Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1183 del 18/01/2018
Civile Sent. Sez. 1 Num. 1183 Anno 2018
Presidente: BISOGNI GIACINTO
Relatore: ACIERNO MARIA
SENTENZA
sul ricorso 3103/2015 proposto da:
Ministero
dell’Interno,
in
persona
del
Ministro
pro
tempore,
domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
-ricorrente contro
•
Marinkovic Silvana;
– intimata –
Corte di Casazione – copia non ufficiale
Data pubblicazione: 18/01/2018
avverso la sentenza n. 6710/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 31/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI
FRANCESCA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 6040/2013 il Tribunale di Roma ha riconosciuto lo
status di apolide a Silvana Marinkovic, nata a Roma il 16.03.1983 da
cittadina jugoslava (non essendo stata riconosciuta dal padre).
Investita dell’impugnazione proposta dal Ministero dell’Interno, la
Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 6710/2014, ha rigettato il
gravame.
A sostegno della decisione la Corte territoriale ha affermato che il
riconoscimento
l’accertamento
dello
del
status
mancato
di
apolide
possesso
della
postula
unicamente
cittadinanza
che
il
richiedente potrebbe in concreto possedere, e non dell’ulteriore
requisito costituito dall’impossibilità di ottenere la cittadinanza estera.
Nella specie risulta dalla documentazione allegata che la Marinkovic
non possiede né la cittadinanza italiana né la cittadinanza dello Stato
con cui ella presenta il collegamento più stretto, cioè la Serbia.
Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione il Ministero
dell’Interno sulla base di due motivi. Non svolge difese l’intimata
Silvana Marinkovic.
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Corte di Casazione – copia non ufficiale
27/10/2017 dal cons. ACIERNO MARIA;
In esito all’adunanza camerale del 09/12/2016, tenutasi presso la
Sesta sezione civile, la trattazione del presente ricorso è stata
rimessa, con ordinanza interlocutoria n. 4727/2017, alla pubblica
udienza della Prima sezione civile.
Con il primo motivo viene contestata la violazione, ex art. 360, n. 3,
c.p.c., dell’art.l, comma l, della Convenzione di New York del
28/09/1954, come resa esecutiva in Italia con legge n. 306/1962, la
cui corretta interpretazione impone di considerare apolide il soggetto
che, oltre a non essere cittadino di alcuno Stato, non possa nemmeno
acquistare in concreto la cittadinanza di quegli Stati con cui abbia un
collegamento effettivo alla luce dei relativi ordinamenti giuridici. Nella
specie, la Corte d’appello ha riconosciuto alla Marinkovic lo
status di
apolide soltanto sulla base della mancata iscrizione della medesima
nei registri della Repubblica di Serbia, e senza alcuna concreta
dimostrazione circa l’impossibilità di acquistare la cittadinanza in
relazione alla normativa serba.
Con il secondo motivo viene contestata la violazione, ex art. 360, n.
3, c.p.c., della legge della Repubblica di Serbia n. 134/04 del
21/12/2004, che prevede, all’art. 28, la possibilità di acquisto della
cittadinanza in forza di una dichiarazione scritta presentata da
soggetto maggiore di diciotto anni, abile al lavoro e di nazionalità
serba o di altra nazionalità.
In prossimità della pubblica udienza parte ricorrente ha depositato
memoria ex art. 378 c.p.c., di cui, tuttavia, non può tenersi conto in
quanto tardiva.
Il primo motivo è fondato nei sensi di cui in motivazione.
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Corte di Casazione – copia non ufficiale
RAGIONI DELLA DECISIONE
La valutazione espressa dalla Corte d’appello non è corretta, avendo
considerato sufficiente, ai fini del riconoscimento dello status di
apolide, il mancato possesso della cittadinanza della Repubblica di
Serbia da parte dell’odierna intimata.
Invero, questa Corte ha di
aventi ad oggetto l’accertamento dello status di apolide il richiedente
è tenuto ad allegare specificamente di non possedere la cittadinanza
dello Stato o degli Stati con cui intrattenga o abbia intrattenuto
legami significativi, e di non essere nelle condizioni giuridiche e/o
fattuali di attenerne il riconoscimento alla luce dei sistemi normativi
applicabili» (Cass. n. 28153 del 24/11/2017).
La condizione di soggetto che “nessuno Stato considera come suo
cittadino
nell’applicazione
della
sua
legislazione”,
come
fatto
costitutivo del diritto al riconoscimento dello status di apolide (art. l,
comma primo, della Convenzione di New York del 28/09/1954 sullo
status degli apolidi, resa esecutiva in Italia con L. 306/1962),
comprende
tanto
l’accertamento
del
mancato
possesso
della
cittadinanza dello Stato o degli Stati con cui il soggetto intrattenga o
abbia
intrattenuto
rapporti
significativi,
quanto
l’accertamento,
intimamente connesso al primo, circa l’assenza delle condizioni
giuridiche e/o fattuali che permettano al soggetto medesimo di
acquisire – attraverso un’istanza, una dichiarazione di volontà o simili
formalità
di carattere amministrativo –
la
cittadinanza di quel
determinato Stato. Lo stesso concetto di “rapporti significativi”, che
vale ad escludere che il campo d’indagine sia esteso a tutti gli Stati
del mondo, si riferisce a quei rapporti produttivi dell’effetto di
acquisizione automatica, oppure a domanda, dello status civitatis, ad
esempio in ragione della nascita o della residenza sul territorio,
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Corte di Casazione – copia non ufficiale
recente statuito, in una fattispecie del tutto analoga, che «nei giudizi
oppure della discendenza da cittadini di quello Stato (che è il caso di
specie, essendo la Marinkovic nata da cittadina dell’ex-Iugoslavia).
In tali giudizi, come statuito già dalle Sezioni Unite di questa Corte
con la pronuncia n. 28873 del 2008 (e successivamente da Cass. n.
sulla cittadinanza degli Stati rilevanti, al fine di verificare a livello
normativa
quali
siano
le
condizioni
cui
quegli
ordinamenti
subordinano l’acquisizione dello status civitatis, eventualmente con il
supporto delle informazioni richieste dal giudice alle competenti
autorità amministrative, diplomatiche o consolari dello Stato italiano o
dello Stato straniero. Tuttavia, il dovere di cooperazione istruttoria
officiosa del giudice del merito (affermato in primo luogo da Cass. n.
4262 del 03/03/2015 e ribadito da Cass. 28153 del 24/11/2017 che
tratta di fattispecie del tutto sovrapponibile a quella dedotta nel
presente giudizio) non esclude che incomba sul richiedente l’onere di
allegazione specifica non solo della condizione di “non-cittadino” dello
Stato
o degli
Stati
di
prossimità,
ma
anche
dell’assenza
dei
presupposti normativi ejo fattuali che consentano al medesimo il
riconoscimento dello status civitatis da parte di quei medesimi Stati,
dovendo egli indicare tutti i fatti costitutivi del diritto invocato. Il
principio dell’attenuazione dell’onere della prova e il correlativo
obbligo di cooperazione istruttoria officiosa, infatti, operano soltanto
«al fine di colmare lacune probatorie derivanti dalla necessità di
conoscere specificatamente i sistemi normativi e procedimentali
riguardanti la cittadinanza degli Stati di riferimento e di assumere
informazioni o svolgere approfondimenti istruttori presso le autorità
competenti» (Cass. 28153 del 24/11/2017).
Sotto altro profilo, deve rilevarsi che la documentazione da cui risulti
il mancato possesso di una determinata cittadinanza non è, di per sé
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Corte di Casazione – copia non ufficiale
15679 del 21/06/2013), non può prescindersi dall’analisi delle leggi
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sola, sufficiente a provare lo status di apolidia (Cass. 15679 del
21/06/2013),
dovendo
il
giudizio
in
questione
essere
sempre
condotto, come poc’anzi detto, alla luce dell’effettiva possibilità, sul
piano normativa e fattuale, del richiedente di acquisire la cittadinanza
sostanzialmente sottratta, e, disattendendo i principi che in tale
materia regolano l’onere dell’allegazione e della prova, ha fondato la
propria decisione esclusivamente sulla documentazione attestante
•
che la Marinkovic non è cittadina della Repubblica di Serbia .
In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto per
quanto di ragione, con assorbimento del secondo; la sentenza
impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di
Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto
innanzi richiamati e provvederà anche alle spese del presente giudizio
di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo per quanto di ragione e dichiara
assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata con rinvio alla
Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese
del giudizio di legittimità.
Così è deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 ottobre 2017 .
•
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Corte di Casazione – copia non ufficiale
del Paese di riferimento. A tale accertamento la Corte d’appello si è