Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1183 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 22/01/2010), n.1183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 21286 R.G. 2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, nelle

persone, rispettivamente, del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliataria in Roma, alla via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

B.M.C., rappresentata e difesa, con procura in

calce al controricorso, dagli avvocati FORLANI Giovanni ed Antonella

TERRANOVA, con i quali elettivamente domicilia in Roma, alla Via

Bertoloni 14, presso lo studio legale De Berti Jacchia Franchini

Forlani;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia in data 14 dicembre 2004, depositata col n.

72/24/04 il 26 aprile 2005.

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che:

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono, con unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha respinto il gravame dell’Agenzia delle entrate, Ufficio di Milano (OMISSIS), avverso la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva accolto il ricorso della contribuente B.M.C. – esercente attività di avvocato – contro il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998-2002.

Denunciando “violazione e falsa applicazione di norme di diritto e in particolare del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, dell’art. 115 c.p.c., e dei principi generali in materia di onere probatorio”, i ricorrenti censurano la decisione col dedurre, in premessa, che “la CTR ha in primo luogo reso una motivazione assolutamente apodittica, che non può nemmeno valere quale motivazione per relationem in ordine alla sentenza di primo grado, giacchè non prende in minima considerazione, sia pure per confutarle, le articolate e specifiche censure proposte dall’Ufficio con l’atto di gravame”.

Resiste la contribuente con controricorso e memoria.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha chiesto accogliersi il ricorso per manifesta fondatezza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che:

E’ inammissibile il ricorso del Ministero, che non era parte nel giudizio di appello (Cass., Sez. Un., 3116/2006). Alla relativa declaratoria può seguire la compensazione delle spese, non essendone risultata aggravata l’attività difensiva della controricorrente.

Il ricorso dell’Agenzia delle entrate è, per contro, manifestamente fondato.

La sentenza, dopo aver ricordato, sotto il paragrafo oggetto della domanda che la decisione impugnata “aveva accolto il ricorso dell’avv. B.M.C., via S. Galdino 8 – Milano -, relativo ad IRAP anni 1998, 1999, (2000, 2001 e 2002”, ed aver limitato il contenuto del paragrafo sullo svolgimento del processo alle proposizioni “la controversia è trattata in pubblica udienza, tempestivamente e ritualmente richiesta, e decisa in Camera di consiglio”, senza avere neppure accennato alle censure formulate ed alle difese contrapposte, ha compendiato come segue i motivi della decisione: “L’appello dell’Ufficio deve essere rigettato. Invero è da condividere la decisione del giudice di prime cure che – alla stregua di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza 10.5.2001, n. 156 – ha accertato nel caso in esame l’assenza di elementi di organizzazione di capitali e lavoro altrui e quindi mancante il presupposto dell’imposta IRAP D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 2, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa”.

Tale icastica conclusione non risulta in alcun modo rapportata alle censure mosse dall’appellante, così da non rivelare le ragioni della adesione alla sentenza impugnata, lasciando, addirittura, intendere la sostanziale inutilità dell’appello. Le argomentazioni, assolutamente inidonee a rivelare una qualche ratio decidendi, si esauriscono in una motivazione meramente apparente.

Si impone quindi la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della medesima Commissione tributaria, per il nuovo necessario esame del gravame; il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese della presente fase.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle finanze e compensa interamente le spese della presente fase.

Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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