assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a);

che, in conclusione, il ricorso va respinto con ogni conseguenza anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità;

che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, essendo soccombente una amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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